Domenica 24 ottobre 1937 - Roma, stadio del P.N.F. - Lazio-Ferencvaros 4-5
24 ottobre 1937 - 525 - Coppa Europa Centrale - Finale - Ritorno
LAZIO: Provera, Zacconi, Monza, Baldo, Viani, Milano, Busani, Marchini, Piola, Camolese, Costa.
FERENCVAROS: Hada, Tatrai, Koranyi, Magda, Bolgar, Lazar, Tanczos, Kiss, Sárosi, Toldi, Kemenyi.
Arbitro: Wuttrich (Svizzera). Segnalinee Wunderlan e Iordan (Svizzera).
Marcatori: 4' Costa, 5' Sárosi (rig), 8' Sárosi, 18' Piola, 23' Piola, 35' Camolese, 37' Toldi, 71' Lazar, 80' Sárosi.
Note: tempo coperto, terreno pesantissimo. Pioggia fitta ininterrotta dalla mezz'ora sino a pochi minuti prima della fine. Calci d'angolo 6 a 4 per la Lazio. Nel secondo tempo Piola sbaglia un calcio di rigore.
Spettatori: 12.000.
Allo Stadio Nazionale si disputa la finale di ritorno della Coppa Europa Centrale, dopo il risultato della partita di andata che aveva visto gli ungheresi del Ferencvaros prevalere per 4 a 2. Per conquistare il trofeo, la Lazio deve vincere con almeno tre reti di scarto. Impresa improba, ma non certo impossibile se tra le proprie fila si ha la possibilità di schierare Silvio Piola. E' un confronto dai risvolti storici importanti, contrapponendo squadre esponenti del calcio latino e di quello danubiano, proponendo la sfida tra due stelle di prima grandezza del Calcio europeo. Silvio Piola da una parte, il fortissimo attaccante György Sarosi, autore di tre delle quattro reti dei magiari nella partita di Budapest, dall'altra.
Il campione ungherese ne esce vincitore, la sua squadra, grazie al finale di gara nel quale ribalta l'esito del confronto e disinnesca la rimonta laziale che, in diversi momenti, si era fatta concreta, conquista l'ambito trofeo, mentre Silvio Piola ne esce sconfitto, sia pur con l'onore delle armi. Ad osservarlo il Commissario Unico della Nazionale italiana, Vittorio Pozzo, che ne farà la punta di diamante del gruppo che poco più di un anno dopo, nell'estate del 1938, conquisterà la Coppa del Mondo. E la conquisterà in una splendida finale, allo Stade de Colombes di Parigi, proprio contro l'Ungheria, proprio contro György Sarosi! E grazie ad altre due splendide reti del campionissimo biancoceleste. La partita di Roma, la finale della Coppa Europa Centrale del 1937, è quindi, ma lo si saprà solo dopo, la premessa della successiva finale della Coppa del Mondo, i due protagonisti esattamente gli stessi, 12 goal complessivi (7 Sarosi, 5 Piola) tra le finali europee e mondiali del biennio.
Silvio Piola alzerà la Coppa del Mondo e riscatterà anche la delusione della partita disputata allo Stadio Nazionale in una piovosa giornata di autunno del 1937. La Lazio vivrà una nuova occasione europea, un nuovo appuntamento in finale, solo sessantuno anni dopo, il 6 maggio 1998, e proprio a Parigi! Lì dove Silvio Piola aveva compiuto la sua impresa più grande, un altro fuoriclasse, il brasiliano Ronaldo Luís Nazário de Lima, rimanderà però ancora l'appuntamento biancoceleste con la Storia. Ma solo di dodici mesi, quando Christian Vieri, al Villa Park di Birmingham, rievocando, con la testa insanguinata e fasciata, gestualità, movenze e coraggio di Silvio Piola, condurrà una Lazio piena di stelle alla conquista del suo primo trofeo continentale.
Poteva accadere già sessantadue anni prima, quel 24 ottobre. La finale di Coppa Europa del 1937 è infatti un susseguirsi di emozioni. Le vicende della partita sono altalenanti, i due fuoriclasse sono protagonisti assoluti della contesa, con goal fatti e propiziati, con il loro carisma ed anche con l'errore decisivo che il Calcio, ed è il fascino e la bellezza di questo Gioco, affida anche all'interprete più capace e meritevole. La Lazio si porta avanti con Costa, ma un rigore incomprensibilmente assegnato ai magiari consente a Sarosi di porre, con una doppietta, una apparente ipoteca sul confronto. A quel punto sembra finita, prima ancora che la sfida abbia avuto inizio.
