Venerdì 27 agosto 1999 - Montecarlo, stadio Louis II - Manchester United-Lazio 0-1

Da LazioWiki.

Stagione

27 agosto 1999 - 2.847 - Supercoppa Europea 1999

MANCHESTER UNITED: Van der Gouw, G.Neville, Stam (56' Curtis), Berg, P.Neville, Beckham (57' Cruyff), Keane, Scholes, Solskjaer, Cole (78' Greening), Sheringham. A disposizione: Wilson, Giggs, Yorke. Allenatore: Ferguson.

LAZIO: Marchegiani, Negro, Nesta, Mihajlovic, Pancaro, Stankovic, Almeyda, Veron, Nedved (66' Simeone), Mancini (84' Lombardo), S. Inzaghi (23' Salas). A disposizione: Ballotta, Favalli, Conceição, Andersson. Allenatore: Eriksson.

Arbitro: Sig. Wojcik (Polonia).

Marcatori: 34' Salas.

Note: ammoniti Veron per comportamento non regolamentare e Scholes per gioco falloso. Recuperi: 2' pt., 3' st. .

Spettatori: 15.000 circa.

La Supercoppa Europea 1999 è biancoceleste
Il biglietto della partita
La formazione biancoceleste
Un'altra foto della formazione biancoceleste
Roberto Mancini offre un assist di testa a Marcelo Salas...
...che, stoppato il pallone di petto, scocca il tiro vincente...
...e la sfera si insacca in rete per il vantaggio biancoceleste
L'esultanza del Matador dopo la marcatura
Un altro fotogramma dell'esultanza del bomber cileno
Juan Sebastian Veron e Pavel Nedved in azione in un momento dell'incontro
Alessandro Nesta in un momento dell'incontro
Un'azione della gara
Il Principe Alberto di Monaco porge la Coppa ad Alessandro Nesta
Capitan Alessandro Nesta bacia la Coppa appena conquistata
Dejan Stankovic, Marcelo Salas e Sinisa Mihajlovic
Un momento dei festeggiamenti in campo
Un'immagine della premiazione
Un abbraccio tra Luca Marchegiani e Juan Sebastian Veron
Juan Sebastian Veron ed Attilio Lombardo
Un momento della premiazione

La Gazzetta dello Sport titola: "Lazio in cima all'Europa. Manchester trafitto da Salas e dominato sul piano del gioco. I campioni d'Europa battuti più nettamente di quanto non dica il punteggio. Al gol di Salas vanno aggiunti un rigore negato e un incredibile errore dello stesso giocatore a porta vuota. Dalla Lazio una prova di grande forza collettiva."

Continua la "rosea": La Lazio in cima all'Europa. E' sua la Supercoppa, è ampiamente meritato il suo trionfo con il Manchester: la squadra più forte del mondo non ha giustificazione alcuna. Ha perso più nettamente di quanto non dica il risultato. Al gol di Salas bisogna aggiungere un rigore chiaramente negato ai laziali, un incredibile errore di mira sempre del cileno e a porta ormai vuota. E poi un dominio costante nel secondo tempo. Ieri sera a Montecarlo si è avuta la conferma che nel calcio conta poco il numero delle punte che si schierano per organizzare una partita vincente. Ferguson è partito con tre e nella ripresa, ad un certo punto, ne ha schierate anche quattro. Eriksson ha risposto con il solo Simone Inzaghi e poi, dopo il suo infortunio, con Salas. Ma tutta la Lazio ha dato dimostrazione di un equilibrio, di un possesso del terreno di gioco, di una sicurezza nell'alimentare i continui contropiedi che il Manchester ne è rimasto annichilito. Sono venuti a mancare i Cole e i Solskjaer, Beckham è stato arginato benissimo da Pancaro e a centrocampo, quando pian piano è salito di tono Veron, gli inglesi si sono visti spezzare in due la formazione, proprio perché troppo infarcita di punte in avanti. Un successo che ha molti padri: da Eriksson, che lo ha progettato a puntino, a Salas, che ritorna rinfrancato da questa trasferta a Montecarlo, da Marchegiani, che ha salvato l'1-0 con una parata prodigiosa, a Nedved e Stankovic che si sono rivelati due stantuffi inesauribili, a tutta la difesa che non ha sbagliato un colpo. Una prova di straordinaria forza collettiva che proietta la squadra biancazzurra nel nostro campionato come la formazione da battere. E' andato via Vieri, ma il complesso sembra ancora più forte e se Boksic tornerà ai suoi antichi livelli sia in campionato sia in Europa la Lazio sarà la squadra faro. Per ora ha aggiunto un altro trofeo alla sua collezione e raccoglie l'eredità in Supercoppa di Milan, Juve e Parma. Una serata speciale anche per il calcio italiano che inizia nel migliore dei modi la stagione.

