Brega Mario
All'anagrafe Florestano Brega. Attore, nato a Roma il 5 marzo 1923, morto a Roma il 23 luglio 1994 per infarto. Tifoso laziale, figlio del podista biancoceleste Primo Brega.
La biografia seguente di Mario Brega è tratta dal sito web www.ecodelcinema.com a cura di Alessandro Romano
Passionale, genuino, verace, rappresentante di una romanità sincera e burbera, portata sulla pellicola con l'abilità dell'attore esperto. Di esperienza Brega ne fece eccome: 48 film dal 1958 al 1991. Esordisce a 35 anni con una piccola parte ne "L'uomo di paglia" (1958) del neorealista Pietro Germi, successivamente ottiene maggiore spazio ne "La Marcia su Roma" (1962) di Dino Risi, dove è il truce camerata Marcacci. La consacrazione arriva grazie al maestro del western Sergio Leone che lo impiega per parti da "burbero e spietato". Sotto lo pseudonimo di Richard Stuyvesant interpreta diversi personaggi tra i quali: Chico in "Per un pugno di dollari" (1964), El Nino in "Per qualche dollaro in più" (1965) e il sergente Wallace ne "Il buono il brutto e il cattivo" (1966). Gli anni 70 non sono per lui un momento particolarmente felice dal punto di vista artistico, recita in ruoli marginali con Steno, Nanni Loy e Luigi Comencini e in alcune pellicole della commedia erotica italiana. A 58 anni Mario Brega vive una nuova giovinezza, grazie al connubio con Carlo Verdone. L'incontro è casuale, come lo stesso Verdone ha raccontato, e avviene a casa di Sergio Leone, dove il giovane regista e il maestro stanno discutendo il soggetto del suo primo film: "Un sacco bello" (1980).
In quel momento entra Brega, che con tutti i colori della romanità, porta all'amico generi alimentari. La vista dell'omone che già conosceva nel contesto western, folgora Verdone, tanto da fargli dire: "Sergio ma questo è Mario Brega, è lui il padre di Ruggero, il figlio dei fiori!". Previsione quanto mai azzeccata, Brega interpreta magistralmente quella parte, regalandoci una delle frasi più celebri del film, quando accusato di simpatizzare il fascismo alza prima il pugno sinistro e poi quello destro urlando: "A me fascio? Io fascio? A Zoccole'... Io non sò communista cossì... Sò communista cossìiii!!!". Lo stesso Verdone ha dichiarato che quella frase non era scritta nel copione, ma è stata una sua improvvisazione che il regista ha lasciato. L'anno dopo, ancora diretto da Verdone in "Bianco, rosso e Verdone", è protagonista di uno sketch esilarante in compagnia di Elena Fabrizi. Questa volta è il camionista: "Er Principe", che dopo aver fatto con estrema delicatezza una puntura, pronuncia la celebre frase: "A giovanò sta mano pò esse fero e pò esse piuma, oggi è stata na piuma". Il coatto Mario Brega piace oggi e piaceva 30 anni fa perché rappresenta il romano schietto, burbero e facile alla collera, così come lo ritroviamo in "Borotalco" (1982), dove è artefice con Verdone, che interpreta il genero, di un dialogo che è un concentrato di comicità, quando prima costringe il futuro marito della figlia ad assaggiare i suoi prodotti migliori, "A Se’ assaggia sto prosciutto è 'n zucchero" e poi gli racconta la pittoresca passeggiata con la figlia a Via Veneto, finita in rissa e con il finale urlato: "…J’HO DETTO ARZATE, ARZATE A CORNUTO…ARZATE!".
Successivamente l'attore è nuovamente diretto da Leone nel capolavoro "C'era una volta in America" (1984), e da Verdone in "Troppo forte" (1986). La sensazione che trasmette Mario Brega è che non ci sia una reale differenza tra l'attore e l'uomo, anzi una quasi perfetta corrispondenza con, ovviamente, qualche piccolo accorgimento registico. Ed è forse stato proprio questo a renderlo un personaggio apprezzato e popolare, difficile da dimenticare.
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