Mercoledì 11 febbraio 2004 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Milan 4-0

Da LazioWiki.

Stagione

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11 febbraio 2004 - 3086 - Coppa Italia 2003/04 - Semifinale, gara di ritorno

LAZIO: Sereni, Oddo, Stam, Mihajlovic (72' Muzzi), Favalli, Fiore, Albertini (62' Zauri), Liverani, Cesar, Corradi (71' S.Inzaghi), Lopez. A disposizione: Peruzzi, Colonnese, Gottardi. Allenatore: Mancini.

MILAN: Abbiati, Simic, Laursen, Costacurta, Kaladze, Brocchi, Redondo, Serginho, Rui Costa (46' Seedorf), Shevchenko (46' F.Inzaghi), Borriello (68' Gattuso). A disposizione: Fiori, Nesta, Cafu, Kakà. Allenatore: Ancelotti.

Arbitro: Sig. Collina (Viareggio).

Marcatori: 11' Cesar, 15' Liverani, 35' Fiore, 41' Fiore.

Note: espulso Brocchi al 58' per offese all'arbitro. Ammoniti: Costacurta per comportamento non regolamentare e Mihajlovic per gioco scorretto. Calci d'angolo: 4 - 7. Nessun recupero effettuato dall'arbitro.

Spettatori: paganti 45.899 per un incasso di euro 613.520,00.


Il biglietto della partita
Claudio Lopez e Costacurta in azione
Stefano Fiore: per il centrocampista calabrese una doppietta
Brocchi lascia il campo dopo l'espulsione
Esultanza biancoceleste
Corrsport del giorno dopo
Il goal di Cesar che sblocca l'incontro
Il goal di Fiore del 4 - 0
Liverani festeggia dopo il suo goal

La Gazzetta dello Sport titola: "La Lazio fa poker. Il Milan fa pena. Bastano 45': Cesar apre, Liverani e Fiore chiudono. Mancini ancora in finale, rossoneri mai in partita".

Continua la "rosea": L'Olimpico ha instaurato la "legge del 4". Roma o Lazio non fa differenza. Solo che i giallorossi ci hanno messo due tempi per applicarla alla Juventus; alla Lazio contro il Milan son bastati appena 41' e a questo punto nessuno tra Albertini e compagni se l'è sentita di sussurrare ad un avversario di prendere e andare a casa, anche perché bisognava comunque disputare il più inutile avvilente (per i rossoneri) secondo tempo. Non sappiamo con quanta convinzione il Milan si fosse presentato a Roma per tentare di recuperare una qualificazione alla finale di coppa Italia già largamente compromessa a San Siro. Ancelotti ha ripresentato ugualmente la squadra bis, con la sola presenza del titolarissimo Shevchenko al quale nei piani della vigilia doveva affiancarsi Pippo Inzaghi. E questa era l'unica concessione alla ferrea disposizione di non distrarre forze utili al campionato. Invece all'ultimo momento Superpippo si è seduto in panchina, al suo posto ha giocato Borriello e Sheva al 5' ha dato sfogo al suo desiderio (e a quello dei compagni) di rivalsa con una bordata dal limite che il portiere Sereni ha deviato in angolo con un certo affanno. Tutta qui la "partecipazione" del Milan alla semifinale di ritorno di coppa Italia. Dopo ci ha pensato la Lazio: due gol alle spalle di Abbiati in 15' e il discorso qualificazione era chiuso. Milan di sasso, di stucco, di sale: scegliete voi. E visto che ci aveva preso gusto, la Lazio si è premunita di piazzare altri due palloni nella rete avversaria, questa volta con la gentile collaborazione di tutta la difesa rossonera.

I primi due invece sono stati autentici capolavori di intuito e tecnica individuali oltre che di straordinaria coralità di manovra. Più semplice, essenziale e irresistibile l'1-0 all'11', con Liverani che fingeva la battuta e poi faceva filtrare un pallone centrale rasoterra che ipnotizzava il danese Laursen, ma sul quale si gettava Cesar per anticipare in piena corsa Abbiati in uscita. Il secondo è da cineteca: Fiore, qualche metro prima della linea di centrocampo sulla destra, raggiungeva con un lancio di circa 50 metri Cesar sull'angolo sinistro dell'attacco, corsa velocissima verso il fondo del brasiliano che vedeva Liverani sul limite dell'area e lo serviva con un passaggio all'indietro da manuale del calcio; il centrocampista fintava la bordata e poi invece piazzava di precisione rasoterra vicino al primo palo, mandando in bambola Abbiati. Un 2-0 ineccepibile per una Lazio bellissima, che giocava un calcio di qualità e velocità, due requisiti che non sempre si combinano bene. Ma ieri sera c'era tanta qualità di giocatori in campo. Assenti Dabo e Giannichedda, Mancini ha rinunciato anche all'idea di piazzare Zauri a centrocampo e allora lo schieramento era il 4-3-3 di ultima matrice con un centrocampo che poteva apparire da brividi: Fiore, Albertini e Liverani. Invece sono stati proprio i tre che hanno messo in ginocchio il reparto avversario creando gioco e azioni su azioni sempre con il timbro della classe e dell'inventiva. Albertini dominava nella fase di rilancio con una regia di consueta personalità, ma stupefacente dinamismo, Liverani rifiniva da grande cesellatore e Fiore partecipava e concludeva da uomo gol ritrovato in un momento di forma magica.

A questi si aggiungevano con giusti dosaggi e bella intesa le due frecce Cesar] e Lopez e il potentissimo Corradi. Gli altri due gol venivano per inerzia contro un Milan senza speranza e quindi senza anima e con una difesa totalmente allo sbando: come al 35' quando Favalli crossava da sinistra, Corradi indisturbato sul dischetto del rigore appoggiava di petto a Fiore che infilava un Abbiati non impeccabile. E come al 41' quando Oddo crossava dalla destra, Costacurta non intercettava e sempre Fiore di controbalzo puniva ancora Abbiati. La qualificazione è stata sin troppo facile per una Lazio che è ritornata agli antichi splendori. Per la verità il più era stato fatto a San Siro, ieri sera si è dilatato ancor più il distacco tra la migliore Lazio possibile e un Milan comunque fatto di seconde scelte, sia pur di ottimo nome. E contro la squadra di Mancini vista ieri sera non sappiamo quali e quante squadre potrebbero competere, non certo i Costacurta e compagni di questa coppa Italia. La ripresa non ha avuto logicamente storia se non per lo spiacevole episodio di maleducazione di Brocchi che ha mandato a quel paese l'arbitro Collina con una frase offensiva. Il tutto per un banale fallo e a qualificazione totalmente compromessa. Era saltato tutto al Milan dell'Olimpico, anche il fair play. Si può consolare Ancelotti solo con la considerazione che saranno risparmiate ai suoi due finali di coppa, così come alla Roma. Ultima considerazione la presenza contemporanea in campo dei fratelli Pippo e Simone Inzaghi. Il rossonero impossibilitato a cambiare una situazione nettamente compromessa dai compagni, il biancazzurro superfluo in una squadra che aveva già dilagato. Lodevolmente ci hanno messo ugualmente un minimo d'impegno.