Il salotto buono del calcio monegasco non riesce neanche a riempirsi nonostante le poltrone siano poco più di ventimila. A tutto c'è un limite. Montecarlo mantiene un regale distacco da certe manifestazioni e da Manchester e Roma non possono mica giungere tifosi come cavallette. Quelli che ci sono comunque pensano bene di farsi subito riconoscere con cori beceri, bombe carta, razzi e tafferugli già fuori dallo stadio. Eriksson preferisce Pancaro a Favalli e non porta Boksic neppure in panchina. Ferguson di fronte alla prudenza dell'avversario schiera tre punte con Yorke che recupera il posto ai danni di Giggs. E' subito arrembante il Manchester che invade l'area laziale. I biancazzurri danno inizio invece alla teoria dei lanci lunghi per attivare subito Inzaghi e il centrocampista che a turno si getta in attacco. Il Manchester cerca di schiacciare indietro la Lazio, ancora avanzando stabilmente Ph. Neville (che ha sostituito l'infortunato Irwin) nella zona di Stankovic, anche perché tre difensori bastano per i due attaccanti avversari, uno dei quali, Mancini, è in posizione di prudente attesa. Dovrebbe far da trampolino di lancio per Nedved. Per un fallo su Almeyda a centrocampo non segnalato dall'arbitro si sviluppa il contropiede del Manchester all'11' con Sheringham. Marchegiani è bravo ad uscire di porta e ad anticipare l'avversario senza toccarlo. Partita vivace ma che ancora non decolla. Al 13' Mihajlovic su una punizione delle sue fa fischiare le orecchie a Van der Gouw. Al 18' mentre Inzaghi prova la durezza dei gomiti di Stam (sembra involontario il colpo al volto dell'attaccante), Mancini per poco non segna con le terga su respinta avventata del portiere inglese. Inzaghi non ce la fa a riprendersi e così al 23' Eriksson è costretto a sostituirlo con Salas. Nel frattempo Beckham su punizione pesca benissimo la testa di Cole che in girata mette i brividi a Marchegiani. Risponde Mihajlovic al 27' con una bordata da trenta metri, il portiere inglese ci mette i pugni. La gara continua a non avere sbocchi. Il Manchester ammassa troppa gente in avanti e fa spesso confusione ammucchiandosi al centro, nella Lazio invece sembra troppo elementare e senza alternative il giochino della palla a Mancini che da sinistra deve tagliare per qualche compagno. Dovrebbe svegliarsi Veron. Ma al 35' arriva proprio così il gol laziale. L'azione è per forza di cose veloce perché Pancaro alza un pallonetto per Mancini che al limite dell'area non può far altro che deviare di testa a Salas al suo fianco, il cileno non ha molto tempo per tirare, appena arriva giù il pallone lo colpisce di sinistro. E' questa rapidità che sorprende i difensori inglesi, anche il portiere Van der Gouw che ci mette le mani ma non riesce a fermare il pallone che finisce in rete. Subito dopo una gran bordata di Nedved fa gridare al gol.

