Sabato 21 aprile 1973 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Milan 2-1
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1770. Campionato di Serie A 1972/73 - XXVI giornata - inizio ore 15,00
LAZIO: Pulici F., Polentes, Martini L., Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi (67' Moschino), Chinaglia, Frustalupi, Manservisi. (12 Moriggi). All. Maestrelli.
MILAN: Belli (36' Vecchi), Anquilletti, Zignoli, Dolci, Schnellinger, Rosato, Sogliano (55' Turone), Biasiolo, Bigon, Rivera, Chiarugi. All. Maldini; DT Rocco.
Arbitro: sig. C.Lo Bello di Siracusa. Guardalinee: sig.ri Pietro Nicolosi di Acireale ed Elio Gervasi di Siracusa.
Marcatori: 5' Schnellinger (aut), 35' Chinaglia, 56' Rivera.
Note: cielo coperto con pioggia nel primo tempo, terreno viscido. Espulso Rocco per proteste. Ammoniti: Rivera e Biasiolo per proteste, Oddi e Manservisi per scorrettezze. Al 22' partita sospesa per due minuti per un infortunio al guardalinee Di Gaetano (distorsione alla caviglia destra) che dopo le cure riprendeva il suo posto. Infortunio a Belli: sublussazione del mignolo sinistro; Re Cecconi stiramento all'inguine sinistro; Polentes e Frustalupi stiramento alla coscia destra, Sogliano stiramento. Presenti in tribuna d'onore il ministro On. Ferrari Aggradi, il ct Ferruccio Valcareggi, la squadra del Bologna e numerosi presidenti di serie A e B. La gara è stata trasmessa in sintesi dalla Rai che ha pagato 10 milioni di lire alla Lazio.
Spettatori: 88.000 (paganti 57.028) Incasso di £. 253.000.000 nuovo record assoluto italiano.
La settimana, che precede la partita, anticipata, come tutto il calendario, per la coincidente Domenica di Pasqua, è forse la più importante di tutti i 73 anni di storia biancoceleste. Per tutta la settimana la caccia al biglietto è spasmodica con lunghe code ai botteghini per prenderli e affari d'oro per i bagarini che rivendono una curva a £.5.000 e una tribuna addirittura a £.15.000. Già il martedì si registra il tutto esaurito col nuovo record d'incasso. C'è da battere il Milan per sognare e anche per il record di vittorie consecutive che sarebbe un fiore all'occhiello su una stagione stupenda. Le squadre entrano in campo sotto una forte pioggia, ma sugli spalti nessuno sembra farci caso, tanta è l'adrenalina fra i tifosi. Mai visti tanti fotografi a bordo campo, segno dell'importanza della gara. Maestrelli ha parlato chiaro alla squadra: Ormai non ci si può più nascondere, è l'ultima occasione per agganciare il treno scudetto. La Lazio si schiera in formazione tipo ed inizia ad attaccare come un'ossessa, memore delle parole del suo allenatore. Chinaglia è una furia, Dolci non sa come prenderlo. Al 5' minuto Long John entra in area, semina il numero 4 milanista e tira secco, la palla colpisce Schnellinger che la devia e Belli non ci arriva. Lazio 1 Milan 0 fra il boato del pubblico che non ci può credere. Lo stadio è una bolgia, le ambulanze portano via due tifosi colti da infarto, molti gli svenimenti sugli spalti. Ma non è finita. I biancazzurri dominano giocando da incanto sotto l'acqua, al 35' Lo Bello fischia una punizione dal limite. Chinaglia si assesta il pallone con le mani, prende la rincorsa e tira, Belli si avventa sul pallone, ma la mano si piega, e la palla s'insacca. Chinaglia urla come un indemoniato, tutti i giocatori vanno incontro alla panchina, e si abbracciano. Maestrelli cade quasi a terra per la gioia, gli ombrelli cadono dagli spalti, a nessuno importa nulla di bagnarsi, tanta è l'euforia. Intanto nel pandemonio scaturito dal gol, nessuno si accorge che Belli si è accasciato a terra dolorante. Entra la barella e per il portiere rossonero, la gara finisce al San Giacomo, con la frattura di un dito della mano causata dal tiro di Chinaglia e dal pallone zuppo d'acqua ! Il Milan è incenerito, incapace di trovare un gioco, Rivera è annullato da Manservisi messo a sorpresa di guardia. Finisce il primo tempo e smette anche di piovere, il cielo si fa di un azzurro incredibile ed esce il sole. Rocco cerca di spronare la squadra, Maestrelli invita alla calma. Rivera ha le caviglie sanguinanti, i