Ma nella Lazio c'è lui. Silvio Piola. Un goal, poi un altro in soli cinque giri di lancetta. E' una furia, la sua azione dirompente al 35' propizia anche il 4 a 2 di Camolese. Manca solo un goal al trionfo, un goal che avrebbe consegnato alla Lazio il trofeo europeo più prestigioso. Ma il Ferencvaros è squadra indomita oltre che talentuosa, oltre a Sarosi fornirà altri elementi all'undici magiaro che sfiderà l'Italia a Parigi nel 1938. Accorcia le distanze e sul 4 a 3 si chiude il primo tempo. Nella ripresa, l'occasione da non perdere. Rigore per la Lazio. Piola dal dischetto per riprendere la battaglia. Ma il portiere Hada lo ipnotizza e respinge il tiro debole e centrale. A quel punto il sogno va a svanire, il morale dei biancocelesti, raccontano le cronache, è colpito dall'imprevisto, la fatica di quella prima ripresa arrembante comincia a lasciare il segno. Gli ungheresi segnano e poi segnano ancora, rimettendo in equilibrio l'appassionante sfida. Chiude Sarosi, con la sua ennesima tripletta, il 4 a 5 finale.
Un fantastico Piola non riesce a gioire per i suoi due goal, tre complessivi tra le due finali. E guarda l'avversario alzare il trofeo internazionale che aveva sognato di regalare alla Lazio. Un anno e mezzo dopo, a Parigi, regalerà ai tanti appassionati e tifosi, da protagonista assoluto, la seconda Coppa del Mondo della storia del calcio azzurro. In una partita leggendaria che, nella testa di Silvio PIola, ha avuto il suo inizio in un amaro e al tempo stesso onorevole pomeriggio di ottobre a Roma, al fischio finale dell'arbitro Wuttrich.
Articolo redatto da LazioWiki.org - F. P.
► Il giorno seguente Il Littoriale titola: "La LAZIO cede di misura per 4 a 5 dopo una partita a grande andatura. Il Ferencvaros ha vinto la Coppa Europa. In vantaggio per 4 a 3 - nonostante un ingiusto rigore - alla fine del primo tempo, la Lazio nella ripresa sbaglia un calcio di rigore a favore e si demoralizza - Gli ospiti, più freschi e omogenei, possono così prevalere".
Il punto cruciale della partita, quello in cui la Lazio ha definitivamente perduto ogni speranza, per due volte balenata e raggiunta, ma solo per brevi istanti, di rinviare ad un terzo incontro la definizione della controversia, si è avuto al quarto d'ora della ripresa. Gli azzurri, a quel momento, conducevano per 4 a 3; col punteggio cioè col quale erano terminati i primi 45 minuti. Sotto la sferza della pioggia insistente, questa prima fase del secondo tempo aveva visto la Lazio minacciare costantemente, attaccare quasi senza interruzione. Eppure, situazioni veramente pericolose, come quelle che - da una parte e dall'altra - avevano fruttato sette palloni nel primo tempo, e altrettanti, forse anche di più avrebbero potuto fruttarne, non se ne erano avute. Su un ennesimo attacco, insidiosissimo questo, della destra laziale, il terzino Koranyi non trovava di meglio da fare che liberare di pugno. Il rigore non poteva essere negato da chicchessia: e tanto meno poteva negarlo il sig. Wuttrich, già dimostratosi in precedenza – vedremo poi quando e come – così proclive alla massima punizione, anche in circostanze nelle quali non sarebbe stato il caso di parlarne. L’arbitro decretava infatti la massima punizione, sordo alle proteste ungheresi, insensibile alle escandescenze eccessive, e che avrebbero meritato l’espulsione, del bollente Toldi.
Tirava Piola, debolmente. Hada, che si era mosso in precedenza, poteva parare col corpo e allontanare il pericolo. Il portiere per regolamento deve stare fermo, sinché il tiro non è partito, sui rigori. C’era dunque di che ripetere la punizione. Ma l’arbitro lasciava correre, né la Lazio, a dire il vero, tutelava – o cercava di tutelare con l’energia che sarebbe stata necessari – i propri diritti. Si ammosciava, perdeva quota. Così il Ferencvaros poteva tornare più sovente all’attacco e non solo pareggiare, ma passare in vantaggio. Il punto del pareggio veniva su un calcio d’angolo, trasformato da Lazer con l’aiuto, fortuito quanto si vuole, ma non perciò meno vero, di un braccio. E segnava poi con Sarosi un altro punto, che non giureremmo sia da classificarsi tra gli imparabili. La demoralizzazione che serpeggiava ormai nei ranghi azzurri aveva, evidentemente, fatto presa anche sul portiere.