Poi ci pensa Marchegiani al 41' con un intervento prodigioso a respingere un colpo di testa di Scholes raggiunto da Beckham a due passi dalla porta. Al 46' Salas, raggiunto da Veron, stoppa di petto e si presenta davanti a Van der Gouw che lo stende. Rigore grande come una casa ma Wojcik fa il pesce in barile. Insomma i laziali meritano di chiudere il tempo in vantaggio. Mihajlovic riapre le ostilità con un tiro da quaranta metri che Van Der Goum blocca. Al 4' Veron a Salas che di testa smista a Nedved pronto a battere centrale e il portiere inglese devia in angolo. Ma è al 6' che la Lazio manca la più clamorosa occasione da gol: Nedved inventa uno stupendo corridoio per Salas che arriva davanti a Van der Gouw, lo salta e poi a porta vuota riesce a sbagliare. Da non crederci! A questo punto Ferguson opera due cambi davvero sorprendenti. Escono Stam e Beckham e entrano in campo Curtis e Cruijff. I due migliori sostituiti da due rincalzi. Al 20' altro gol gettato al vento dalla Lazio: Pancaro crossa, Salas tocca indietro a Stankovic che a pochi metri dalla porta mette a lato. Al 21' esce Nedved e entra Simeone. Al 31' Mancini sta per regalare un gol sontuoso, ma Van der Gouw riesce a togliergli il pallone dal "sette". Nel frattempo Ferguson opera l'ultimo cambio: fuori Cole al 33' e dentro Greening. A Barcellona gli riuscì il colpo di sorpassare il Bayern con le riserve, ci riprova adesso. Al 39' gloria anche per Lombardo, che sostituisce un Mancini che ha fatto poche cose ma buone. I minuti trascorrono lenti, troppo. Anche i 3' di recupero, ma i miracoli sono come le ciambelle, non riescono sempre con il buco. Stavolta il Manchester non recupera e s'inchina davanti alla Lazio.


Il Corriere della Sera racconta così la gara:

La Lazio si aggiudica la Supercoppa Europea dopo aver dominato i "Red Devils". Questo è il responso di Montecarlo, dopo una gara giocata benissimo dai biancazzurri che hanno meritato la vittoria contro la squadra, forse, più forte del mondo. A Marcelo Salas, il "Matador", è toccato l'onore di mettere il sigillo su questo trofeo, realizzando il gol vincente al 34' del primo tempo, su un assist di testa di Roberto Mancini, quando il cileno era da poco subentrato all'infortunato Simone Inzaghi. E' uno United certamente non stellare come quello che ha dominato nell'ultima stagione vincendo tutto: titolo, coppa nazionale e Champions League. Ma la vittoria biancoceleste non nasce dai demeriti inglesi, ma è riconducibile alla cura, tattica e mentale, con la quale Eriksson e la squadra preparano la gara: uno schieramento prudente con una barriera di centrocampo più folta e a prova di bomba. A Stankovic, Almeyda, Veron e Nedved, Eriksson aggiunge Mancini, largo sulla sinistra e oscillante tra il ceco e Simone Inzaghi. La Lazio in questo modo può ridurre il movimento ossessivo del centrocampo avversario, particolarmente temuto in Keane e Beckham. In più, la posizione "ibrida" di Mancini costringe Gary Neville a non oltrepassare mai il centrocampo, lasciando a secco di rifornimenti sulla fascia destra Beckham.

Il secondo segno è la partenza sorniona del Manchester, immutabile nel collaudato 4-4-2, pur con le eccezioni di Solskjaer esterno di sinistra a centrocampo e Sheringham al fianco di Cole al posto di Yorke, e questo non ha incantato la Lazio, sempre attenta a ogni mossa, sempre guardinga e pronta a rilanciarsi in contropiede. La squadra di Eriksson comincia a crederci sempre di più quando capisce che l'avversario non riesce a cambiare passo, ad ingranare una marcia più alta. Così Almeyda, Veron e Nedved, più degli altri, con il loro fitto palleggio e le veloci triangolazioni in profondità, riescono ad allentare le maglie inglesi e a far guadagnare alla squadra spazio verso Van der Gouw. Nemmeno l'infortunio di Simone Inzaghi, steso da una gomitata in bocca di Stam, turba la squadra di Eriksson. Anzi, l'ingresso di Marcelo Salas risulta provvidenziale. Oltre al gol, infatti, il cileno merita un rigore quando, nel recupero, è messo a terra dal portiere e merita anche il raddoppio in avvio di ripresa. Sempre bassa rimane la qualità delle giocate inglesi e le stesse scelte di Ferguson nel primo quarto d'ora (Curtis e Cruyff per Stam e Beckham) sembrano una firma su una serata da dimenticare. La Lazio potrebbe evitare i patemi finali se Van der Gouw non inventasse parate strabilianti su Nedved al 4' e su Mancini al 31'.

