Giovedì 18 maggio 2000 - Milano, stadio Giuseppe Meazza - Inter-Lazio 0-0

Da LazioWiki.

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18 maggio 2000 - 2903 - Coppa Italia 1999/00 - Finale - gara di ritorno

INTER: Peruzzi, M.Serena (67' Georgatos), Cordoba, Blanc, Domoraud, J.Zanetti, Di Biagio, Cauet, Seedorf, Baggio (I) (61' Recoba), Zamorano (46' Vieri). A disposizione: Ferron, Fresi, Simic, Jugovic. Allenatore: Lippi.

LAZIO: Ballotta, Pancaro (87' Couto), Nesta, Negro, Favalli, Conceição, Sensini, Veron, Simeone, Mancini (46' Ravanelli), S.Inzaghi (46' Salas). A disposizione: Mondini, Marcolin, Gottardi, Lombardo. Allenatore: Eriksson.

Arbitri: Sigg. Paparesta (Bari) e Rosetti (Torino).

Note: serata calda, terreno in ottime condizioni. Ammoniti: Simeone per gioco falloso e Pancaro per comportamento non regolamentare. Oltre 15.000 tifosi al seguito della Lazio. Recuperi: 1' p.t., 5' s.t.

Spettatori: 53.406 paganti con un incasso di lire 2.161.640.000.

La Coppa Italia 1999/00 è biancoceleste
Il biglietto della gara
Un altro biglietto della gara
Sergio Conceiçao in azione
Un momento dell'incontro
Sven Goran Eriksson saluta il pubblico
Esultanza biancoceleste: è il "double"
Veron, Cragnotti e Salas
Foto di gruppo
Salas versione "biondo"
Marcelo Salas, Nestor Sensini, Diego Pablo Simeone e Juan Sebastian Veron con la coppa appena conquistata
Giuseppe Pancaro e Juan Sebastian Veron in versione ossigenata
Il pubblico biancoceleste presente al Meazza
Alessandro Nesta
Un momento dei festeggiamenti biancocelesti
Foto di gruppo per i vincitori

Quattro giorni dopo essersi laureati Campioni d'Italia, i biancazzurri scendono in campo al Meazza di Milano per cercare di conquistare il "Double", ovvero la conquista, nello stesso anno, dello Scudetto e della Coppa nazionale. I giocatori biancocelesti, dopo i vari festeggiamenti per la conquista del titolo, entrano in campo con look stravaganti: capelli ossigenati, dipinti di blu o tricolori per la gioia e l'ilarità dei tifosi. La gara inizia con l'Inter in avanti che approfitta dello scarso allenamento dei biancazzurri e per due volte sfiora la rete, al 9' con Baggio (ottima la parata di Ballotta) ed al 18' con Di Biagio. Un minuto dopo è Favalli a imbeccare Simeone che, di testa, impegna l'estremo difensore nerazzurro.

Al 44' Simone Inzaghi sfiora il clamoroso autogoal per anticipare Blanc a tu per tu con Ballotta. La ripresa vede la Lazio padrona del campo con numerose azioni da rete. Il portiere nerazzurro Peruzzi compie un miracolo al 72' su un colpo di testa di Sensini. Nel finale si registra un forcing interista con Recoba che impegna in due occasioni il portiere biancoceleste. La gara finisce con il trionfo biancoceleste e la doppietta Coppa Italia/Campionato, evento registrato solo tre volte in 102 anni di storia del calcio italiano. Per la Lazio è quindi un anno memorabile, un anno santo.


La Gazzetta dello Sport titola: "E' sempre Lazio campione. Anche a San Siro vale la legge del più forte: le speranze dell'Inter si spengono sul palo di Recoba dopo il 90'. L'Inter non riesce a ribaltare l'1-2 dell'andata. Ci si aspettava una Lazio scarica dopo i festeggiamenti per lo scudetto, invece prevale la voglia di vincere tutto. L'Inter a poco a poco si spegne e la squadra di Eriksson conquista con merito un altro trofeo".

