Argento Dario

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Dario Argento

Regista e sceneggiatore cinematografico, simpatizzante della Lazio, nato a Roma il 7 settembre 1940.

L'Italia continua parzialmente a snobbarlo. Eppure i titoli del suoi film echeggiano sempre nelle discussioni sui film d'orrore che maggiormente hanno segnato la sensibilità dello spettatore: il sanguinoso Profondo Rosso, l'ossessivo Il gatto a nove code, Trauma e Tenebre, Inferno e Phenomena, Non ho sonno e l'esordio L'uccello dalle piume di cristallo, i terribili Suspiria e Opera, l'omaggio alla figlia Il fantasma dell'Opera e il curioso Quattro mosche di velluto grigio, il pessimo Il cartaio e lo psicologico La sindrome di Stendhal. Usa sempre la stessa regola aurea: finché funziona, avanti a oltranza. Crea trilogie che si dilatano nel tempo e che arrivano a sorpresa, magari distanti anni luce dal precedente capitolo. Riporta "in vita" e in scena personaggi legati al paranormale e, tanto per alzare la posta, offre il meglio del cinema visionario splatter made in Italy. Aggiunge orrori e dimostra, film per film, come il vero alieno su questa terra sia solo l'uomo con le sue paure a volte irrazionali, a volte no. Scrisse bene chi disse che "forse fra cent'anni nessuno lo ricorderà, ma qualcuno lo sognerà senz'altro". E come si più non avere paura di un volto asimmetrico come il suo? Eppure è figlio di una vera e propria Venere di bellezza... Sua madre era la stupenda modella brasiliana Elda Luxardo che, arrivata in Italia con il fratello Elio, diventò la prima fotografa di moda e di cinema del dopoguerra (suoi sono i primi scatti di Marcello Mastroianni, Gina Lollobrigida, Sophia Loren e Claudia Cardinale). Mentre il padre era il produttore cinematografico per la Unitalia Film Salvatore Argento, ex partigiano di Giustizia e Libertà, perugino di nascita, ma romano d'adozione. Inoltre, il fratello Claudio è un noto e affermato pubblicitario per numerose case di produzione statunitensi. Fu una febbre reumatica a costringerlo a stare a letto per mesi, trasformandolo in un lettore accanito, soprattutto di libri di cinema e gialli. Studente dagli Scolopi al collegio Nazareno, irrequieto e curioso, scappa di casa a 16 anni, durante i primi anni di Liceo Classico, arrivando fino a Parigi, da solo e condannandosi, per un breve periodo della sua vita, allo stile esistenziale del clochard. Quando esplose il '68, sapeva già in che file schierarsi, proclamandosi comunista. Tornato in Italia, si stabilisce a Roma e inizialmente trova lavoro come critico cinematografico (e non) del quotidiano di sinistra PAESE SERA, lavoro che gli permise di conoscere grandi personalità del mondo dello spettacolo, anche internazionali, come i Beatles. Si immerge totalmente nella nouvelle vague e nell'avanguardia francese e giudica capolavori (in avanti coi tempi) i film di John Ford e di Alfred Hitchcock, motivo che lo spinse più di una volta a essere richiamato dal direttore del quotidiano (Fausto Coen), ma anche a essere pubblicato dal francese CAHIERS DU CINEMA. Ed è proprio in quell'ambiente culturale, così artistico, innovativo, e cinematografico che diventa un buon amico di Sergio Leone, Bernardo Bertolucci e Giuseppe Patroni Griffi. Cinecittà lo reclama fortemente e gli offre l'occasione di farsi valere come sceneggiatore. Argento non si tira indietro e firma Scusi, lei è favorevole o contrario? (1967) di Alberto Sordi, gli spaghetti-western Oggi a me… domani a te! (1968) e Cimitero senza croci (1969), il capolavoro di Leone C'era una volta il West (1968) e del drammatico Metti una sera a cena (1969) di Patroni Griffi. Il salto dalla penna all'obiettivo della cinepresa avviene nel 1970, quando dirige Enrico Maria Salerno, Tony Musante e Mario Adorf nel giallo L'uccello dalle piume di cristallo. La pellicole è giù un mito e lui si impone, grazie alla musiche di Morricone e alla fotografia di Storaro, come un autore promettente del cinema italiano. Enorme è il successo del pubblico che porterà il film a essere distribuito in tutto il mondo. È uno dei primi gialli italiani, profondamente e visibilmente segnati dallo stile di regia del maestro Mario Bava, Fritz Lang e, ovviamente, Hitchcock. La critica però si divide e storce il naso di fronte a quell'uso eccessivo di sangue. Una particolarità di Dario Argento è che si fa anche attore. Sue sono infatti le mani di ogni assassino che appare nei suoi film. Prosegue quella che viene definita la "trilogia degli