Ma per la Lazio, alla fine, è Supercoppa, il quarto trofeo in un anno e mezzo. Il più prezioso. Non l'ultimo. E subito la tifoseria entusiasta si riversa per le strade di Roma puntando sul centro. Alle 23.20 il traffico di accesso a piazza del Popolo, su via Ferdinando di Savoia, è già bloccato. Dal nulla spuntano banchetti per la vendita di sciarpe, magliette, bombolette che scuotono l'aria con l'urlo lacerante della vittoria. Il corteo, alcune migliaia di festanti, da piazza del Popolo si convoglia in via del Corso, diretto a piazza Venezia. Ma all'altezza di largo Goldoni, o poco più avanti, viene deviato dai vigili urbani verso piazza di Spagna e via del Tritone. Un'imposizione poco gradita che scatena le teste calde: a piazza Barberini alcune vetrine vengono prese a sassate. Raffiche di petardi sommano decibel al lamento delle bombolette. A mezzanotte e mezza piazza del Popolo è ancora bloccata e via del Corso attraversata dai cori di vittoria.


Il sito web "Uefa.com" commenta così la gara:

Salas affonda il Manchester. L'S.S. Lazio, ultima vincitrice della Coppa delle Coppe UEFA a giocare la Supercoppa UEFA, saluta la competizione con una bella vittoria contro il Manchester United FC campione d'Europa. I biancocelesti, secondi classificati in Serie A, avevano superato l'RCD Mallorca per 2-1 nella finale di Coppa delle Coppe UEFA al Villa Park di Birmingham. A Montecarlo, il nazionale cileno Marcelo Salas entra al posto di Simone Inzaghi, infortunatosi dopo un brutto scontro con Jaap Stam nel primo tempo, e sigla subito il gol decisivo a 10 dall'intervallo. A maggio, il Manchester aveva entusiasmato l'Europa con la drammatica vittoria contro l'FC Bayern München nella finale di UEFA Champions League a Barcellona. Tuttavia, allo stadio Louis II non riesce a ripetersi. L'opportunità migliore arriva sullo 0-0 con un servizio di Andy Cole per Teddy Sheringham, ma Luca Marchegiani esce provvidenzialmente di piede. Nel secondo tempo, Roberto Mancini sfiora il raddoppio dopo aver intercettato un rinvio di Raimond Van der Gouw, ma poi l'incontro si conclude senza ulteriori emozioni e la Lazio esce vittoriosa.


Dal Messaggero:

Sul trono più alto d'Europa c'è da ieri sera una Lazio squillante. Battuto il Manchester, sissignore. Sconfitti i maestri, antichi e nuovissimi, grondanti di medaglie sulla mitica maglia rossa. Superati di slancio con armi tattiche prima, poi con squarci di purissima tecnica, tutt'altro che la difesa e il semplice contropiede che era lecito attendersi da una squadra attualmente meno rodata. E' una supercoppa che travolge tabù in serie: mai i biancocelesti l'avevano fatta franca in Europa contro una squadra britannica, mai del resto erano arrivati fin qui, dove hanno vendicato le recenti ferite di Inter e Juventus, eliminate, va detto, da un Manchester assai più pimpante e determinato di quello visto all'opera nel salotto buono del Principato e stranamente privo sia di Giggs che di Yorke. Alla fine conta il gol di Salas, partito dalla panchina. Ma contano, eccome, le parate di Marchegiani, la solidità difensiva, il centrocampo a cinque scelto da Eriksson, la dedizione assidua di un gruppo più che mai teso ad entrare nella storia. Lazio squillante, si diceva. Ma cambiate pure gli aggettivi che volete: matura o brillante, grintosa o spietata. Padrona del gioco per lunghi tratti in uno stadio tutto vestito di bianco e celeste, con larghi vuoti in campo inglese: anche gli hooligans ormai fanno gli snob. E festa grande soprattutto per Mancini a cui mancava in collezione questo trofeo, perso contro il Milan di Sacchi quando era alla Sampdoria. Per tutti un biglietto da visita niente male in vista del campionato e della Champions League che vanno a incominciare. Nottata indimenticabile, capirete. Quarta finale vinta sulle cinque finora disputate tutte d'un fiato.

