Cremonesi Filippo
Dirigente. Nacque a Roma il 22 aprile 1872, in una agiata famiglia borghese, da Giovanni e da Maddalena Foglietti. Giovanissimo, emigrò nel Sudamerica; stabilitosi in Cile, vi svolse attività commerciali e finanziarie per una decina di anni. Tornato in patria, continuò ad occuparsi del settore economico: fu infatti consigliere di vari istituti di credito e della Camera di commercio di Roma. Entrò ufficialmente in politica nel 1914, quando fu eletto consigliere comunale durante la seconda amministrazione Colonna (1914-1919). L'acquisita esperienza economico-finanziaria gli valse successivamente la carica di assessore per l'Annona, le Tasse, i Beni patrimoniali, la Polizia urbana e le Finanze. Nel 1920 fece parte della giunta Rava e fu a capo della maggioranza del Consiglio comunale nell'amministrazione Valli fino al 26 giugno 1922, quando divenne sindaco di Roma. Convinto assertore di una moderna politica industriale, enunciò al governo, attraverso un memoriale, la necessità della trasformazione economica della capitale. Il suo pensiero sulla questione, espresso più volte e contro il parere di molti, concepiva l'industrializzazione di Roma come una svolta nella vita del paese che, mediante opportuni investimenti, avrebbe portato la capitale da un'economia parassitaria a una reale vita produttiva. Sciolto in seguito a dissensi il Consiglio comunale (2 marzo 1923) dopo poco più di un anno dalla sua costituzione, Roma fu dotata di uno speciale regime amministrativo, di cui Cremonesi fu nominato regio commissario straordinario. Il problema di un ordinamento particolare per la capitale era sostenuto da molti, tanto che G. Preziosi aveva presentato nella riunione del Gran Consiglio del 17 marzo dello stesso anno un disegno di riordinamento amministrativo di Roma, a nome del gruppo di competenza per le pubbliche amministrazioni, che prevedeva l'istituzione di un organo statale con scopi e funzioni municipali. Nei due anni di amministrazione straordinaria della città si dedicò prevalentemente alla situazione finanziaria della capitale. Il programma, come risulta dalla sua relazione, intendeva attuare il pareggio del bilancio, dapprima con la copertura del deficit del 1921 e del 1922, poi con l'eliminazione di quello previsto per il 1923. Con operazioni finanziarie a breve scadenza potenziò i servizi dell'Azienda comunale, riuscendo in gran parte a risanare il bilancio. Sotto la sua amministrazione fu anche completata la rete fognante, migliorata l'illuminazione pubblica, costruito il Poligrafico dello Stato e il sanatorio "Cesare Battisti" della Croce Rossa italiana. Inoltre nel 1924 era stato aperto, a testimonianza dell'espansione urbana in atto, il ponte di ferro di S. Paolo.
Terminato il regime commissariale, il comune di Roma venne trasformato in governatorato il 28 ott. 1925 con r.d.l. 1949. Cremonesi, nel frattempo nominato senatore, fu eletto governatore della città. L'organismo del governatorato portò all'abolizione delle elezioni comunali e alla concentrazione del potere amministrativo e di legislazione municipale nelle mani del governatore, che, insieme ai due vicegovernatori, dipendeva direttamente dal ministro per l'Interno, Benito Mussolini. L'amministrazione civica era così sottratta alla vigilanza dell'autorità governativa provinciale e posta sotto il controllo del ministro per l'Interno. Il governatore, benché coadiuvato da dieci rettori e da una Consulta di ottanta membri, era in fondo l'unico deliberante che poteva prendere tutti i provvedimenti necessari per la gestione finanziaria e patrimoniale.
L'amministrazione capitolina, di cui Cremonesi fu a capo prima come sindaco, successivamente come regio commissario straordinario e quindi come governatore, oltre alle comuni opere edilizie, pose mano all'attuazione del piano fascista di trasformazione di Roma nell'"Urbe", futura capitale dell'impero e memoria della romanità. Nel 1923 venne insediata una commissione, di cui egli fece parte, per lo studio della riforma del piano regolatore del 1909. La ricerca sboccò nella ufficiosa "Variante generale" del 1925-26, che proponeva vari sventramenti cittadini. Sotto la sua amministrazione furono iniziate le prime demolizioni al fine di mettere in luce i ruderi dei mercati Traianei e dei fori. Fu eseguito l'ampliamento di Torre Argentina, l'allargamento del Tritone, e il relativo traforo e l'allargamento di Porta Cavalleggeri.
Rivolta a Cremonesi, durante la nomina a governatore di Roma, fu la frase di Mussolini, che enunciava sinteticamente questo programma: "Fra cinque anni Roma deve apparire meravigliosa a tutte le genti del mondo... farete largo intorno all'Augusteo, al teatro di Marcello, al Campidoglio... Tutto ciò che vi crebbe nei secoli della decadenza deve scomparire". Contemporaneamente l'amministrazione poneva mano alla costruzione delle "borgate", predisposte per gli abitanti delle zone sventrate. La prima fu quella di Acilia, costruita nel 1924 a quindici chilometri da Roma: là furono trasferiti gli abitanti della zona del foro di Cesare e di Traiano.
