Martedì 2 giugno 1959 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Juventus 1-0

Da LazioWiki.

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2 giugno 1959 - Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1958/59 - XXXIII giornata

LAZIO: Cei, Lo Buono, Eufemi, Carradori, Janich, Prini, Bizzarri, Franzini, Tozzi (Humberto), Pozzan, Fumagalli. All. Bernardini.

JUVENTUS: Vavassori, Corradi, Castano, Emoli, R.Ferrario, U.Colombo, Stacchini, Boniperti, Charles, Sivori, Stivanello. All. Cesarini.

Arbitro: sig. Groppi della Federazione francese.

Marcatori: 37' Corradi (aut).

Note: cielo parzialmente coperto; temperatura elevata. Terreno ottimo. Al 61' Cei ha parato un rigore di Ferrario. Calci d'angolo 4 per parte. Leggero incidente a Charles nel primo tempo.

Spettatori: 30.000 per un incasso di 9 milioni di lire.


Un biglietto invito del match
Una parata di Cei
dal Corriere dello Sport
Cei è stato l'artefice della vittoria laziale. Al 61' ha anche parato un calcio di rigore battuto da Ferrario
Tozzi si è incuneato in area juventina e Corradi, nel tentativo di anticiparlo, segna uno spettacolare autogoal

Il Corriere dello Sport titola: "Positivo e festoso l'arrivederci biancazzurro, Lazio-Juventus 1-0 - Ha deciso Corradi con uno spettacoloso... autogol - I bianconeri hanno attaccato in chiara prevalenza, ma non sono riusciti a superare la solida barriera difensiva avversaria, nella quale ha fatto spicco Cei (che ha neutralizzato anche un "rigore" calciato da Ferrario!".

La “vecchia signora” è sempre la “vecchia signora”. La Juventus, nonostante i suoi acciacchi di fine stagione, nonostante le sue sterilizzate aspirazioni, nonostante il suo momento non proprio sfolgorante, ha avuto il potere, ieri, di interrompere la serie dei “forni” capitolini. Gli spalti dello Stadio Olimpico sono tornati ad ospitare una folla considerevole. Nessun record battuto, sia ben chiaro. Nessun “esaurito” sfiorato. Ma, dati i tempi di declino apprensivo e la giornata non proprio splendida si può e si deve parlare di “eccezione” alla regola dei quattro gatti o dei pubblici estivi distratti e disinteressati. La morale del nostro preambolo non può essere, quindi, che una: date al pubblico una fonte di richiamo, offrite loro una società dal nome illustre, mettete in vetrina alcuni giocatori da spettacolo di grido e potrete ancora registrare incassi robusti. Contro la noia, contro l’indifferenza non esiste che un antidoto: quello della qualità, quello di una “locandina” densa di promesse e lucida di tradizioni.

Né, francamente, possiamo affermare che il quadro di ieri sia stato indegno della sua cornice abbastanza folta e suggestiva. Per un periodo di decadimento, per un periodo che volge al crepuscolo, per il periodo attuale l’incontro Lazio-Juventus può essere definito almeno “discreto”, senz’altro passabile sotto il profilo tecnico-agonistico oltre che orchestrato con acume e tatto dall’arbitro Groppi. Una partita non memorabile, non straordinaria, dimenticabile quanto volete, ma che ha saputo distribuire nei novanta minuti di ostilità alcuni sprazzi ed alcuni squarci di indiscutibile nitore e di notevole risalto individuale. La classe elevata ed il talento inconfondibile di John Charles, di Boniperti, di Sivori ed anche dei Pozzan, dei Corradi, dei Tozzi hanno spesso illuminato la verde e grandiosa scena del Foro Italico. Sia i “solisti” bianconeri che i frombolieri bianco-azzurri, liberi da freni ermetici e da tattiche estremamente distruttive, hanno avuto modo di far brillare le mine del virtuosismo, della fantasia e dell’intelligenza. Sono stati, in qualche caso, dei puri e semplici lampeggiamenti, degli episodi sporadici. Ma sono stati anche dei momenti stupendi per intensità emotiva, per finezza di impostazione, per raffinatezza di esecuzione. Sono stati dei momenti di antologico rimarco. Sono stati momenti che esigono una descrizione minuziosa e, osiamo sperarlo, esatta. Anche perché da essi ha tratto forma e sostanza il punteggio di chiusura. Mano, dunque, al nostro taccuino. Ispiriamoci ai frettolosi appunti di ogni giornata calcistica.