E' stata subito abile la Lazio a sfruttare l'assetto tattico forse un po' troppo supponente di Ferguson: Manchester imbottito d'attaccanti, addirittura quattro in linea ad aspettare i rilanci dei difensori. Non che gli inglesi non sappiano il fatto loro in fase di palleggio, ma quando, superata l'iniziale emozione, Almeyda e Nedved hanno cominciato a pressare, i rifornimenti sono improvvisamente mancati, come se i campionissimi si fossero imballati di colpo. La verità è che i biancocelesti dalla nuova maglia fiammante, pur soffrendo i cross dalle fasce, hanno chiuso, grazie alla superiorità numerica, la strada ai centrali Keane e Scholes, che il tecnico scozzese aveva gravato di un peso tattico non indifferente. Più facile così per la Lazio liberare a turno Veron e Mancini, lanciare Nedved negli spazi, arrivare in area addirittura con l'uno-due. Eriksson non ha cambiato l'assetto quando Inzaghino, dopo venti minuti volenterosi, è dovuto uscire con la maglia coperta di sangue per una scarpata al volto in corsa di Stam, scoordinata più che malefica: stessa sorte toccata al fratello Pippo, sempre contro gli inglesi. Dentro Salas, dunque. Destinato a realizzare il gol del meritato vantaggio, dopo occasioni in serie numericamente favorevoli ai laziali: intelligente il lancio di Pancaro, geniale l'assist aereo di Mancini a smarcare il sinistro del Matador, scattato a puntino in mezzo all'area, con Van der Gouw tradito dal riflesso.

Straordinario, a proposito di riflessi, quello di Marchegiani, poco più tardi, su ravvicinato inserimento volante del piccolo Scholes, cui Beckham aveva riservato il meglio del repertorio balistico. Né va dimenticata una precedente scelta di tempo in uscita del portierone marchigiano sul volpone Sheringham, fiammate diaboliche in campo bianco e celeste, visto che più vicini al bersaglio erano arrivati Stankovic, Nedved e Mihajlovic su punizione. E ancor più con Salas a cavallo fra i due tempi: due volte il cileno si è presentato solitario davanti a Van der Gouw, finendo prima arpionato per un probabilissimo rigore, poi incredulo lui stesso per il sinistro appoggiato malamente fuori a portiere elegantemente superato. Da applausi i due assist, firmati Veron e Nedved. Con questo Manchester stralunato, proteso un po' goffamente in avanti (Cole chi l'ha visto, stretto nella morsa Nesta-Mihajlovic?), alla Lazio si è spalancato il contropiede più agevole, tanto che Ferguson ha provato a sveltire la difesa accentrando Gary Neville e sostituendo lo svagato olandese Stam con Curtis.

Fuori anche Beckham per Jordi Cruyff, figlio d'arte liberato dalla naftalina. E Simeone in campo per Nedved, caduto male su una spalla. Troppi, però, gli errori sotto porta: Stankovic ha sprecato al lato una proposta di Pancaro infiocchettata da Salas. Lombardo ha partecipato alla festa al posto di Mancini. La Lazio non ha mai rischiato, Veron è stato eletto miglior giocatore del match. E la coppa che fa il giro d'onore fra le mani di capitan Nesta è bellissima. Super.