Continua la "rosea": Non ce l'ha fatta l'Inter a ribaltare il 2-1 dell'Olimpico e così la Lazio si aggiudica anche la coppa Italia. Nel giro di cinque giorni Eriksson è passato da allenatore perdente a uno degli allenatori più vincenti del nostro calcio, se si considera che l'accoppiata scudetto-coppa Italia in precedenza era riuscita solo a tre squadre: Juve, Torino e Napoli. Il che illustra sufficientemente il valore dell'impresa della Lazio. Si pensava ad una squadra biancazzurra scarica psicologicamente, stanca fisicamente, poco concentrata. Questa poteva essere anche l'impressione del primo tempo nel quale l'Inter, pur senza strafare, aveva espresso una certa supremazia territoriale. Ma nella ripresa invece si è visto non solo la caratura della formazione campione d'Italia, ma anche una volontà strenua di vincere la coppa. Veron e Nesta sono rimasti in campo sebbene acciaccati; Salas, entrato in campo al posto di Inzaghi, ci ha messo una determinazione speciale, sfiorando il gol. Eriksson stesso, mettendo in campo due punte, ha dimostrato la sua volontà di non puntare solo alla difesa del 2-1. E così alla fine, meritatamente, i biancazzurri si sono aggiudicati anche questa coppa, dimostrando di aver fatto bene a puntare su ogni traguardo possibile. È sfuggita solo la Champions League, ma il bilancio è ugualmente straordinario.

L'Inter invece si è spenta alla distanza ripiegando mestamente sulle lacune e le contraddizioni di un'intera stagione. Ha avuto anche un pizzico di sfortuna quando con Recoba ha colpito il palo nei minuti di recupero, ma onestamente si deve ricordare che anche una punizione di Veron era stata respinta dal palo a inizio ripresa. Un gol della Lazio a quel momento avrebbe chiuso la sfida. Forse Lippi ha tardato troppo a inserire Recoba, forse il cambiamento tattico alla fine ha confuso ancor più i suoi uomini, sicuramente Vieri non era pronto per un impegno così importante dopo tanta inattività, ma in campo si è toccata con mano l'impossibilità dell'Inter nel mettere sotto una squadra superiore soprattutto nella convinzione di essere più forte. Ci voleva un miracolo dell'uomo della provvidenza, ma è già importante che Vieri abbia ripreso contatto con una partita di calcio. All'Inter può venir buono martedì prossimo a Verona contro il Parma e poi a Zoff. Per ora i nerazzurri e i suoi tifosi ingoiano un altro rospo. Contro la Lazio, di riffa o di raffa, è andata sempre storta. Stavolta senza possibili appigli polemici. *** Il primo tiro in porta della serata l'effettua Zanetti al 3', un diagonale rasoterra che Ballotta blocca con facilità. L'Inter ovviamente ha più interesse a fare la partita e appare subito più aggressiva, ma la Lazio in piena levità d'animo sembra poter ribattere con efficacia. Al 7' l'Inter si fa pericolosa con Seedorf, che sfonda a sinistra e crossa al centro: facile per Simeone aver ragione di Baggio con il suo colpo di testa. Ma un attimo dopo Baggio riceve ancora da Seedorf, stavolta una palla rasoterra invitante un po' più avanti del dischetto del rigore: finta per liberare il destro, ma poi il pallonetto in porta è talmente soft che Ballotta può addirittura bloccarlo in volo.

Dopo 9 minuti l'Inter poteva essere già in vantaggio. Schermaglie più che altro a centrocampo, poi è ancora Seedorf che cerca di affondare il colpo quando, servito da Zanetti, tenta la bordata dal vertice sinistro dell'area laziale, palla che sfiora il palo più lontano. Anche Di Biagio al 18' prova la conclusione da fuori, stavolta la staffilata è sotto la traversa e Ballotta è bravo a deviarla oltre. La Lazio di affaccia in avanti al 19' con cross di Mancini e testa immancabile di Simeone che costringe Peruzzi a bloccare la palla a terra vicino alla sua linea di porta. L'Inter, con Seedorf che parte da sinistra e con Zamorano e Baggio che sono al centro, impegna quasi tutta la difesa avversaria e allora si libera abbastanza spazio a sinistra che Zanetti, soprattutto, cerca di sfruttare. Simeone allora deve dare una mano a Favalli. Ancora con un colpo di testa (stavolta di Sensini) la Lazio cerca d'insidiare la porta di Peruzzi: palla alta. Al 39' una punizione di Baggio viene arginata in angolo dalla difesa biancazzurra; batte lo stesso Baggio ma, nella mischia davanti a Ballotta, la difesa laziale riesce a respingere. Un minuto dopo, insolito scontro con Baggio nella veste del colpitore e Nesta dell'avversario che vola in aria. Il giocatore laziale resta a terra ed è costretto a uscire dal campo per farsi rimettere in piedi. Ancora un episodio capovolto: Blanc in attacco ai limiti dell'area biancazzurra viene anticipato da Inzaghi in affannoso recupero. È del laziale la sberla sulla quale Ballotta deve salvarsi con una certa improvvisazione. In pratica è il tiro più pericoloso per il portiere laziale in tutto il primo tempo che si chiude senza altri sussulti.

