Scottoni Franco
Giornalista, nato nel 1928 e deceduto a Roma il 31 gennaio 2006. Tifoso laziale. Cronista prima de l'Unità e poi di La Repubblica. Tra la fine degli anni '60 e la metà degli anni '70, molti articoli de l'Unità sulla Lazio, portano la sua firma.
Dalle pagine de la Repubblica del 1 gennaio 2006
Addio Scottoni giornalista artigiano.
ROMA - Il sigaro pendeva, sornione, da un lato del baffo. Senza inizio né fine, un mozzicone perenne. Un caffè, due caffè, tre caffè, e poi su e giù per i piani del palazzo di giustizia di Roma, il più grande d'Italia. «Il medico mi ha detto che devo fare moto, ma quanno me fermo qua», disse in romanesco un giorno entrando in sala stampa, alla fine del giro in procura. Sembrava affannato ma lo nascose, erano i suoi ultimi mesi a Repubblica prima della pensione, il cuore cominciava ad ammalarsi. Lo ha abbandonato ieri pomeriggio, quando ha smesso di battere. Franco Scottoni se ne è andato a settantotto anni, trentacinque di questi li ha vissuti nei giornali. I funerali si terranno domani mattina nella chiesa della Natività in via Gallia, a Roma. Franco cominciò nel 1966 all'Unità, come cronista di sport. Dieci anni dopo, nei giorni della fondazione, arrivò a Repubblica, quella che allora si batteva sulla macchina da scrivere, veniva corretta col pennarello e composta sui banconi col piombo ancora caldo. Lui la conosceva bene la tipografia. Chiusa la prima edizione, ogni notte si fermava ad aggiornare il suo pezzo, a dare una mano agli altri per la ribattuta. Per il nostro giornale ha seguito i fatti giudiziari più importanti, dai processi sugli anni di piombo al caso Moro, alla strage di Ustica. «Dottò, allora si può scrivere che brancolate nel buio». Mai ossequioso con il potere e romano, romanissimo nell'ironia. Si infiammava se parlava della sua Lazio, palpitava per il figlio Riccardo che, come lui, ha voluto fare il giornalista, gli tremava la voce se pronunciava il nome della figlia Sonia. Aveva un'altra passione, le doppiette. Ma amava gli animali e l'ambiente, per questo alla fine degli anni Sessanta fondò l'Arci-caccia. A Roma Franco Scottoni ha formato generazioni di cronisti giudiziari. E a molti ancora oggi appare irripetibile quel disincanto con cui si avvicinava alle notizie. Poteva apparire cinico, in realtà era un romantico. «è una professione umile - diceva - fatta di privazione. Ci vuole freddezza, distacco, precisione. Non dimenticate, ragazzi». (e.v.)