Sempre dal quotidiano romano:

Il primo bacio è per Nancy, ancora in campo, mentre la squadra scorrazza sul tartan, palleggiandosi la coppa. Eriksson sprizza la felicità con quel sorriso largo. E ora che potrebbe accelerare, frena modesto: «Sono contentissimo, certo. Un'altra coppa, cominciano ad essere tante in due stagioni: vedremo se riusciremo ad ottenere qualcosa di più quest'anno. ma il buon auspicio è evidente. Piano piano la Lazio cresce, per me è una grande realtà». «Però - aggiunge subito - se non pensiamo da subito a prepararci per lunedì, va a finire che il Cagliari...». Va bene, Sven. Ma così aver battuto il Manchester sembra essere stata una formalità: «In realtà abbiamo fatto una gran partita, tutti. Non mi aspettavo che Salas entrasse a freddo e giocasse così, corresse fino in fondo. Veron, Nedved, Almeyda sono stati decisivi a centrocampo, dandoci la superiorità numerica e atletica. Abbiamo chiuso i terzini, limitato i cross di Beckham, tatticamente una prova maiuscola. Un assetto già provato in Spagna».

Eccola, la sua vittoria. Nessuno può togliergliela. Ha rischiato pure spedendo Boksic in tribuna: «E' stata una mia scelta. Lo voglio pronto per lunedì e lui mi è parso d'accordo». Alen si è defilato al momento della festa, forse questa coppa appartiene per lui alla vecchia stagione. Ora inizia la nuova. Come per Ferguson, il grande sconfitto. «La Lazio ha meritato di vincere, ha giocato meglio specie negli ultimi venti minuti del primo tempo. Noi abbiamo giocato troppo in questi ultimi tempi, ma non è vero che ci siamo tirati indietro. Giggs e Yorke non ce la facevano e l'uscita di Beckham e Stam ci ha tolto le residue possibilità di rimonta. Ci rifaremo in Champions League». Già, lo dice anche Eriksson che il Manchester era stanco. Ma in realtà i colleghi inglesi stanno scrivendo che l'orgoglioso tecnico del Manchester stavolta ha sbagliato tutto. E Sven neanche un dettaglio. E' la verità.


Seconda coppa in tre mesi. Il giro di campo con il trofeo alle stelle manda la gente laziale in delirio. Roberto Mancini è felice ma allo stesso tempo non lesina battute. «Abbiamo vinto un'altra coppa importante e non un porta ombrelli come sento spesso dire in giro.... Sono vent'anni che sento discorsi anche sulle scelte che mi coinvolgono, eppure sono qui. Gli altri parlano, io vinco. Non mi stancherò mai di giocare se otteniamo questi risultati. Godiamoci questa serata senza esaltarci troppo». Juan Sebastian Veron ritira il premio di miglior giocatore della finale e lancia la Lazio verso nuovi orizzonti europei. «E' la coppa che ci aprirà le strade per la Champions League. E' stata una bellissima gara nella quale abbiamo creduto sin dall'inizio solo noi e la gente laziale. Il Manchester era favorito eppure noi li abbiamo battuti con una partita magistrale. Abbiamo usato la testa perché una finale si gioca solo ragionando». Marcelo Salas, eroe della serata, esce sfinito dopo aver segnato la rete che ha regalato alla Lazio la Supercoppa Europea. «Il gol è stata una gioia immensa ma su di me c'era un rigore netto che poteva farci segnare ancora».