difensori biancazzurri non hanno usato il guanto di velluto, ma la clava. Se ne lamenta con l'arbitro che lo invita cordialmente a stare zitto e giocare senza tante lamentele. La ripresa inizia con la Lazio che controlla il gioco, ma al 55', un grossolano errore di Chinaglia, che perde la palla nella propria metà campo, ad opera di Bigon genera la rete, molto bella, di Rivera che riapre la partita. I compagni s'arrabbiano con Long John che si mette le mani tra i capelli. Il Milan è rigenerato e comincia ad attaccare sempre di più, Maestrelli sostituisce il claudicante Re Cecconi con Moschino. In precedenza Rocco aveva mandato in campo Turone al posto di Sogliano. La Lazio resiste grazie ad una difesa magistralmente condotta da Wilson e da un Pulici sempre attento. Sembra quasi finita, quando all'89' un cross di Zignoli, viene deviato di testa da Bigon per Chiarugi, che di corsa mette in rete. Il Milan esulta, ma Lo Bello dice subito di no, per lui Chiarugi è partito in fuorigioco, come in effetti aveva sbandierato il guardalinee. Rocco viene espulso per proteste, i giocatori del Milan sono infuriati, mentre i biancazzurri tirano un sospiro di sollievo. La partita finisce fra l'ovazione dello stadio, negli spogliatoi Rivera accusa Lo Bello e lo apostrofa con parole poco cortesi. Verrà squalificato per 4 giornate ridotte poi a due. Il presidente del Milan Buticchi dà fuori di matto. La rete di Chiarugi diventerà un caso nazionale. Ed intanto la Lazio centra l'ottava vittoria consecutiva, ma soprattutto aggancia il Milan al 1° posto a 39 punti con 2 punti di vantaggio sulla Juventus. Mai Pasqua fu così dolce. A quattro gare dalla fine ora tutto può succedere.
Scrive La Stampa:
Lo scudetto sta in due punti, quelli che Bettega ha conquistato a Torino contro il Vicenza, quelli che Chinaglia ha donato alla Lazio come incredibile uovo di Pasqua. Tra pioggia e neve, nuvole e infine un sole da scampanìi primaverili, i biancoazzurri hanno «messo sotto» il Milan in una partita da cardiopalmo. Volevano giocare tutti: e sono finiti incerottati o costretti a dare il cambio, da Frustalupi a Re Cecconi. Volevano polemicamente questa vittoria, nell'uno e nell'altro «clan». Ed ecco che Lo Bello spedisce fuori campo nientemeno che Nereo Rocco, reo di parolacce con Chiarugi ad un guardalinee. Ed uno stesso guardalinee, il signor Di Gaetano, s'è «strappato» durante il primo tempo ed ha terminato l'incontro cori abbondanti dosi di novocaina in una gamba. Insomma: era Pasqua, ma anche truce luna-park, anche grand-guignol all'Olimpico, come pretende il football quando arriva a certi livelli aggressivi e misteriosi. Roma s'era addobbata a festa per la partita: basti dire che nei negozi di abbigliamento si vedevano combinazioni di camicie e magliette e pantaloni e golf tutti intonati al bianco ed all'azzurro. La vittoria era nell'aria, ancorché fredda e stonata rispetto alla stagione. Poi il Giorgione ha messo la sua poderosa zampa per legittimare il risultato, e la gran ripresa di Rivera non ha portato il Milan al di là di una sola conclusione positiva. Ora i meneghini recrimineranno sul secondo gol del renitente Chiarugi, colto in fuorigioco, e diranno che nel secondo tempo sono riusciti a dominare una Lazio timorosa di vincere, di cedere sul piano dei nervi. Tutto vero: ma Lo Bello ha fischiato in tempo sulla posizione di «cavallo matto» al momento del tiro ed il gran lavoro riveriano durante la seconda parte dell'incontro ha fatto vedere solo una certa «cottura» dei laziali, mai un'autentica supremazia rossonera. «Senti clic odor di sorpasso», potrebbe essere la canzone appena inventata all'Olimpico. Anche se il Milan ha dato molto negli ultimi quarantacinque minuti, anche se Rivera s'è fatto vedere davvero «super»: ha difeso in barriera, ha servito le rimesse, ha segnato un gol, ha dettato azioni, benché fosse controllato da un mastino come Manservisi (ottima la mossa di Maestrelli nello spostare l'ala sul capitano milanista). Ma è questa Lazio che conta, che va avanti, che vale e rivela, agganciando il Milan, come le sue avventure durante l'anno non siano mai casuali.