L’incontro non tarda ad assumere una fisionomia equilibrata e spigliata. Attacchi e contrattacchi si susseguono a ritmo abbastanza brioso. Nulla decisivo, però. Le due difese non permettono varchi. Il primo palpito al 15’. Charles si produce in una lunga e poderosa sgroppata; ma Janich è inesorabile e neutralizza con pulitissimo ed efficace recupero. La Lazio replica con repentino puntiglio. Su lancio filtrante di Franzini (16’), Bizzarri può puntare direttamente in gol: il tiro d’epilogo scuote l’esterno della rete. Al 21’ smagliante trama di marca bianconera; quadrangolazione Sivori-Charles-Stivanello-Boniperti; quest’ultimo perde l’attimo propizio per la conclusione; ma il “capitano” non disarma e, pressato da un paio di oppositori, imbecca Stivanello; prontissimo il tiro in corsa; bellissima la replica in volo di Cei che sventa in corner.

La Juventus è sempre più aggressiva e minacciosa. Boniperti detta temi su temi; ma Charles manca di scatto e, per di più, Janich appare in eccellente vena. La Lazio, dal canto suo, è attivissima in “contropiede”, specie con Franzini e Bizzarri. La contesa tende ad infiammarsi. La Lazio al 37’ passa in vantaggio. Il merito è tutto di … Corradi che nella foga di smorzare un guizzo di Tozzi infila di precisione l’angolo sinistro alto, realizzando il più irresistibile ed il più imparabile degli autogol e sfoggiando una stangata da suscitare le invidie dei maggiori cannonieri del campionato.

La Juventus incassa con disinvoltura. La sua offensiva cresce di mordente e di impegno. Al 38’ Charles s’invola sulla destra; il cross susseguente mette fuori causa anche Cei, Sivori può indirizzare, pressoché indisturbato, verso la porta sguarnita; ma il tiro è fiacco e poco convincente; Carradori proprio sulla linea fatale, riesce a rinviare. La Lazio fa blocco nella usa metà campo. La Juventus deve rimanere al palo della sterilità. 1-0, dunque, per la Lazio nella fase ascendente.

Il gioco riprende con una Juventus protesa verso l’obiettivo del pareggio. La Lazio ribatta con ordine e risolutezza. Al 12’ un travolgente duetto Charles-Sivori-Charles pone il gigante gallese nella condizione privilegiata di poter sparare a rete da distanza ravvicinata: il bersaglio è banalmente fallito. Un minuto dopo è ancora Charles a scattare (su invito di Boniperti) all’assalto della cittadella laziale; Cei in uscita riesce a respingere ed a salvare la criticissima situazione. La Juventus insiste. Al 16’ Sivori si fa luce in area laziale; Carradori più d’istinto che di malizia tocca di pugno; rigore: Ferrario è nominato giustiziere; il tiro è abbastanza angolato, ma di ridotta potenza; Cei, con meraviglioso balzo, intuisce e devia in calcio d’angolo, raccogliendo acclamazioni fitte ed entusiastiche.

La Juventus sembra perdere le staffe della calma. Ferrario si esibisce in qualche numero fuori regolamento. La Lazio sfrutta l’occasione psicologica e tenta il colpo del raddoppio; al 22’ Tozzi chiama alla ribalta della realizzazione Bizzarri; fulmineo il “diagonale” dell’estrema destra biancazzurra; altrettanto fulmineo l’intervento in volo di Vavassori. Al 26’ s’invola Fumagalli sulla sinistra, rimettendo, poi, a Tozzi che, evitato Ferrario, piazza in corsa un autentico bolide; fuori di un soffio.