Alessandro Nesta, capitano con la coppa tra le mani, è la faccia della felicità. «E' un'altra notte magica». Stesso discorso per Simeone appena arrivato e sempre vincente. «Stupendo arrivare in una squadra con questa voglia di vincere». Simone Inzaghi è uscito per una botta al naso. «Credo di essermi rotto un osso, adesso aspetto solo gli accertamenti visto che mi da fastidio quando respiro». Oltre all'attaccante in dubbio per domenica anche Nedved che ha accusato una brutta botta alla clavicola. Scelta personale, invece, quella di Boksic di rimanere per precauzione fuori per giocare lunedì. Agosto a Montecarlo. Gioca la Lazio e per la gente biancoceleste è una festa che comincia con largo anticipo. Al Casino, sul lungomare, una foto con Roger Moore o vicino ad una Rolls Roce decapottabile. Persino una settimana su uno yacht di quindici metri, il Victoria (nome beneaugurante) ormeggiato al porto tra barche da sogno, affittato da un gruppo di tifosi biancoceleste di Monteverde battente bandiera "Irriducibili". La giornata che precede la gara è intensissima, unico grande incubo il biglietto. Poco più di seimila sono i tifosi muniti del preziosissimo biglietto. Dalle prime ore della mattina portieri d'albergo compiacenti e bagarini distribuivano pochissimi tagliandi a prezzi folli che superavano il mezzo milione. Centinaia di persone sono rimaste fuori con moltissimi che si sono dovuti arrangiare nei pub. C'è chi ha perso la pazienza e ha provato a sfondare i cancelli, tre i fermati, con un poliziotto è finito in ospedale, e chi, come la curva, ha proseguito la contestazione.


Dalla Gazzetta dello Sport altri articoli:

Sven Goran Eriksson, intervistato a fine gara, guarda già ai prossimi obiettivi: "Loro forse erano più stanchi, avevano giocato già tante partite. Ma questo nulla toglie ai nostri meriti. Ora dobbiamo continuare a vincere, speriamo che questo non sia l'unico titolo dell'anno, fra scudetto e Champions League: ormai la Lazio è una grande squadra, tenteremo di vincere dappertutto."

Il Presidente Sergio Cragnotti replica: "Siamo stati fantastici e ora siamo tra i più forti d'Europa. E' stata una vittoria strepitosa per la nostra immagine nel mondo. Questa è una squadra che non tradisce mai nelle occasioni importanti. Nesta dovrà abituarsi ad alzare altre coppe."

"Prova generale per lo scudetto e per la coppa dei Campioni". Sergio Cragnotti conia lo slogan a partita appena finita e non nasconde la sua gioia: "Siamo pronti a competere ai massimi livelli" dice il presidente biancazzurro. E il suo primo pensiero è lo scudetto: "Lo abbiamo perso forse per scarsa concentrazione, vogliamo rifarci. Qualcuno non ci riteneva capaci di battere il Manchester e invece con questi due trofei in tre mesi abbiamo dimostrato di saper lottare e soffrire nelle partite che contano. Nesta si dovrà abituare a sollevare coppe". Raggiante anche Sven Goran Eriksson: "Una bella partita, vinta con merito dopo tante occasioni". E ora, dopo 4 coppe, come la mettiamo con la vecchia storia dell'Eriksson perdente? Lui ci sorride su: "Io spero solo che le vittorie non finiscano qui. Siamo una grande squadra che vuol provare a vincere tutto". Particolarmente commosso Roberto Mancini, che ha una lunga serie di dediche: "Ai tifosi che sono venuti fin qui, al presidente, ai miei figli Filippo, Andrea e Camilla, a mia moglie Federica. Lo scudetto? Intanto godiamoci queste vittorie: è così che nasce una grande squadra. Qualcuno non mi voleva titolare? Sono vent'anni che parlano ma i fatti sono questi. Ogni partita mi toglie qualche anno, ma mi pare che alla squadra faccia bene".


Tre finali e due coppe in un anno. Così la Lazio è tra le grandi d'Europa. Dopo la sconfitta in coppa Uefa contro l'Inter nel '98, il grande ciclo dei romani è iniziato tre mesi fa con la coppa delle Coppe. Una vita lunga quasi un secolo che ha trovato uno sbocco internazionale soltanto alla fine dei propri 100 anni. La Lazio è stata fondata il 9 gennaio del 1900 e dunque fra poco più di quattro mesi festeggerà il suo primo secolo. Un secolo che assume prestigio proprio grazie all'ingresso in pianta stabile della squadra di Eriksson fra le grandi d'Europa: tre finali, e due coppe vinte, in poco più di un anno. Si', perché il salto di qualità avviene proprio con l'arrivo dello svedese. Basta dire che fino al '97 il miglior risultato in Europa è un quarto di finale Uefa, raggiunto nel '95 dalla Lazio di Zeman e perso contro il Borussia Dortmund proprio allo scadere.