L'Inter ha prevalso, ma senza concretizzare. Nella ripresa è la Lazio ad effettuare per prima i cambi: ben due uomini nuovi, Ravanelli e Salas per Mancini e Inzaghi. Attacco con due punte vere e Veron, poco dopo il 1', sfiora il gol con una punizione delle sue che ha solo un difetto: va a colpire il palo alla destra di Peruzzi ormai spacciato. Se la palla fosse entrata, l'Inter avrebbe dovuto segnare due gol solo per raggiungere i supplementari. Forse per la posizione di Ravanelli sulla sua fascia destra, Lippi sposta Domoraud sull'altro versante. Ma è al 6' che la San Siro nerazzurra s'infiamma, e cioè quando si alza dalla panchina Vieri e fa l'ingresso in campo dopo circa due mesi. A fargli posto è Zamorano. Al 9' una punizione di Baggio fa spiovere la palla proprio davanti a Vieri, a pochi metri dalla porta laziale: Ballotta esce e blocca il pallone e poi strattona l'avversario, ma è tutto regolare. C'è ormai un po' più di sprint nelle giocate interiste, quasi che la presenza di Vieri abbia galvanizzato tutta la squadra. Al 15' Conceiçao, su respinta della difesa nerazzurra, spara una gran botta da fuori, Peruzzi respinge, ma il guardalinee segnala un fuorigioco. Al 16' ancora Lippi decide di giocarsi la carta Recoba che entra in campo al posto di Baggio, calato parecchio alla distanza dopo un frizzante avvio. E conclude il ciclo delle sostituzioni l'Inter al 22' con l'entrata di Georgatos al posto di Serena.

La fiammata nei nerazzurri al momento dell'ingresso in campo di Vieri si è già spenta: la Lazio congela a lungo il possesso della palla e spesso assedia minacciosa l'area avversaria, mentre Ballotta assiste alla gara. Ormai c'è solo la Lazio in campo e al 29' Sensini sull'ennesimo calcio d'angolo, di testa impegna seriamente Peruzzi. L'Inter appare intimorita e arretra sempre di più lasciando in avanti solissimo Vieri, al quale giunge uno spiovente in area laziale solo al 32': invece di colpire di testa, l'attaccante cerca di stoppare di petto, ma la difesa avversaria lo blocca. Bisognerà attendere il 36' per una giocata efficace dei nerazzurri con Georgatos che crossa al centro, Cauet che appoggia indietro e Recoba, pronto nello scatto e nel tiro di sinistra, Ballotta è fortissimo a respingere di piede. Ora Recoba sembra più in partita, ma tra lui e Vieri non c'è dialogo, ognuno pensa di andare al tiro per conto suo. I minuti passano troppo in fretta per l'Inter, troppo lentamente per la Lazio. Vieri su cross di Zanetti tenta la deviazione di testa al 39', ma il pallone è troppo fiacco e Ballotta blocca con sicurezza. Al 42' Eriksson fa uscire Pancaro e fa entrare Couto. Sostituzione tra i fischi perché il terzino lascia il campo a passo di lumaca e Rossetti fa bene ad ammonirlo. Su una girata alta di Blanc (cross di Seedorf) si spegne in pratica il tempo regolamentare. I cinque minuti di recupero danno un po' di fiato all'Inter, ma al 46', il sinistro di Recoba, sfuggito a Favalli sulla sinistra, sbatte sul palo alla destra di Ballotta. E su questo palo si infrangono le ultime speranze nerazzurre. È la Lazio ad alzare la coppa.


