Mengarini Valerio

Da LazioWiki.

Valerio Mengarini
Valerio Mengarini, salito su un albero, in un momento felice
Valerio Mengarini ala sinistra della Lazio in una vittoriosa partita del dicembre 1912

Podista, nato a Roma il 20 luglio 1894 da Arnaldo e Anna Flamini. Deceduto a Salcano-Sella (Slovenia) il 27 agosto 1917.

Da "Il Messaggero" del 7 settembre 1917

Atleta podista di mezzo fondo della S.P. Lazio e tesserato nella Sezione podistica nel 1911 nonché, sporadicamente, calciatore della stessa società, fu studente del liceo Tasso. Atleta completo, si dedicò anche al lancio del disco. Fu anche valente nuotatore del C.C. Aniene. Partito volontario militare per la Prima Guerra Mondiale e arruolato nei reparti di artiglieria campale, cadde in combattimento dopo 26 mesi di permanenza al fronte. Decorato al V.M con questa motivazione: "Mortalmente colpito da una bomba a mano, incurante di sé, incitava i compagni a proseguire l'opera e spirava col nome della madre sulle labbra". Era allievo studente di Ingegneria e, giovanissimo, aveva raggiunto il grado di Tenente del Genio. Fino ad alcuni anni orsono un campo di calcio situato sotto il viadotto di Via Lanciani era a lui intitolato.

Nell'ambito delle ricerche effettuate da LazioWiki per acquisire materiale da inserire nel libro sui Caduti di Guerra, siamo venuti in contatto con l'ing. Andrea Daretti, nipote materno del caduto Valerio Mengarini, Medaglia d'Argento al V.M. e ottimo atleta biancoceleste tra il 1910 e il 1915. Dalle parole dell'ing. Daretti esce un ritratto di un giovane che ci è sembrato esemplare e con tali e tanti aspetti unificanti da rendere Valerio Mengarini un archetipo dell'atleta e del soldato romano chiamato a compiere il proprio dovere e che a questo dovere adempie consapevolmente, ma non acriticamente, sapendo di mettere a repentaglio la sua vita in nome di superiori ideali. A tal fine pubblichiamo un ricordo biografico-familiare di Valerio scritto, appunto, da suo zio Andrea Daretti. Da notare che le foto sono state scattate personalmente da Valerio Mengarini in zona di guerra. Esse assumono un valore storico diretto e privo dei tagli censori tipici di quel tempo e ci permettono, in tal modo, di comprendere le condizioni di vita, conoscere i volti e le armi dei nostri soldati e di prendere coscienza della realtà dei luoghi in cui essi combatterono.

Intendo raccontare di mio zio, Valerio Mengarini studente di ingegneria e volontario nella prima guerra mondiale, Medaglia d’Argento al Valor Militare, promosso tenente in servizio permanente effettivo per meriti di guerra e morto un anno dopo la promozione.

Nato a Roma il 20 Luglio 1894, da Arnaldo, giornalista, da ragazzo era un ottimo atleta, podista di mezzo fondo, ottimo nuotatore del C.C. Aniene di Roma e giocatore di calcio della S.P. Lazio. Ma allora la carriera del calciatore non era così furba e ben pagata come oggi, per cui per prepararsi al suo posto nella vita aveva scelto di studiare. Dopo l’esame di maturità si era iscritto alla facoltà di ingegneria dell’Università di Roma, ove procedeva abbastanza bene. Infatti il suo nome è riportato con evidenza su una lapide che ricorda gli studenti di ingegneria caduti nella grande guerra posta all’ingresso della facoltà a S. Pietro in Vincoli in Roma, sede del triennio di ingegneria, a cui si accede solo dopo aver superato tutti gli esami del biennio propedeutico, come ancora ai miei tempi. Essendo ingegnere anche io, una volta arrivato al triennio mi capitava di leggere il suo nome tutti i giorni entrando in facoltà. Mio zio, come molti altri giovani entusiasti, decise, nel settembre del 1915, di interrompere temporaneamente gli studi e partire volontario per la guerra all’età di 21 anni. Inizialmente fu assegnato ad un reggimento di artiglieria campale come novello sottotenente di complemento che, credo, fosse il grado standard per tutti gli studenti ingegneri volontari. In seguito, fatta esperienza, fu assegnato al “Genio zappatori” dell’ XI corpo d’Armata I reggimento Genio, per i classici incarichi del Genio: costruzione di strade, sistemi di trincee, fortificazioni, ponti.