Ma la Juventus è indomabile. Rinnova, adesso i suoi sforzi con ammirevole orgoglio. Charles si prodiga con energica generosità. Invano. La Lazio non cede di un millimetro e può congedarsi dal suo pubblico in maniera positiva e festosa. Fanno testo, in proposito, i molti applausi di fine gara.

La Lazio, in sostanza, ha potuto chiudere la sua stagione casalinga con un’affermazione di innegabile prestigio. La sua condotta non ha mostrato lati mirabolanti, ma è stata senz’altro efficace e accorta. I bianco-azzurri, riconoscendo la supremazia tecnica della Juventus, hanno preferito affidarsi alle armi della velocità e del “contropiede”, mirando a non scoprirsi, ma senza mai rassegnarsi ad una resistenza ad oltranza, senza mai manifestare propositi prettamente distruttivi. Il discorso, di rimbalzo, ci conduce sule orme degli elementi di retrovia. È in questo settore che dobbiamo ricercare i migliori in campo laziale.

La citazione più schietta spetta a Cei, numero uno di maglia e di fatto. Non un errore, non una esitazione nel suo comportamento. Il tutto ingioiellato da due o tre parate magnifiche per tempestività, arditezza e coraggio. Ad alto livello anche Lo Buono, terzino ormai tra i più redditizi ed i più continui della massima categoria.

Sempre meglio anche Eufemi, rinfrancato e fisicamente rigenerato. Janich ha sfoderato un primo tempo da osanna a sipario alzato; nella ripresa, però, ha subito sensibilmente l’influenza della stanchezza. Ottimo, sotto ogni aspetto, Prini come laterale. La sua avvedutezza, la sua esperienza e la sua mobilità non sono state intaccate neppure dalla fatica. Il suo, al contrario, è stato un superbo crescendo. Mutevole l’apporto di Carradori, al quale ha nuociuto una evidente smania di strafare ed una esasperata ricerca di goal a sensazione. Elogi più radi e più raffreddati per i componenti il reparto offensivo.

Tozzi ha tenuto in orgasmo almeno un paio di antagonisti, ma raramente ha potuto portarsi al proscenio dell’acuto. Bizzarri si è “agitato” con commovente fervore, ma anche con la solita superficiale approssimazione di rifornimento. Fumagalli non è andato oltre i confini di qualche balenante iniziativa individuale. Più sostanzioso e più fruttifero il lavoro compiuto da Franzini e Pozzan, due interni che almeno sotto il profilo quantitativo ben poco hanno da rimproverarsi.

La Juventus, a nostro avviso, ha destato impressioni sconcertanti. Sul piano della manovra ha dominato, imbastendo brani su brani, trame su trame, alcune delle quali di pregevole rilievo. Il suo consuntivo (leggi tiri a rete) è stato, tuttavia, avaro di voci attive. Molto fumo, insomma, poco arrosto. Molto orpello, poca praticità. Molti suggerimenti, nessuna concretizzazione. Sfortuna e prodigalità si sono associate nel frenare lo slancio volitivo dei bianconeri, Charles, Sivori e Boniperti (stupendo il suo primo tempo) hanno saputo architettare non pochi passi ammirevoli ed ammirati. Ma con quale profitto? Nel risultato la spiegazione. Modesti, per non dire mediocri, Stacchini e Stivanello, veloci ma anche privi di una genuina personalità. Incostanti Emoli e Colombo, calati alla distanza in modo allarmante. Senza pecche o almeno senza peccati non veniali Vavassori.

In ombra Castano. Bravissimo (persino nell’… autogol) Corradi, la cui valentia è scaduta spesso nel narcisismo. Pugnace, animoso, ma anche un po’ rude il “veterano” ed irriducibile Ferrario. Una Juventus, in definitiva, tutt’altro che agonisticamente dimessa, ma senz’altro delusiva nei tratti culminanti. Sin troppo evoluta ed involuta nell’impostazione, ma ansimante e trafelata nei frangenti decisivi. Una Juventus sciupona, ma anche eccessivamente pretenziosa. Per questo, soprattutto per questo, la sua sconfitta non può dirsi il derivato di una pura e semplice giornata di magra.