Domenica 10 gennaio 1999 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Fiorentina 2-0
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10 gennaio 1999 Campionato di Serie A 1998/99 - XVI giornata
LAZIO: Marchegiani, Negro, Nesta, Mihajlovic, Pancaro, Stankovic, R.Mancini (74' Venturin), Almeyda, Sergio Conceicao (82' Gottardi), Vieri (91' Fernando Couto), Salas. A disp. Ballotta, Iannuzzi, Lombardi, De La Peña. All. Spinosi - DT Eriksson.
FIORENTINA: Toldo, Padalino, Falcone (81' Bettarini), Repka, Torricelli, Oliveira, Cois, Rui Costa, Tarozzi (70' Robbiati), Batistuta, Edmundo. A disp. Mareggini, Firicano, Amor, C.Esposito, Bigica. All. Trapattoni.
Arbitro: Bazzoli (Merano).
Marcatori: 65' Vieri, 90' Mihajlovic.
Note: espulso Padalino (doppia ammonizione) al 44' s.t. Ammoniti: Mihajlovic, Torricelli, S. Conceiçao, Stankovic. Calci d'angolo: 10-1. Recuperi: 2' più 4'.
Spettatori: 55.000 circa.
La stella è Bobo Vieri, eversore d'una Fiorentina che mortifica se stessa fino al castigo. Un bolide alla Chinaglia, prima del raddoppio finale, su punizione di Mihajlovic, che significa Lazio in orbita con il quinto successo consecutivo. Spinta dall'obbligo di rivelarsi credibile, la Lazio forza presto i ritmi e prova a trovare nel possesso-palla il mezzo per accartocciare l'opposizione viola. Non è quello che abitualmente predilige Eriksson, ma gli impulsi coraggiosi sortiscono l'effetto d'azzerare gli orientamenti offensivi del modulo (1-3-4-2) trapattoniano, dove Oliveira, Tarozzi e Torricelli restano nel solco degli scatenati esterni biancocelesti, senza favorire le accensioni dedicate da Rui Costa all'accoppiata Edmundo-Batistuta. Funziona l'assetto laziale nei punti nevralgici: Almeyda prevale su Cois, Mancini ha gli spazi e i rifornimenti per legare i reparti, Stankovic e Conceicao danno rassicuranti punti di riferimento quando Negro e Pancaro piazzano qualche avanzata. Notte umida, mentre la costellazione-Cragnotti sprigiona intensità per sentire profumo di scudetto. Ma protetti dal libero Padalino, sempre puntuale nelle chiusure, Repka e Falcone opprimono l'arrembante Vieri e l'egoista Salas (ferito alla fronte dopo il primo impatto aereo) ancora un po' scollati nei movimenti d'assalto in area. Lì, fra la loro improbabile intesa, evapora il dominio laziale e riemergono i propositi contropiedistici del Trap, costretto dal furore degli avversari a una prestazione troppo abbottonata per sbancare l'Olimpico. Bravo è chi sa trovare rimedi alle contrarietà e i viola scoprono all'intervallo di non avere nemmeno un graffio. Fortuna sfacciata ? Beh, Vieri non stacca mai oltre la testa di Repka e gli riescono giusto inzuccate deboli verso le mani di Toldo, quando finalizza il fatturato dei compagni. Né Salas, ispirato da Mancini, sa sorprendere frontalmente Toldo, così come gli capita quando potrebbe ribadire in rete un guizzo di Negro con staffilata, non trattenuto. La Fiorentina picchia e rema in trincea (soprattutto Padalino e Torricelli) senza lustrare il proprio primato. E' un calcio retrodatato, che salvaguarda comunque la solidità dei settori votati al contenimento, anche se Almeyda in uno slancio punta Toldo costringendolo all'uscita miracolosa. Così calano le forze dei laziali, dopo gli sprechi dinamici vanificati da schemi prevedibili. Certo, Vieri non rapina quel tiro di Conceicao sui guantoni di Toldo; certo, Mihajlovic sfoga l'estro balistico con un corner avvelenato e pasticciato in prossimità del bersaglio; tuttavia il susseguente ribaltamento viola dimostra che le attese del Trap non hanno senso. Vola Oliveira sull'errore in appoggio di Conceicao, brucia l'erba, aggira Mihajlovic e fionda sotto la traversa. Una picchiata paurosa, uno scampato pericolo che torna a responsabilizzare Almeyda, motore della combinazione decisiva. Salas riceve, porta a spasso Falcone e con il tacco serve lo scattante Vieri, venti metri dal bersaglio. Lo sparo mancino, un rasoterra violento che si pianta nell'angolo, squarcia l'angoscia dei 70 mila dell'Olimpico. La Fiorentina catenacciara è servita, le aquile biancocelesti dimezzano il distacco dal vertice e fiutano profumi vicini di scudetto. Diventa tardiva e infruttuosa la reazione viola, che con Robbiati al posto dell'interditore Tarozzi, propone appena un'occasione sprecata da Rui Costa. E Mihajlovic completa l'opera. E' laziale la notte dei diamanti.
Scudetto. La parola magica e maledetta scivola ormai di bocca in bocca, nel clan laziale esaltato al punto di gettare alle ortiche qualsiasi scaramanzia. La pronuncia senza mezzi termini il patron Sergio Cragnotti, entusiasta del doppio regalo consegnato dalla squadra a lui e alla società: Penso proprio che per lo scudetto ci sia tutto. Ci ho sempre creduto, devo crederci soprattutto adesso che ho potuto ammirare una squadra di forza straordinaria: Vieri è un goleador di livello mondiale, Mancini un genio, Nesta il più grande difensore del mondo, Mihajlovic sta rispondendo sul campo a chi non credeva nella sua classe. Ora, proviamo a non perdere a Parma per prolungare il nostro sogno. Parma: la Lazio più bella può permettersi addirittura di guardare già a domenica prossima, spedendo subito in archivio il massacro calcistico della prima della classe. Mancini, una dolorosa distorsione alla caviglia sinistra ma nessuna voglia di alzare le braccia (Problemi per la prossima partita: ma no, mancano ancora sette giorni), fa professione di umiltà (Non ci siamo abbattuti quando giocavamo male, non dobbiamo sentirci troppo forti adesso), ma nessuno ci crede troppo. Per Mihajlovic, quinto centro in campionato, diciassettesimo nell'avventura italiana nei micidiali calci piazzati, può ammettere senza tentennamenti che questa è la squadra più forte del campionato: ora si tratta di continuare a dimostrarlo sul campo, partita dopo partita, come la Lazio ha saputo fare dal derby in poi. E già: cinque vittorie di fila (sei con quella sull'Inter in coppa Italia) dal rocambolesco 3-3 con la Roma in poi. Che cosa è cambiato ? Per Eriksson, soprattutto la forma complessiva del gruppo: Quando sostenevo che le troppe assenze ci penalizzavano evidentemente non sbagliavo. I recuperi di giocatori come Nesta e Vieri ci hanno restituito solidità in difesa e in attacco. Ora si tratta di non perdere continuità: la squadra è finalmente diventata quello che volevo, un collettivo vero, compatto, aggressivo, spietato nelle chiusure e nei rilanci offensivi.
Fonte: Corriere della Sera