Il Messaggero titola: "Ancora festa dopo lo scudetto".

L'articolo prosegue:

Ancora Lazio, una sbornia infinita. E' arrivato dal tempio di San Siro il "double" all'inglese, una coppa Italia che abbellisce la bacheca e conferma il trionfo stagionale biancoceleste. L'ultima a centrare l'accoppiata con lo scudetto fu proprio la Juventus, a rimarcare lo storico passaggio di consegne. E' bastato lo 0-0, imposto ad un'Inter visibilmente fiaccata nello spirito e nelle gambe. Ma la squadra di Eriksson ha giocato comunque meglio, con una ripresa di grande concretezza, ha sofferto un po' solo nel finale (palo di Recoba) e non si è assolutamente preoccupata del rientro di Vieri nelle file lippiane, bravo Nesta a mettergli subito il bavaglio. Sventolano i tricolori che rispecchiano le capigliature imbiondite di giocatori evidentemente non ancora sazi, proprio come li vuole il loro allenatore. Una dimostrazione di ulteriore maturità, un nuovo fiore all'occhiello di questa società. Gongola Cragnotti in tribuna e poi issato sulle spalle dei giocatori per il giro d’onore, la squadra alza questo nuovo trofeo, che contribuirà a rendere strepitosa la festa di domenica.

Non è stata una gran finale ma non sono mancati momenti spettacolari, il 2-1 dell'andata ha fatto la differenza. Per larghi tratti poco più di un'esibizione. Seedorf in particolare ha goduto di ampia libertà e molti disimpegni laziali sono svaniti nella leziosità. Il problema dell'Inter è stato comunque quello di arrivare al tiro negli ultimi metri, mentre i biancocelesti, in tutto il primo tempo, hanno prodotto solo un colpo di testa ravvicinato di Simeone che Peruzzi ha bloccato a terra. Ballotta, dal canto suo, ha dovuto impegnarsi per fermare, dopo sette minuti, la migliore manovra avversaria, con Seedorf nel ruolo dell'estensore e Baggio in quello di finalizzatore: il Robi interista ha avuto modo di controllare e mirare ma è stato davvero felino il balzo del portiere. Fra un coro anti-Juve e uno striscione anti-Moggi, che ha unificato le due tifoserie che più si sentono vittime dei bianconeri, si è andati avanti a ritmi rapidi ma sconclusionati: nello specchio della porta laziale sono arrivati in tutto due siluri, uno di Di Biagio, alzato in angolo, e un altro di Simone Inzaghi, sì avete capito bene, un disimpegno un po' così, non troppo angolato per fortuna di Ballotta: altrimenti sarebbe stato un autogol da leggenda.

Più efficace è sembrata la difesa a quattro scelta stavolta da Lippi: Domoraud, spostato a sinistra sulle tracce di Sergio Conceicao, ha potuto far valere la sua stazza, mentre la rapidità di Cordoba ha accresciuto la sicurezza di Blanc. Più tardi il francese si sarebbe scambiato di fascia con Serena, per dedicarsi più assiduamente a Salas. Eriksson ha invece scelto il centrocampo di maggiore affidamento, ha optato per una difesa tutta italiana ed ha avvicendato nei due tempi le quattro punte a disposizione: Salas e Ravanelli hanno preso in avvio di ripresa di Mancini e Inzaghino, spesso caduti in peccato di fuorigioco. San Siro si è infiammato per il rientro di Vieri al 6' della ripresa: Bobo, già nel sottopassaggio, aveva scherzato con i vecchi (nuovi ?) compagni. E, alla prima punizione utile di Baggio, è piombato come un treno davanti a Ballotta che gli ha nascosto la palla come un prestigiatore. Ma era stato Veron ad aprire le supposte ostilità, cogliendo pieno il palo con un tiro da fermo dalla sua posizione prediletta. E al quarto d'ora Peruzzi ha dovuto opporsi coi pugni ad una conclusione angolata di Sergio Conceicao da un metro dentro l'area.