Parte, la squadra romana, dimostrando grinta durissima (due falli in pochi secondi, tanto come biglietto da visita, su Rivera e Biasiolo). Al 4' è già in gol. Batte una punizione Frustalupi, il tocco a Wilson viene corretto dal magnifico «libero» biancoazzurro per Garlaschelli, che appoggia su Chinaglia: diagonale prontissimo che l'affannato Schnellinger devia spiazzando il portiere. Autorete classica, ma dimostrazione di come il Milan non sappia difendersi secondo schemi manovrati e con la calma necessaria. Uno a zero e l'Olimpico quasi non ci crede, tra tanta pioggia e tanta manna. Sul campo scivoloso comincia una serie di ruzzoloni e di schemi utili, ma solo di marca laziale. Si sgancia benissimo Wilson al 9', al 10' Chinaglia dimostra di godere d'ampia libertà in progressione, facendo secco il suo marcatore Dolci. Il ritmo risulta eccessivo per Rivera che cerca la manovra sapiente ed è «chiuso» da un implacabile, cinico Manservisi. Al 12' lo stesso Manservisi serve Chinaglia, che finta lasciando a Martini, il tiro è parato. Si ripete la Lazio con Nanni al 13', e Belli abbranca il pallone. Al 21' sembra davvero inevitabile il secondo gol romano, che i biancazzurri propiziano a furia di gioco: su punizione di Frustalupi, Belli smanaccia con orgasmo una palla che ricade tra i piedi di Chinaglione appostato. Gran destro che gonfia la rete esterna. E qui si «strappa» il guardalinee, accartocciandosi forse per mimare Chiarugi, abile nei ruzzoloni e nei defilamenti dettati dalla paura. Il Milan cerca di farsi sotto e darsi un tono, ma il suddetto Chiarugi e Bigon si guardano bene dal rischiare il piedino, mentre Rivera sgobba per sei e i Sogliano e gli Zignoli debbono avventarsi nella zona delle «punte» solo per coprire i vuoti lasciati dai coraggiosissimi attaccanti rossoneri. Continua Manservisi nel suo lavoro «al corpo» di Rivera, e la Lazio si fa vedere assai bella e funzionale quando, dalla fisarmonica della propria area, si distende con triangoli perentori e azzeccati. A questo punto il Milan conta a suo favore un paio di scontati tiri da fuori e veramente risulta sfatto, penoso. Al 31' Wilson interrompe con eleganza un'azione rossonera, offre a Re Cecconi, questi a Garlaschelli che imbecca Chinaglia: il destro di Giorgione sfiora il palo: in una frazione di secondo ecco dimostrata la «linea» della Lazio, che tra un'area e l'altra manovra con automatismi carichi di efficacia. La prova del nove ? Il secondo gol laziale, ottenuto dopo una manovra che Zignoli interrompe con la mano. Batte la punizione Frustalupi toccando a Chinaglia: gran destro che piega le mani di un ingenuo Belli, il quale oppone non i pugni al pallone, bensì le palme. E sì che glielo avevamo detto e scritto: durante l'allenamento Chinaglia aveva frantumato a furia di tiri una panchina! Becca il gol ed esce dolorante, il portiere milanista. E' il 34', lo sostituisce Vecchi. Una rovesciata di Sogliano in area laziale, al 40', impegna Pulici, e il tempo si chiude con un ultimo, ottimo triangolo laziale che Vecchi devia in corner (su Garlaschelli). Ripresa, e qui la Lazio denuncia di aver speso molto, di temere la vittoria anche perché, nei conciliaboli dello spogliatoio, almeno quattro uomini hanno messo in mostra muscoli e ossa variamente abbottati: da Wilson a Re Cecconi, da Polentes a Frustalupi. Rientrano