Est modus in rebus. Lo spettatore che non guarda pel sottile, e che ama le grosse emozioni e i punteggi astronomici, vi parlerà certamente di grande partita, almeno di superbo primo tempo. In realtà di superbo, tecnicamente parlando, nel primo tempo si è visto solo il gioco di attacco. Nelle linee arretrate, molte prodezze individuali, entrate in tempo, piazzamento accorto, rimandi potenti. Ma nemmeno il simulacro di gioco di squadra. Non poteva essere altrimenti, però: si attaccava da una parte e dall’altra senza economia, senza cautela: mediani e terzini erano assorbiti dall’attacco. Le controffensive, sempre, creavano rischi enormi per i portieri. Come, in queste condizioni, giudicare il valore complessivo di una squadra? Quando si è giocato con maggiore circospezione, nell’ultima mezzora, sono apparse evidenti allora le grandi doti dei giocatori ospiti, e anche il più acceso sostenitore laziale, pur imprecando – e non a torto – alla sfortuna non oserebbe tuttavia sostenere che il Ferencvaros abbia scroccato il successo. Ma, a quel momento, e abbiamo visto perché, la Lazio era demoralizzata.
Unite alla demoralizzazione la stanchezza che già all’inizio della ripresa aveva fatto capolino tra le file azzurre, avrete la giustificazione piena del risultato. Un rigore subito, e secondo noi pienamente ingiusto – a pochi minuti dall’inizio, che riequilibrava le sorti un minuto appena dopo che la Lazio si era portata in vantaggio, se aveva danneggiato gli azzurri nel punteggio, moralmente, invece, lungi dal prostrarli, ne aveva galvanizzato il puntiglio e le energie. Il rigore sbagliato invece (ché in sostanza è stato sbagliato) ha prodotto il collasso. A chi ha cuore e senso di dignità un errore commesso non può non pesare sulla coscienza. I sette punti del primo tempo. Dopo qualche assaggio ungherese, e due tentativi di Toldi da lontano, la Lazio al 4’ perveniva al successo. Piola si liberava di Polgar, avanzava, e prevenendo Tatrai, passava a Camolese. Questi smistava prontamente al compagno Costa, che convergeva al centro. L’ala sinistra, senza un attimo di esitazione, sparava e segnava. Bellissimo punto: ma Hada, ci sembra, avrebbe potuto tentare la parata.
Palla al centro, attacco ungherese sulla destra. Inutile fallo di Monza su Kiss, in area di rigore. Benché la palla sia evidentemente diretta verso il fondo del capo, molto lungi dalla porta, l’arbitro fischia il rigore. Proteste, grida del pubblico. Niente da fare. Tira Sarosi, pareggio. Sono passati 6 minuti. Due minuti dopo, altro attacco ungherese. Centro di Tanczos, rovesciata di testa di Sarosi in rete. Uno a due. Il rigore – si commenta – ha smontato la Lazio, ha rovinato la partita! Non è così. L’offensiva azzurra si scatena più veemente. Un tiro di Marchini è parato a stento da Hada; un fallo su Costa frutta una punizione che (al solito!) danneggia la Lazio anziché favorirla.
Ma il pubblico si placa. Marchini-Busani servono Piola, che impegna Hada; poi al 18’ il portiere magiaro si salva in angolo da una sventola di Busani. Sul tiro dall’angolo, effettuato da Busani stesso, Piola pareggia. Ora tutto è dimenticato. Un salvataggio di Zacconi su Toldi, due parate bellissime di Provera, un tiro alto di Tanczos…
La Lazio torna all’offensiva: su passaggio ben dosato di Marchini, Busani sposta di abilità più che di forza Koranyi; gli toglie la palla, avanza di qualche metro lungo la linea di fondo, centra. Piola, a due passi dalla rete, fa battere la palla fortissimo sotto la traversa. Segna. Tre a due. Risveglio ungherese. Bizze di Toldi che se la prende, per il piazzamento di una palla su un calcio di punizione, violentemente con l’arbitro. Due angoli contro la Lazio, una parata di Hada su tiro di Marchini.
Il quarto punto laziale viene al 36’. Fallo di Polgar su Camolese. Punizione di Milano, ripresa di testa da Camolese, che segna a fil di palo.
Ma non passa un minuto che il Ferencvaros segna ancora una volta. L’autore questa volta è Toldi, ma la rovesciata, e il tiro di Tanczos sono del tutto simili a quelli che hanno permesso a Sarosi di segnare il secondo punto. Gli ospiti vogliono dimostrare, e in verità ci sono riusciti, che se erano passati in vantaggio, dopo il rigore… piovuto dal cielo, non era solo perché la Lazio si era disunita.