Ecco Recoba al posto di un Baggio spompato ed evanescente, a completare il ballo delle punte. Incanta la sapienza tecnica di Salas, Peruzzi sfiora la papera da guinness, c'è anche Georgatos a cercare la spallata che indirizzi la coppa. E Veron, sullo slancio, va ad abbracciarsi un guardalinee. La Lazio si piazza nella metà campo rivale e l'Angelo nerazzurro deve togliere da sotto la traversa un pallone che Sensini gira di testa alla Simeone. Ma è Ballotta che deve superarsi respingendo col piede su Recoba, riuscito dopo un'azione prolungata a liberarsi al tiro. L'assedio finale interista si accende forse troppo tardi. Ma è ancora Recoba a procurare brividi andando a pareggiare il conto dei pali mentre il tabellone già scandisce i cinque minuti di recupero. Quelli che, con l'ultimo salvataggio di Peruzzi su Salas, separano la Lazio dallo storico bis.


Tratte dal quotidiano sportivo, alcune dichiarazioni post-gara:

Stavolta la giacca non è nemmeno un po' spiegazzata, la cravatta perfettamente a suo posto. Sergio Cragnotti al fischio finale alza al cielo le braccia per la sesta grande vittoria della sua gestione (e di Eriksson). Niente a che vedere però con l'esultanza di domenica scorsa, per quell'incredibile scudetto. Niente a che vedere nemmeno con la prima vittoria, la coppa Italia vinta due anni fa all'Olimpico contro il Milan. Allora Cragnotti pianse di gioia. Ora questa Lazio sta abituandosi a vincere. «Complimenti a Eriksson e alla squadra, che ha saputo stringere i denti per la stanchezza e mantenere una grande concentrazione. I ragazzi hanno controllato bene la partita e l'Inter non è stata mai pericolosa: abbiamo vinto meritatamente questa Coppa. È un periodo magico per noi. Stiamo vivendo grandi emozioni. E tante ne vogliamo ancora vivere. Il difficile è ora mantenere tutto questo». Cragnotti continua nel suo elogio: «Questo gruppo è formato da grandi campioni, da gente che non molla mai. Eriksson è riuscito a plasmarli e ad abituarli a tanti grandi appuntamenti da affrontare sempre al massimo. Questa è stata l' arma per diventare una squadra affamata di vittorie, capace di centrare più obiettivi. Una maturazione avvenuta nel tempo, perché due anni fa invece ancora peccavamo in questo». Il riferimento è alla finale di Uefa del '98 persa 3-0 proprio contro l'Inter a Parigi, unica finale su sei fallita da Eriksson in questo fantastico triennio.

Una sconfitta dalla quale però l'ambiente ha saputo trarre il giusto insegnamento. Cragnotti non si ferma: «Quando ho parlato di Grande Slam qualcuno mi ha preso in giro, ha ironizzato. Invece se non fosse stata per quella sfortunata prova di Valencia, peraltro finalista di Champions League, oggi sarebbe stato possibile davvero raggiungere tutti i nostri traguardi. Perché non dimenticate che ad agosto abbiamo vinto la Supercoppa europea contro il Manchester United. Ecco, un pregio di questa squadra è stata la continuità. A parte quel periodo negativo dopo le vacanze di Natale, e sappiamo tutti perché, il gruppo ha mantenuto un rendimento altissimo. Ora difenderò questa rosa. Non voglio cambiare molto». Logico scivolare sul mercato. Cragnotti non nasconde il suo «debole» per Vieri. «È fortissimo, mi piace tantissimo, non lo nego. Ma per ora è dell'Inter...». Per ora. E il presidente della Lazio guarda anche con interesse a Peruzzi: «Vedremo cosa si può fare». Dei suoi, invece, dice di non voler toccare nessuno, anche se si lascia scappare: «Non so perché Almeyda non sia qui». Alla fine guardi sul campo e pensi che queste due squadre si ritroveranno davanti il 20 agosto all'Olimpico, per la Supercoppa. E in diversi potrebbero essere sempre della sfida, ma a maglia invertita. Veron, per esempio, sollecitato sull'Inter, risponde: «Per ora sono della Lazio, ma per il futuro chissà: nel calcio non si può mai dire».

