Miceli Angelo

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Angelo Miceli

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Presidente, nato a Palermo il 25 luglio 1910 e scomparso a Grottaferrata (RM) l'11 settembre 1974.

Il cav. Miceli si affacciò sul panorama sportivo romano alla fine degli anni '50, quando divenne presidente della Romulea. Abbastanza noto come costruttore, entrò nella Lazio come consigliere nell'assemblea del 28 luglio 1959 che vide la nomina di Andrea Ercoli come reggente al posto di Leonardo Siliato che aveva chiesto un periodo di riposo per motivi di salute. Ercoli, lazialissimo uomo del passato, legato a una desueta idea del calcio, lasciò presto l'incarico che fu affidato al redivivo Costantino Tessarolo che non riuscì però a trovare le risorse per superare la grave crisi finanziaria in cui la Lazio era precipitata dopo la morte di Remo Zenobi. Il 21 luglio 1962 Massimo Giovannini, nominato commissario dalla Lega, venne affiancato da Miceli che si stava rivelando come dirigente provvisto di capacità economiche discrete. Il 27 settembre, in congresso, fece irruzione un nuovo personaggio, Ernesto Brivio, dai contorni misteriosi e inquietanti che riuscì a formare, su basi economiche solo presunte, un comitato di cui facevano parte anche Giovannini e Miceli con le funzioni di vicepresidenti. Mentre la squadra si apprestava a tornare in serie A, anche grazie all'abilità di Juan Carlos Lorenzo, improvvisamente Brivio scomparve misteriosamente e quindi il 21 febbraio 1963 fu necessario ripristinare il consolato tra Giovannini e Miceli.

Il successivo 18 giugno Siliato affidò proprio ad Angelo Miceli i destini di una Lazio priva di ogni risorsa economica. Questo dirigente, molto orgoglioso e già coinvolto emotivamente, cedette alle lusinghe e alle promesse di Siliato che però non trovarono riscontro alcuno nella realtà e la sospirata trasformazione della Lazio in Società per Azioni si esaurì di fronte ai soli 7 milioni racimolati. Il 29 settembre, dopo aver pagato di tasca propria gravosi e improrogabili effetti in scadenza, Miceli fu nominato Commissario straordinario. Divenne presidente il successivo 12 dicembre e sempre alla disperata ricerca di liquidi, ideò insieme a Lorenzo il cosiddetto Piano MI-LOR (Miceli-Lorenzo) che permise alla società di vivere con un minimo di tranquillità. Si trattava di anticipare il costo di 4 annualità di abbonamento in tribuna Monte Mario, per un totale di 200.000 lire, da parte di almeno 3.000 tifosi, per ricavare repentinamente 600 milioni da destinare alla campagna acquisti e al pagamento degli stipendi dei giocatori. Il cinico abbandono della Lazio a favore della Roma da parte di Lorenzo, spense però molti entusiasmi e il 30 settembre 1964 Miceli, stanco e deluso, tornò in un primo tempo ad essere Commissario per dimettersi poco dopo.

Il 29 ottobre 1964 il romantico gesto di affidare la presidenza al generale Giorgio Vaccaro, vide l'apparire di un personaggio che segnerà la storia biancoceleste. In quella data, infatti, entrò a far parte del consiglio un costruttore di nome Umberto Lenzini che si affiancò come vicepresidente proprio a Miceli. Lenzini fu eletto al vertice della Sezione Calcio il 18 novembre 1965 e di questa assemblea faceva parte come consigliere ancora Angelo Miceli. Ma progressivamente i suoi impegni con la Lazio si diradarono fino ad annullarsi del tutto. Questa decisione di abbandonare fu presa anche per le conseguenze di una proposta, non condivisa con il Consiglio direttivo della Lazio, da lui rivolta ai giocatori della Lazio Cei, Governato e Carosi di candidarsi alle elezioni amministrative per il Partito Monarchico del maggio 1966. I tre rifiutarono decisamente la candidatura e il medico sociale Renato Ziaco, sdegnato per il tentativo di coinvolgere i tre atleti, minacciò di dimettersi.

Angelo Miceli ha svolto un ruolo importante nella storia della Lazio in un momento di grande crisi economica. Egli seppe essere punto di riferimento e interlocutore autorevole per gli organismi calcistici che di lui si fidarono sempre. Abile politicamente e pieno di risorse dal punto di vista contabile, a causa di un temperamento sobrio e austero, non seppe trasmettere molto entusiasmo e creare coinvolgimento tra i tifosi che in lui videro un saggio amministratore ma non l'elemento capace di ambire a grandi traguardi.





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