Nel novembre 1926 - solo un anno dopo la nomina - il C. si dimise in seguito a dissensi nell'ambito del governatorato. L'avvenimento diede adito a molti commenti: ci fu quasi uno scandalo, soffocato sul nascere dal sottosegretario agli Interni G. Suardo, per diretto ordine di Mussolini. I giornali ebbero il divieto assoluto di pubblicare notizie sulla crisi del governatorato, pena il sequestro.
Sembra che dietro i dissensi vi fossero questioni di speculazione finanziaria da parte dei fascisti ex nazionalisti che il C. avrebbe favorito. Diversa versione è nel volume di F. Mancini La Penna dedicato all'opera di A. Mancini, segretario generale del comune di Roma all'epoca dell'amministrazione del Cremonesi. In esso le dimissioni del governatore direttamente si collegano a quel decreto che, un anno prima, ne istituiva la carica. Discutibile da un punto di vista della interna coerenza giuridico-amministrativa, il decreto infatti, pur ponendo il bilancio della città a carico dello Stato, non fissava l'entità degli impegni finanziari di questo, impedendo, così, all'amministrazione, nell'incertezza delle risorse disponibili, di impegnarsi concretamente in quell'opera di trasformazione della città patrocinata da Mussolini. La gravità della crisi si ripercosse sullo stesso ordinamento del governatorato, tanto è vero che con r.d.l. 9 dic. 1926 tutta l'amministrazione venne affidata esclusivamente al governatore, concentrando così nella carica ancora maggiore potere. Due anni più tardi (il 6 dic. 1928)una legge sancirà l'abolizione dei rettori, modificherà la Consulta - presieduta dal governatore e da un solo vicegovernatore - riducendola da ottanta a soli dodici membri. La carriera politica di Cremonesi non subì un arresto per queste vicende, ma si indirizzò prevalentemente a cariche amministrative. Nello stesso anno in cui lasciò il governatorato gli fu assegnata la presidenza dell'Istituto nazionale Luce dove rimase fino al 1928 quando assunse la presidenza della Croce Rossa italiana. Tenace propugnatore della sua fascistizzazione, si batté contro l'apoliticità al fine di creare un organismo inserito appieno nella nazione, e quindi nella sua politica.
Nel 1933 fu conferita a lui la nomina a ministro di Stato. Fu insignito dell'onorificenza di cavaliere dell'Ordine civile di Savoia (di cui fu anche consigliere); fu membro dell'Accademia di S. Luca e accademico dei Virtuosi al Pantheon. Appassionato di belle arti, si interessò anche della conservazione dei monumenti e delle abitazioni nel Lazio e scrisse una memoria a Mussolini sulle esigenza di tutela del patrimonio artistico laziale. Lasciò la presidenza della Croce Rossa italiana alla fine del 1939.
Morì a Roma il 7 maggio 1942.
Tra gli scritti di Cremonesi va ricordato il Memoriale di Roma al governo nazionale, Roma 1923 e, tra quelli d'occasione, L'amministrazione straordinaria del Comune di Roma nel biennio 1923-24. Relazione del Regio Commissario straordinario, Roma 1924 e 1925; La Croce Rossa Italiana nel quadriennio 1928-32, Roma 1932; L'attività della Croce Rossa Italiana nell'Agro pontino, in L'Agro pontino, 18 dic. 1934, pp. 121-125. Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Pres. Consiglio Ministri, 1.6.I.3580 [1925]; 5.6.1. 4444 [1926]; Ibid., Segret. part. del Duce, Ordinario, fasc. 209631; Ministero dell'Interno, Dir. Gen. di P. s., Affari gen. e ris., 1926, b. 75, fasc.: Governatorato di Roma; Illustr. ital., 9 luglio 1922, p. 58; Ibid., 29 apr. 1923, p. 485; P. Scarpa, Sessant'anni di vita romana, Roma 1957, II, pp. 22, 35; A. C. Jemolo, Chiesa e Stato negli ultimi cento anni, Torino 1961, p. 613; A. Aquarone, L'organizz. dello Stato totalit., Torino 1965, pp. 83 s. n.; G. D'Arrigo, Cento anni di Roma capitale, Roma1970, p. 142-147; I. Insolera, Roma moderna, Torino 1971, pp. 114 n., 115, 119, 125, 127, 174; A. Caracciolo, Romacapitale, Roma 1974, p. 299 n.; F. Mazzonis, Confinati politici a Lipari…, in Trimestre, IX (1976), pp. 463-496; Chi è? Dizionario degli Italiani di oggi, Roma 1931, 1936, 1940.
Da http://www.treccani.it/enciclopedia/filippo-cremonesi_(Dizionario-Biografico)/ Cristina Fratelloni
Come dirigente della Lazio operò il tentativo di far permanere Fulvio Bernardini nelle file biancocelesti nel 1926 e impedirne il passaggio all'Internazionale. Nella sua veste politica garantì alla Società biancoceleste il suo appoggio in varie questioni gestionali e di sviluppo come quelle legate al campo della Rondinella e alla costruzione dello Chalet fluviale all'Albero Bello. Proprio per la sua incessante opera a favore della Lazio, nell'Assemblea del 19 giugno 1926 fu eletto per acclamazione Vicepresidente onorario della Società.