tutti, ma si vede subito che Re Cecconi zoppica, che il «respiro» della squadra è cambiato. Il Milan s'avventa con manovre anche giudiziose, impostate da un Rivera pieno di orgoglio (e che ha stroncato sul «passo» Manservisi, ma si!). Spara alto Rosato al 3', poi i rossoneri assumono la fatica di un forcing che è anche una grave incognita, visti i pasticci e le ritrosie di giocatori-miss come Chiarugi. Esce Sogliano zoppicante ed entra Turone (54’), e Rivera va in gol: triangolazione con Bigon che restituisce il passaggio, Giannino non si fa pregare e imbrocca un perfetto diagonale da destra a sinistra. Due a uno. Ce la farà, il Milan? Il gioco è nelle sue mani, la Lazio ha mollato il centrocampo per arroccarsi al limite dell'area, vive su sporadici contropiedi che turbano alquanto Schnellinger, ma risultano tuttavia casuali. Rivera seguita a lavorare, a spingere (avendo superato lo «choc» di un'ammonizione inflittagli dall'onorevole arbitrante), la Lazio cede terreno e spazi, ha un Re Cecconi che si torce e non può correre e per ciò sostituito da Moschino: è il (66'). Poi, via via, anziché acquistare autorità e il conseguente risultato, il Milan si affloscia, perde tempo prezioso; il contropiede laziale recupera terreno e propulsione. Prevale il nervosismo. Il Milan non crede di poter perdere, i romani non credono di poter vincere. La posizione è di «stallo» psicologico, ma intanto i minuti volano a tutto vantaggio dell'acciaccatissima Lazio. I rimpalli fanno incattivire singoli giocatori, l'angoscia dilaga, benché Rivera da una parte e Moschino dall'altra cerchino di impostare azioni limpide. Si arriva al 42': da sinistra Zignoli traversa per Chiarugi. Diciamo meglio così: per quella rissa di uomini che si azzuffano in area laziale. «Cavallo matto» si piega e fa gol, ma Lo Bello ha già fischiato per un fuorigioco che il segnalinee (l'altro, non quello zoppo) è stato pronto a segnalare. Risse parolacce, ormai, con Chiarugi che va verso Rocco e si batte smaniosamente la fronte. Non indica la pazzia propria ma quella altrui. Rocco gli crede, si alza, pesta il piede. Impreca, il che è normale. Richiamato dal suo aiutante (quello zoppo, stavolta, vicino alla panchina milanista) l'onorevole si avvicina, con rapido gesto della mano licenzia il «paron». E' il 43', finisce ormai in nulla, col ritornato sole e con i laziali che per differenziarsi dai rivali giallorossi si guardano bene dall'inscenare cagnare di alcun genere. E' Pasqua, ma non per il «clan» rossonero. Nereo Rocco era andato ad Assisi, in questi giorni — così ci dicono — ma che poteva donargli San Francesco, che dopotutto non è nato a Padova? Impreca al di là del lecito Buticchi negli spogliatoi, il Milan sente la paura di un ennesimo sorpasso. Non ha fatto molto per evitare questa sconfitta romana: tutt'al più ha «lavorato» venti minuti nella ripresa. Un po' poco per chi ha già disegnato sui bandieroni la stella del decimo scudetto. Tutto torna in giostra, da oggi. E questo Milan non ha gran fiato, anche se la Lazio ha patito l'anima sua, con tutti quegli uomini incerottati e rotti. Dall'uovo di Pasqua è uscito un drago. Torna una grande incognita, per vinti e vincitori: il campionato '73 è ancora nella mente di Giove. Forse un paio di allenatori egregi lo amministreranno dalla tribuna: vero Giagnoni ? Vero Nereo ?