Perduta l’occasione del punto al 40’, allorché su “mani” di Magda, una punizione di Marchini sibila a lato, mentre Hada si era buttato in tuffo con evidente ritardo, e perduta poi nel secondo tempo l’occasione del calcio di rigore non realizzato, la partita prese la piega che abbiamo visto. E il secondo tempo, unito alla scioltezza di manovra e alla prontezza di ricupero di mostrata già nei primi quarantacinque minuti, legittima il successo magiaro. Più che per la vittoria della partita, per il trionfo nel torneo, per la conquista della Coppa. Perché? Abbiamo detto e ci insistiamo, che il rigore secondo noi e secondo tutti i presenti ingiustificato, concesso dall’arbitro contro la Lazio, non ha influito dannosamente sul morale della squadra. A voler sottilizzare, si potrebbe avanzare l’ipotesi, se mai, che abbia influito sulla tattica svolta. Inducendo la Lazio ad attaccare così a spron battuto, il Ferencvaros si è trovato alla fine del primo tempo in svantaggio, è vero; ma ha avuto a che fare poi nella ripresa, quando la pioggia aumentava di intensità, di pari passo con la pesantezza del terreno, e la fatica diveniva improba, contro una squadra meno in forze, meno in fiato.
Ma è un’ipotesi, questa. Poteva infatti la Lazio, contro un’avversaria-cannone di quel calibro, dosare le forze, giocare in economia? Che quel tipo di giuoco lì, o la va o la spacca, non sia quello da noi preferito, è un fatto. Che ieri fosse l’unico possibile da tentare, però, è altrettanto vero. Fatto si è che la Lazio si è trovata svantaggiata, nel secondo tempo, come condizioni fisiche: e non avendo saputo approfittare dell’occasione migliore, il “penalty” sbagliato, ha dovuto cedere le armi. Specialmente i pesi leggeri dell’attacco Costa, Busani e Marchini, ottimi nel primo tempo, sono calati nel secondo. Ma una sconfitta di misura contro tanta avversaria, con così numerose e valide attenuanti, e in condizioni di campo e di clima che si sapevano a priori favorevoli agli ungheresi, è stato già molto.
Mancata la possibilità di esaminare il gioco di squadra, e detto già il molto di bene che c’era da dire sui due attacchi, non ci resta che passare alle citazioni all’ordine del giorno. Piola e Camolese per continuità; Piola e Busani per pericolosità e scintillio di gioco, sono stati i migliori degli attaccanti; Milano ha dominato sui compagni della mediana, dei quali ieri Baldo non ha trovato la giornata più propizia; ottimi Zaccone e Monza, da classificarsi sulla stessa linea. A Provera, autore di bellissime parate, nulla da rimproverare per i punti incassati, salvo forse, come abbiamo detto, l’ultimo. Ma non vuol essere una critica questa; perché quando un portiere gioca il più delle volte a tu per tu con gli attaccanti avversari, senza avere aiuto sufficiente dai propri difensori, si fa presto a criticare. Bisognerebbe essere al suo posto!
Degli ospiti. Il numero uno, a parer nostro, spetta a Sarosi; indi Toldi, Tanczos e Koranyi a pari merito. Hada, un po’ malsicuro nel primo tempo, si è poi ottimamente ripreso nel secondo. La Coppa, insomma, che dopo la fine della partita è stata consegnata ai vincitori con semplice cerimonia, al suono degli inni patriottici italiani e magiari, è andata in mani degne. La consegna è stata fatta de S. E. Starace, al quale l’ing. Fischer, vecchio e provato amico dell’Italia, ha con gentile e deferente pensiero ceduto la prerogativa che – come presidente del Comitato della Coppa Europa – gli sarebbe spettata.
L’arbitro e il contorno. Dell’arbitro Wuttrich ci limiteremo a dire che ha avuto una giornataccia. Con senso diplomatico, ha cercato di compensare alcuni errori, e in parte vi è riuscito; ma se con questi errori non ha influito in fondo sull’esattezza del risultato…. non è tutto merito suo! Soprattutto gli rimproveriamo scarsa energia nei riguardi dell’esasperante Toldi. Esasperante, più che cattivo; noioso più che scorretto; perché, a dire il vero, nonostante il clima acceso del gioco, e qualche inevitabile durezza, scorrettezze veramente gravi non si sono dovute riscontrare. Giornataccia, certo, dell’arbitro; perché troppe altre volte, anche in difficili contese internazionali egli ha saputo contentar tutti, per doverlo giudicare solo sulla esibizione di ieri! Il maltempo non ha fatto accorrere allo Stadio la folla dei grandi incontri internazionali: ma l’atmosfera, l’ambiente, era quello! In tribuna d’onore, attorno a S.E. il Ministro Segretario del Partito Starace abbiamo notato le LL. EE. Valle e Host Venturi, l’on. Marinelli, i rappresentanti della Legazione di Ungheria, il Federale dell’Urbe, il Presidente della F.I.G.C. C. Gen. Vaccaro, Vittorio Mussolini, e altre personalità. Erano presenti i membri del Comitato della Coppa Europa ing. Fischer, dott. Pelikan, cav. Coppola, ecc.