Chi invece ha cambiato già maglia diventando l'ago della bilancia è Simeone. «Già - sottolinea Cragnotti - Diego è stato decisivo con quel gol all'andata. Ci ha permesso di vincere la coppa proprio contro l' Inter che ce lo ha ceduto. Per noi un ottimo acquisto. Sentite come lo esaltano i tifosi: Simeone rappresenta la carica della squadra, di tutto l' ambiente». Poi, dopo la premiazione Cragnotti, invocato a gran voce dagli oltre tremila laziali arrivati a San Siro, il presidente si dirige sotto la curva a raccogliere gli applausi e fa anche un inchino riverente. Anche se un po' ci si abitua, vincere dà sempre un'ebbrezza particolare.


Tutto cominciò due anni fa con una coppa Italia, e con una coppa Italia il cerchio si chiude. Per ora. Sven Goran Eriksson festeggia con il sorriso appena accennato di sempre il suo sesto trionfo da quando siede sulla panchina della Lazio: arriva, quel trionfo, a quattro giorni dal quinto, lo scudetto, e va ad aggiungersi all'altra coppa Italia (vinta nel '98 con la doppia sfida contro il Milan), a una coppa delle Coppe, una Supercoppa europea e una italiana. Era, si diceva fosse, uno splendido perdente, e oggi può raccontare di aver fatto quello che fece uno dei simboli dell' allenatore vincente, l'uomo che ha battuto ieri sera, Marcello Lippi (accoppiata scudetto-coppa Italia con la Juve nel '95). Può dire di aver in qualche modo «vendicato» il 3-0 subito dalla sua Lazio contro l'Inter, a Parigi, nella finale di coppa Uefa del maggio '98. Può spiegare come si fa a trasformare una stagione data per persa da tanti in una cavalcata quasi perfetta, comunque straordinaria già domenica scorsa, e da ieri sera trionfale. Non è uomo da guardarsi alle spalle, Eriksson, ma non può fare a meno di ammettere: «Uno scudetto e cinque coppe in tre anni: sì, direi di sì, questo con la Lazio è il ciclo più importante della mia carriera. Questa, l'ultima, è stata una settimana bella, davvero molto bella. E dopo una settimana così si può ripensare con serenità anche all'unico momento di questa stagione per cui ancora oggi piango, la serataccia di Valencia: visto quello che è successo dopo, stasera posso dire tranquillamente "pazienza"».

Non si aspettava di chiudere da vincitore anche ieri sera, Eriksson, e lo dice: «La squadra ha sorpreso anche me, ha dato una grande dimostrazione di maturità: i giorni di preparazione a questa partita non erano stati ideali, con molte feste, molte distrazioni. Invece i ragazzi sono riusciti a ricaricare le batterie come neanch'io credevo, sono stati veramente molto bravi a livello mentale, devo fargli i complimenti. Nel primo tempo è andata meglio l'Inter, poi è uscito il nostro carattere». Non è neanche uomo da vendette da consumare a freddo, Eriksson: «Non ho nessuna rivincita da prendere, neanche nei confronti di chi ha sempre parlato male di me: io sto benissimo così, sono lo stesso di sei mesi fa o di due anni fa, e sinceramente spero proprio di restare così. Dico solo che non ho mai capito chi non gioca la finale di coppa Italia e dice che questa è una coppetta: io preferisco vincere tante coppette come queste, e il trofeo che ci siamo guadagnati stasera renderà ancora più bella la sala trofei della Lazio». Ora il futuro, che potrebbe avere anche i nomi di Vieri e Peruzzi. Eriksson è telegrafico: «Non credo ci sia un allenatore al mondo che non vorrebbe allenare Vieri, e anche Peruzzi è un giocatore di livello mondiale». Poi il trionfo dei giocatori, a cominciare da Simeone: «Per me è qualcosa di speciale aver vinto campionato e coppa prima in Spagna e poi in Italia. E non dimenticherò mai l' ingresso in campo di stasera, con tutt'e due le tifoserie che cantavano il mio nome: una sensazione indescrivibile».

Sensazione anche di vittoria, che i compagni hanno voluto far assaporare anche a Lombardo: «Attila» stava per entrare in campo, ma un dolore muscolare di Pancaro ha costretto Eriksson ad inserire Couto. Lombardo, delusissimo, è scappato negli spogliatoi, da dove però i compagni, a fine partita, lo hanno letteralmente ritrascinato in campo. Sollevandolo in trionfo con la coppa.