Gli spogliatoi:
la sconfitta brucia ed i nervi sono a fior di pelle. Conti monta la guardia agli spogliatoi del Milan e nessuno può avvicinarsi. Si sentono voci concitate, piene di dispetto, mentre i toni crescono a dismisura. Esce Buticchi, rosso in volto, trafelato come se avesse giocato tutti i novanta minuti. Urla: « Ferrari Aggradi mi aveva dato la parola d'onore che il Milan non avrebbe più avuto Lo Bello. Invece Lo Bello è venuto ed ha compiuto l'opera ». Buticchi rientra negli spogliatoi a discutere con i suoi. Per chi non lo sapesse, Ferrari Aggradi è il capo della Can, la commissione che designa gli arbitri. Ferrari Aggradi non ha il potere di decidere questo. Come mai si è arrogato il diritto di accettare la recusazione di Lo Bello da parte del Milan, quando il regolamento non consente alcuna possibilità di "veto"? Lo stupore aumenta quando Buticchi torna fuori e completa l'accusa. « E' stata tradita la parola d'onore. Lo Bello è onorevole, ma stia a casa sua. Noi rimaniamo a casa nostra ». C'è più nervosismo che logica in questa espressione, ma Buticchi è furibondo. Il fuori gioco per cui non è stato convalidato il gol del pareggio, l'ammonizione di Rivera per proteste, l'espulsione di Rocco per insulti hanno scosso il presidente dei rossoneri, che continua a protestare. I motivi della recusazione — afferma Buticchi — sono validissimi e risalgono alla nostra ultima gara diretta da Lo Bello. Mi pare fosse proprio Lazio-Milan. Negli spogliatoi, durante il brindisi finale — il Milan aveva vinto per 3 a 1 —, Lo Bello toccò troppo forte il bicchiere di Rivera ed il cristallo andò in frantumi "Glielo romperei in testa questo bicchiere!" disse Lo Bello rivolgendosi a Rivera ». Buticchi continua: « Rivera non rispose e l'episodio fini lì, ma capimmo l'opportunità di evitare altri incontri fra l'arbitro siciliano ed il nostro capitano ». Appare esagerata la recusazione del miglior arbitro italiano per un semplice bicchiere rotto e per una frase più o meno spiritosa, ammesso che questa frase sia stata veramente pronunciata. Probabilmente, esistono motivi più seri per giustificare questa « guerra » che non poteva non portare conseguenze. Oggi a Roma si è arrivati alla rottura. Una rottura clamorosa. Le accuse di Buticchi giungono all'orecchio di Lo Bello, che manda un suo accompagnatore a cercare il presidente del Milan. Un signore distinto dai capelli bianchi s'avvicina a Buticchi, pregandolo di andare da Lo Bello. Buticchi, sempre più adirato: « Non ho nulla da dire all'onorevole ». Timidamente, gli viene fatto presente che Lo Bello vorrebbe conoscere anche lui l'episodio del bicchiere rotto e della minaccia a Rivera. Buticchi diventa ancora più rosso e dice forte: « Non c'è niente da spiegare. Ero presente al fattaccio e con me c'era anche il signor Rivera. Se Lo Bello vuole parlarmi, venga da me io non entro da lui ». I giocatori rossoneri escono alla spicciolata, scuri in volto, distrutti dalla fatica. Rivera tenta di sorridere, allarga le braccia e sussurra: « E' andata così ». Belli spiega il secondo gol: « Mi sono fatto male al mignolo sinistro volendo bloccare la palla calciata da Chinaglia. E' l'aggravarsi di un precedente infortunio ». Rosato tenta un rilancio del Milan affermando: « Siamo ancora in corsa per lo scudetto. Nulla è perso ». Rocco esce buon ultimo. Lo immaginavano più nervoso, invece appare tranquillo. Informa che la deviazione che ha procurato l'autogol è stata di Schnellinger, ma rifiuta