Nelle ultime due stagioni invece il cammino continentale della Lazio è quasi una marcia trionfale. Dove il quasi sta per la finale Uefa del 6 maggio '98 a Parigi, malamente persa 3-0 contro l'Inter. Già perché, se chiudiamo quell'amara parentesi, la Lazio di Eriksson vanta un cammino eccezionale fatto di 7 vittorie e 3 pareggi nella stagione '97-'98 in Uefa, più 4 vittorie e 5 pareggi nella passata annata in coppa delle Coppe. Insomma, una sola sconfitta su 20 match, prima della grande sfida di ieri sera con il Manchester United, che non può vantare un simile score. E, che la Lazio ormai sia stabilmente ai vertici europei, lo dimostrano proprio le tre finali internazionali giocate in poco più di un anno solare: fra il maggio '98 e l'agosto '99. La prima, cui accennavamo sopra, e' quella di Parigi, persa 3-0 anche perché la Lazio arrivò all'appuntamento con parecchi infortunati.

Un peccato perché il cammino europeo di quella squadra era stato praticamente perfetto. E per testimoniarlo basta dire che Marchegiani subì il suo primo gol solo ad Auxerre, nel ritorno dei quarti di finale in marzo, vista che l'unica altra rete era stata subita da Ballotta nel formale ritorno contro il Vitoria Guimaraes, già battuto 4-0 in Portogallo in quella che resta la vittoria più larga ottenuta a livello internazionale dal club biancoceleste. Tre gol subiti in 10 gare, 3 gol subiti tutti in finale e addio sogni di gloria. Ma che i progetti di Cragnotti avessero un fondamento si capisce l'anno successivo con una Lazio che in coppa delle Coppe sa far valere la propria esperienza e il tasso tecnico con avversari agguerriti come Losanna, Partizan e Lokomotiv Mosca. Stavolta la finale di Birmingham, il 19 maggio scorso, regala alla Lazio una di quelle notti indimenticabili.

Contro il Maiorca, proprio nella settimana in cui la Lazio ha perso la vetta della classifica dopo oltre tre mesi di dominio, la situazione psicologica per la squadra di Eriksson non è ideale. In quei quattro giorni fra il 19 ed il 23 maggio, la squadra può vincere tutto (coppa e scudetto) ma anche rischiare di perdere ogni cosa e concludere a mani vuote una stagione che è stata esaltante per lunghissimi tratti. L'avversario, tra l'altro, è in buona forma, fra i primi nel campionato spagnolo, con un esperto tecnico argentino, Cuper, bravo a schierare la squadra delle Baleari. Sembra mettersi subito bene per la Lazio, con Vieri che segna un portentoso gol di testa dal limite dell'area, complice anche l'incerto portiere Roa, su lungo lancio di Pancaro. Ma la velocità e i raddoppi sulle fasce del Maiorca portano in breve al pari gli spagnoli con Dani, bravo a farsi trovare pronto sul cross basso dalla sinistra. Partita che diventa tattica con il Maiorca più intraprendente, ma è la Lazio sempre più pericolosa. E, quando ormai mancano 10' alla fine, è Nedved a trovare il colpo risolutivo, da campione, con un gran tiro a volo di destro. I 10 mila e passa laziali che hanno attraversato la Manica possono esultare: la Lazio entra stabilmente fra le grandi d'Europa, è l'unica ad aver disputato due finali consecutive nelle ultime stagioni. E dopo la pagina vittoriosa scritta ieri sera a Montecarlo il cammino prosegue in Champions League, dove la società biancoceleste è debuttante ma rientra nel novero delle favorite. Buona Europa, Lazio.







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