Maraschi Mario

Da LazioWiki.

Mario Maraschi

Attaccante, nato a Lodi il 28 agosto 1939 deceduto ad Arcugnano (VI) il 3 dicembre 2020.

Inizia la sua carriera nella squadra della sua città, il Fanfulla, all'età di 17 anni in serie D e la squadra, anche grazie ai suoi goal, ottiene subito la promozione in Serie C sotto la presidenza del cavalier Paleari. Nel Campionato 1958/59 viene ceduto alla Pro Vercelli dove rimane per due campionati. Nella squadra piemontese ha come compagni di squadra Pirovano e Ferrante, con i quali diventerà Campione d'Italia con la Fiorentina molti anni dopo, e Landoni che ritroverà nella Lazio. Inizialmente Maraschi, pur segnando diverse reti, non era una vera e propria punta. E' Silvio Piola che, vedendolo giocare, si accorge che tira bene con ambedue i piedi ed è forte anche di testa, tanto da consigliarne il ruolo di punta avanzata. Si mette in luce come attaccante prolifico e generoso tanto da essere segnalato al Milan che lo fa esordire in Serie A il 9 ottobre 1960 nella partita Milan-Bologna (5-1). Nei rossoneri gioca 13 gare segnando 2 reti. Ma quello è un Milan pieno di campioni e il giovane Maraschi viene ceduto alla Lazio in Serie B nel Campionato 1961/62. I tecnici Todeschini, Ricciardi e infine Facchini, che si alternano nella conduzione dei biancocelesti, intravedono le doti dell'attaccante che esordisce il 29 ottobre 1961 in Genoa-Lazio 2-0. Gioca soprattutto all'ala destra, sebbene sia ambidestro, e in questa prima stagione gioca 17 partite segnando 3 reti. L'anno successivo è titolare inamovibile, al posto di Bizzarri, fin dalla Coppa Italia e assomma 27 presenze con 8 reti. Conquistata la promozione in Serie A, il tecnico Lorenzo lo impiega nel Campionato 1963/64 in un ruolo di esterno con compiti anche di copertura e qui Maraschi dà prova di grande duttilità e carattere. Disputa 31 gare segnando 5 reti in un torneo dove la Lazio, pur conquistando un lusinghiero 8° posto finale, stenta particolarmente in attacco. Maraschi disputa un Campionato superlativo, risultando spesso tra i migliori in campo. Su di lui si appuntano le attenzione dello scudettato Bologna che, approfittando anche dello smarrimento societario seguito dall'improvviso passaggio di Lorenzo alla Roma, con opportune lusinghe economiche convince i dirigenti biancocelesti a trasferire il giocatore in Emilia. Con la Lazio colleziona 75 partite e 16 reti in Campionato.

Il trasferimento non è fortunato per Maraschi. Rimane coinvolto nel fallimentare Campionato del Bologna e non ha modo di mettersi in luce nemmeno in Coppa dei Campioni perché i rossoblù sono presto eliminati dal Celtic. A fine stagione passa al Lanerossi Vicenza dove gioca due discreti campionati (1965/66 e 1966/67) segnando complessivamente 13 reti. Quando a settembre 1967 approda alla Fiorentina nessuno avrebbe immaginato che l'attaccante lombardo sarebbe stato uno dei protagonisti. Dopo un inizio incerto, che culmina con l'esonero di Chiappella, il duo Bassi-Ferrero rivoluziona la squadra. Con le geometrie di De Sisti e Merlo e la fantasia di Amarildo, Maraschi gioca ottimamente ed i gigliati arrivano a conquistare un insperato 4° posto grazie anche ai suoi 12 goal. L'anno successivo vede la Fiorentina vincere lo Scudetto e Maraschi inquadra la porta per ben 14 volte (terzo in classifica cannonieri), segnando reti decisive per la vittoria finale. L'anno successivo, per motivi tattici, torna a giocare in appoggio, aprendo spazi soprattutto per Chiarugi che infatti segna ben 12 reti contro le 5 di Maraschi. Ritenuto colpevolmente a fine carriera, i viola lo cedono nel 1970 al Lanerossi Vicenza. Nei due campionati in Veneto segna ben 19 reti. Il Campionato giocato nel Cagliari nel 1972/73 è privo di luci, con sole 13 partite e 3 reti. Passa alla Sampdoria nel 1973/74 e vi rimane per tre campionati, contribuendo con i suoi 7 goal alla salvezza dei blucerchiati nel 1974/75 e segnando, nelle complessive 54 partite, 14 reti. Abbandonata la carriera di calciatore, tentò, senza molto successo, quella di allenatore. Ha guidato il Legnago e il Chiasso. Le sue ultime esperienze in panchina risalgono al 2002 quando allena il Vicenza femminile.

Mario Maraschi, non era alto (m 1,70) ma potente (kg 75), è stato attaccante brillante, intelligente e coraggioso. Dotato di una scelta di tempo perfetta, ha segnato molte reti di testa con parabole forti e precise. Un tiro maligno con ambedue i piedi gli ha permesso di fare molti goal dalla media distanza e soprattutto di sfruttare, in anticipo sui difensori, i cross dei compagni. Sebbene sia ancor oggi esaltato con amore dai tifosi viola, anche nell'umile Lazio degli anni '60 ha lasciato un buon ricordo presso i tifosi che ancor oggi lo accomunano a Morrone come esempio di classe e combattività. Muore ad 81 anni. Scrive di lui il Secolo XIX all'indomani della scomparsa: «Per quanto tempo è per sempre? A volte solo un secondo. Ed è proprio in quel secondo che vogliamo ricordare Mario Maraschi, scomparso oggi nel Vicentino all’età di 81 anni. Vogliamo ricordarlo sospeso in aria, con la Sud alle spalle e un pallone pronto a rimbalzare in fondo al sacco. Un istante che sopravviverà alle stagioni e all’inesorabile scorrere del tempo. La sua splendida rovesciata che ci permise di pareggiare al minuto 89 il derby della Lanterna del marzo ’74 rimarrà infatti nelle memorie – vissute e tramandate – di un’intera tifoseria, quella sampdoriana, che lo accolse non più giovanissimo nel ’73. Nato a Lodi nel 1939, Maraschi era un attaccante esperto e navigato, capace di segnare con tutte le maglie vestite in carriera – Pro Vercelli, Milan, Lazio, Bologna, Fiorentina, Vicenza e Cagliari – e di conquistare lo Scudetto ’68/69 con i viola. In blucerchiato andò in gol 14 volte in 61 partite ufficiali; l’ultima fu il 15 febbraio ’76, una sfida a San Siro contro il Milan in cui si ruppe il tendine d’Achille. Domenica, ironia della sorte proprio contro il Milan, la Sampdoria lo ricorderà commossa tra le mura di Marassi, diverse ma sempre loro: quelle della rovesciata del derby ’74. Alla famiglia le più sentite condoglianze da parte del presidente Massimo Ferrero e di tutta la società»






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