di discutere della partita e dell'arbitro. Dice solamente: « Non parlo per non fare la fine di Rivera quando a Cagliari espresse il suo pensiero sugli arbitri ». Corre a chiudere la fila del suoi uomini che salgono sul pullman sociale diretto all'aeroporto. Toccherebbe a Lo Bello illuminare le molte zone d'ombra del racconto di Buticchi, ma Lo Bello non può e non vuole parlare. Rimane con i suoi collaboratori per una buona mezz'ora, poi esce sorridente per informare i rappresentanti della stampa che si tratta di un incontro di pura cortesia. Dice: « Non fatemi domande, non potrei rispondere ». Sorride: « E' Pasqua, buone feste a tutti ». Rientra, superiamo con fatica il blocco protettivo e ci troviamo nello stanzino. Lo Bello è allegro, ma taciturno. Vorremmo che ci raccontasse l'episodio del bicchiere rotto a San Siro. L'onorevole arbitro dichiara: « Non ricordo niente. Chiedetelo a Buticchi ». Inutile insistere. Lo Bello è una sfinge, non accetta neppure di parlare dell'espulsione di Rocco, avvenuta a pochi minuti dalla fine su segnalazione di un guardalinee. Si tratta di frase offensiva. D'accordo, ma quale? Silenzio assoluto. Per il vecchio trainer ha una espressione di simpatia: « Per ragioni umane mi spiace d'aver dovuto allontanare Rocco ». Tutto qui. Ed ora cosa succederà? La squalifica di Rivera (già ammonito e diffidato) scatterà automaticamente. Quella di Rocco è certa. Una giornata al « capitano », e qualche settimana per il trainer. Il Milan torna a casa con molte ferite da curare. Sono ferite fisiche (Belli, lussazione al mignolo sinistro) e morali (sospensione di Rocco e squalifica di Rivera). Si temono le conseguenze delle accuse fatte da Buticchi a Ferrari Aggradi ed a Lo Bello. La questione è seria, perché Ferrari Aggradi non poteva accettare la recusazione di Lo Bello, né Buticchi aveva il diritto di chiederla. Le accuse di oggi, pubbliche e clamorose, aggravano la situazione. Necessita un intervento di Franchi per chiudere un episodio che è drammatico e grottesco nello stesso tempo. Pioggia e freddo non sono riusciti a frenare l'entusiasmo del tifosi laziali che hanno preso d'assalto 1 cancelli dell'Olimpico fin dalle prime ore del mattino. Al segnale d'inizio dell'arbitro Lo Bello, lo stadio romano presentava un colpo d'occhio meraviglioso. La fungaia di ombrelli ha ondeggiato paurosamente quando Chinaglia ha scagliato in rete il pallone deviato da Schnellinger. Stessa scena quando il «bomber» biancoazzurro ha piegato le mani di Belli. E' stata una giornata che passa negli archivi della storia calcistica capitolina come una delle pagine più esaltanti. Al match-scudetto hanno assistito numerosi personaggi politici, attori, allenatori, fra cui sono stati notati Giagnoni, Herrera, Scopigno, Pesaola (accompagnato dall'intera squadra del Bologna), Valcareggi, Bernardini. In tribuna d'onore c'erano il ministro Ferrari-Aggradl, i presidenti del Coni, Onesti, e della Fidal, Primo Nebiolo. La vittoria biancoazzurra è stata salutata dalla folla in delirio. Sbardella non ha più resistito all'emozione. Il general manager della Lazio è scoppiato in un pianto dirotto. Fra le lacrime continuava a ripetere: « Avete visto cosa vuol dire arbitrare sul serio? » ed ovviamente si riferiva al gol annullato da Lo Bello al Milan, che ha scatenato fra i rossoneri una valanga di polemiche. Sullo stesso episodio i giocatori laziali hanno preferito sorvolare. Soltanto Moschino si è sbilanciato affermando: « Bisognerebbe