animali" (perché allora per superstizione si diceva che usare il nome di un animale nel titolo del film portasse bene) con Il gatto a nove code (1971) e Quattro mosche di velluto grigio (1971). Sposato a Marisa Casale, divorzierà da questa dopo la nascita della sua prima figlia, l'attrice e stilista Fiore Argento. Stringerà infatti una relazione con l'attrice Daria Nicolodi, con la quale però non si sposerà mai, nemmeno dopo la nascita della sua secondogenita, l'attrice e regista Asia Argento. Forte fu invece l'amicizia con Nanni Balestrini, con il quale scrisse un film piuttosto originale, ma senza un grande seguito di pubblico, lo storico Le cinque giornate (1974), con Adriano Celentano. Poi venne il cult. Profondo rosso (1975) lo riporta sulla strada del thriller contrassegnato da venature horror. Fortissimo il distacco fra musica e silenzio che però si congiungono perfettamente con le immagini. Nasce uno dei film più terrorizzanti della storia del cinema italiano e nasce la leggenda di Dario Argento che nel 1978, è anche produttore di Zombi (1979) dell'amico George A. Romero. Totale fu la sintonia con Alida Valli che venne inserita in uno degli horror più apprezzati in America, Suspiria (1977), e nel suo seguito ideale Inferno (1980). Torna al thriller con Tenebre (1983) e ritorna al genere "collegio stregato" (già usato ne Suspiria) con Phenomena (1985). Opera (1987) fu invece il film tecnicamente più perfetto. La sua vita, considerata allora dissoluta, venne messa sotto i riflettori quando, nel 1985, venne arrestato per possesso di hashish e condannato a tre giorni di carcere nella prigione di Regina Coeli, nella stessa cella con il capo della banda della Magliana, Rosario Nicoletti. Quello stesso anno, cura le produzioni di Lamberto Bava Demoni (1985) e Demoni 2 (1986) che lanciarono l'amica attrice newyorkese Coralina Castaldi-Tassoni sugli schermi italiani. Ma anche una regia a quattro mani con Romero: Due occhi diabolici (1990) con Harvey Keitel. Assieme a Michele Soavi sceneggerà due delle sue opere orrorifiche migliori: La chiesa (1989) e La setta (1991). Per una volta, quando John Landis gli chiederà di interpretare un ruolo nel suo film d'orrore Amore all'ultimo morso (1992), non sarà solo una mano, ma un paramedico. Poi intensificherà il rapporto padre-figlia, che diverrà regista-interprete, con Asia, dalla quale collaborazione nasceranno Trauma (1992), La sindrome di Stendhal (1996) e Il fantasma dell'Opera (1998). Autore del soggetto M.D.C. – Maschera di cera (1997) di Sergio Stivaletti, negli anni Novanta, si assiste però a un triste declino delle sue opere, nonostante si moltiplichino i suoi riconoscimenti, soprattutto d'oltralpe, e sia insignito di cariche importanti come quello di giurato al Festival di Berlino nel 2001. Cerca di ritornare al giallo tradizionale, quello delle origini, con Nonhosonno (2000), dirigendo Max von Sydow, ma manca ancora qualcosa alla perfezione. Ritenta la strada nel 2003, ma fallisce mettendo a segno uno dei suoi film peggiori: Il cartaio. Ci riprova ancora una volta con Ti piace Hitchcock? (2005), che però delude ancora una volta le aspettative. Collabora allora con John Carpenter e l'amico Landis, alla serie Masters of Horror (2005-2006), dei quali filma due episodi "Jenifer" e "Pelts". Poi mette a segno, per la gioia degli appassionati, il terzo capitolo della trilogia delle "Tre Madri" (che si componeva di Suspiria e Inferno): La Terza Madre. Maestro italiano del brivido e della suspense, ottenuta grazie a ciò che lo spettatore si aspetta e ciò di cui il personaggio sulla scena non immagina minimamente (o forse sì?), è stato capace in tutti questi anni di lasciarci, di fronte al piccolo e grande schermo, in quell'odiosa, ansiosa e silenziosa attesa, rafforzandola con il contrasto di temi musicali heavy metal (particolarmente accentuati nei momenti di maggiore violenza), ombre e luci particolari. Signore assoluto del cinema horror nostrano, dà il suo meglio nelle scene in cui fa apparire improvvisamente qualcuno (o qualcosa) che lo spettatore non si attende (o forse sì anche in questo caso?). È sua l'impronta ansiogena e paurosa dietro al nostro respiro esagitato e al battito cardiaco accelerato. Un cinema che è giocato fra consapevolezza e incoscienza, pericolo e salvezza, dove le donne, la psicanalisi, il tema del doppio psicologico, i sogni, ma soprattutto la gloriosa follia umana sono i temi ricorrenti del suo stile.


Questa voce è tratta da Mymovies.