Da Il Messaggero:

Un lungo abbraccio ad Eriksson, in mezzo al terreno di gioco, a due passi dal palco della premiazione, poi la corsa sotto la curva dei sostenitori laziali in tripudio per ricevere l'ovazione. Sergio Cragnotti risponde con ampi gesti di felicità e quando Nesta, Marcolin e Couto lo portano in trionfo i tifosi urlano il suo nome. Un grande momento per il presidente biancoceleste che ha collezionato il terzo trionfo della stagione. Con un pizzico di giustificata iattanza ricorda un suo pronostico. «Quando, qualche mese fa, parlavo di grande slam, erano in molti a prendermi in giro. Quanta ironia sulle mie affermazioni, eppure c'è mancato poco perché questa Lazio vincesse tutto. Ha sbagliato una sola partita, quella di Valencia, che purtroppo ha pregiudicato il cammino in Europa. In questa stagione abbiamo vinto Supercoppa europea, scudetto e coppa Italia: ci è sfuggita solo la Champions League, ma la vinceremo nella prossima stagione».

Un Cragnotti raggiante che si gode un'altra serata di festa. «Solo tre formazioni, prima della Lazio, erano riuscite a centrare la grande accoppiata: è un periodo magico che stiamo vivendo intensamente, tanti successi, tante emozioni. Sì, sono proprio felice di questa squadra costruita per vincere alla quale Eriksson ha saputo dare qualcosa di più. Ed Eriksson, ovviamente, sarà ancora il nostro tecnico. Questa Coppa assume maggior valore perché arrivata dopo lo scudetto ed è stata la testimonianza di come il gruppo sia cresciuto e maturato. Chi pensava ad una squadra rilassata, che snobbasse l'appuntamento, ha dovuto ricredersi perché i ragazzi hanno saputo ritrovare in fretta grinta, stimoli ed energie per affrontare la finale nel modo giusto. Con questa affermazione la Lazio entra di diritto nel ristretto gruppo delle grandi squadre».

Il presidente pensa anche al futuro per il quale sta già lavorando. «Sarà difficile migliorare questo organico, però ci proveremo». Vieri ? «Mi dispiace che sia stato fischiato dai nostri tifosi, è un campione. L'organico è fortissimo e non verrà smembrato, ma protetto. Perciò saranno in pochi a partire mentre arriveranno le pedine giuste per migliorare la qualità. Ad ogni modo, siamo consapevoli che sarà difficile mantenersi a questi livelli pur se la Lazio lotterà sempre per i traguardi più importanti. I nostri azionisti stiano tranquilli: potranno continuare ad investire su una società che darà loro ancora tante soddisfazioni».

Dopo 4 giorni si ripetono le scene di festa nello spogliatoio biancoceleste. Alessandro Nesta alza un altro trofeo nel tripudio generale. «La Lazio ha iniziato un ciclo straordinario, è stata una stagione fantastica iniziata bene e conclusasi meglio. Ma possiamo fare ancora di più perché in tutti c'è tanta voglia di vincere. Volevamo centrare l'accoppiata e ci siamo riusciti, la squadra ha lottato con impegno per regalare ai tifosi pure la coppa Italia». Anche Giuseppe Pancaro pone l'accento sui tronfi stagionali. «Abbiamo iniziato a Montecarlo e chiuso alla grandissima con scudetto e coppa Italia. Peccato per la Champions League, ma ci rifaremo il prossimo anno. Dopo i festeggiamenti ci siamo subito ricaricati per tenere testa all'Inter che cercava nella coppa il riscatto stagionale. E' stata ancora una grande Lazio che ha dimostrato di essere grande. Vincere è bello e noi abbiamo preso l'abitudine a vincere...»

Per Simeone una bella rivincita. «Però mi dispiace per i tifosi nerazzurri. Certo, è stata un'annata fantastica nella quale abbiamo centrato tre obiettivi su quattro. Alla fine abbiamo speso tutto e, se ci fosse stata un'altra partita, difficilmente avrebbero tenuto le gambe. Un gruppo straordinario che ha dato l'anima in questo finale». Ravanelli è l'unico ad aver centrato due volte l'accoppiata. «Quando sono arrivato non pensavo di vincere tanto, adesso voglio rimanere». Ballotta, grande protagonista a San Siro. «La nostra forza è stata nelle seconde linee: tanta voglia di vincere e di continuare su questa strada».