sapere con precisione quando ha fischiato l'arbitro. Tuttavia, non mi è sembrato che ci fosse un fuorigioco ». Forse, il giocatore intendeva riferirsi alla correzione che avrebbe impresso alla palla Polentes rimettendo in gioco Chiarugi. Il secco rumore del tappi dello champagne, l'allegra confusione che regnava nello spogliatoio biancoazzurro hanno troncato sul nascere la discussione. I commenti sulla partita sono stati pressoché unanimi. I giocatori hanno detto di aver visto un Milan nervoso, che tuttavia è riuscito ad incutere timore quando ha accorciato le distanze. Dalla rivelazione fatta da Maestrelli sul drammatico retroscena nell'intervallo fra il primo e il secondo tempo, emergono ancora più chiari i meriti degli atleti biancoazzurri. Frustalupi, Polentes, Wilson, Re Cecconi e Nanni si sono abbandonati sulle panchine lamentando una serie di infortuni più o meno gravi. Il medico, massaggiatori, Maestrelli, non sapevano più cosa fare. « E' stato un brutto momento — ha dichiarato Maestrelli —, abbiamo cercato di fare tutti insieme un esame della situazione. Chi sostituire? Siamo tornati sul terreno di gioco preoccupati, cercando di non far capire il nostro dramma agli avversari. Poi, ho visto che Re Cecconi non ce la faceva più e ho deciso di far entrare Moschino. Devo rivolgere un elogio incondizionato a tutta la squadra che ha stretto i denti e lottato fino all'ultima energia. Credetemi, in quelle condizioni non è stato facile ». « Adesso, però, lasciatemi sfogare. E' stato il più bel giorno della mia vita calcistica. Il Milan ha confermato di essere una squadra di razza. Ha i nervi saldi, un carattere eccezionale. E' vero che i rossoneri sotto partiti svantaggiati per gli infortuni di Benetti e Sabadini che tuttavia sono stati bilanciati dagli incidenti toccati ai miei giocatori. Abbiamo preso un gol banale per un errore di Chinaglia, cui però non rimprovero nulla. Giorgio è stato formidabile, ci ha assicurato la vittoria, ma speriamo che non ci faccia più certi scherzi, altrimenti ci saltano le coronarie ». Dopo aver affermato che Lo Bello ha diretto la gara impeccabilmente, Maestrelli ha ancora una volta evitato di impegnarsi in previsioni sulla lotta per lo scudetto: « Abbiamo davanti una intera settimana per parlarne. Però, posso già dire che noi continuiamo a vivere alla giornata. Per ora, ci basta essere riusciti ad emulare l'impresa dell'Ignis, come del resto avevo pronosticato. Per la Lazio è già un grosso successo aver raggiunto la vetta della classifica. Il campionato della Lazio comincia oggi ». Il presidente Lenzini non trovava quasi più la forza di parlare. Aveva previsto un due a zero a favore della sua squadra, probabilmente più per scaramanzia che per convinzione. Ma, considerata la validità delle sue profezie, non ha esitato ad affermare: « Ci sarà uno spareggio a fine campionato e noi lo vinceremo ». Il più festeggiato è stato naturalmente Chinaglia. Per l'attaccante è stata una grossa rivincita contro i suoi feroci critici. « Da un po' di tempo mi sentivo rassegnato — ha dichiarato —, ciò mi ha dato perfetta tranquillità. Però, quando mi è capitato quel pallone su calcio di punizione, ho scaricato tutta la rabbia che avevo in corpo. Mi dispiace per Belli che ci ha rimesso una mano. Adesso possiamo dire di aver fatto il passo più lungo della gamba. Siamo impegnati a mantenere questo passo fin da domenica prossima contro il Torino ».
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