Si era guadagnato la promozione per meriti di guerra da sottotenente di complemento a sottotenente in servizio permanente effettivo il 5/8/1916, cosa non troppo comune, come anche riportato dal giornale “La Stampa” di Torino nell’edizione del 6/8/1916.


Dopo 26 mesi al fronte, nell’eseguire un’azione ravvicinata di osservazione delle linee nemiche nella zona a Nord di Gorizia a cui si era offerto volontario, fu ferito dalle schegge di una bomba a mano. Trasportato in un’ambulanza chirurgica (immagino come poteva essere) ivi morì il 27 Agosto 1917 presso Vallerise (sella del Dol) tra il Monte San Gabriele e Monte Santo).

Riporto per esteso la motivazione della Medaglia d’Argento e la descrizione dell’evento: Medaglia d’Argento al Valor Militare conferita a Valerio Mengarini, tenente del Genio annesso al XI° Corpo d’Armata caduto il 27/8/1917 presso Salcamo – Sella del Dol – Britof e registrata presso il Registro di Guerra n. 68, foglio 203.Il Luogotenete Generale di S.M il Re, con suo decreto n. …visto…., visto……, visto…ha sanzionato la concessione fatta sul campo dalla suprema autorità mobilitata, di una Medaglia d’Argento al Valore Militare con l’annesso soprassoldo di £. 100 annue, al Tenente del genio addetto al comando del genio dell’XI Corpo d’Armata Mengarini Valerio da Roma.

Offertosi spontaneamente per partecipare ad una ricognizione necessaria per i lavori in regione Salcano – Sella di Dol - Britof, per assolvere al suo compito, in testa ad un gruppo di ufficiali e di zappatori di fanteria, si esponeva al fuoco di fucileria e al lancio di bombe a mano del nemico, riportava gravissime ferite in pieno petto. Raccolto, durante il lungo e doloroso trasporto sotto l’imperversare del fuoco nemico, suscitava l’ammirazione dei compagni pregandoli di abbandonarlo per pensare alla propria salvezza. All’ambulanza chirugica spirava dopo poco. – Sella di Dol 27 Agosto 1917

Al termine della guerra la Facoltà di Ingegneria gli ha concesso la laurea in ingegneria civile “post mortem”. Conserviamo ancora il suo diploma di Laurea alla memoria mentre risparmio la motivazione della laurea per meriti di guerra.

Suo fratello minore, Paolo*, scelse un’altra strada ed entrò in Marina ove arrivò, dopo due guerre, al grado di ammiraglio. Questo mio zio ammiraglio mi incontrò quando io, ormai appena laureato, stavo per partire per il servizio militare avendo scelto gli alpini e la scuola militare alpina di Aosta come allievo ufficiale di complemento. Pur sempre con gentilezza, affetto e un briciolo di delusione, mi disse che io però tradivo un po’ la tradizione marinara della nostra famiglia (di ammiragli in famiglia ne abbiamo avuti due), ma, si affrettò a precisare che comunque “il corpo degli alpini era degno di ogni rispetto, onore e tradizione”.

Un nipote di Valerio Mengarini, figlio di suo fratello Paolo (e mio cugino e anch’egli ingegnere come anche mio fratello), ha portato il suo nome fino a pochi anni fa. Ho raccolto diverse sue foto che raccontano in piccola parte alcune delle esperienze e immagini di vita militare in quei luoghi, in quelle condizioni, con quegli strumenti.

Erano sue foto, scattate con la sua macchina fotografica da lui stesso o da suoi colleghi e questo ne giustifica la pessima qualità. In effetti le macchine fotografiche allora erano un piuttosto fragili. Erano aggeggi delicati, poco portatili e lo sviluppo della pellicola o delle lastre sempre problematico, mentre la stampa era quasi sempre “ per contatto”. Solo con la guerra di Spagna sono apparse sui fronti combattenti le prime Leica veramente portatili. Al fronte le macchine fotografiche erano piuttosto malviste dai comandi, a parte quelle di proprietà dell’esercito, in quanto si cercava di censurare la stampa e intercettare alla popolazione notizie o immagini crude, allarmanti o impressionanti. Le notizie, spesso manipolate, venivano illustrate con disegni glorificanti. Questo almeno fino a Caporetto. Dopodiché si scoprì che le immagini, sempre e comunque ben “dosate”, potevano dare un buon contributo di motivazione ai militari e alla popolazione civile che dopo Caporetto era diventata molto attenta agli eventi. Sempre che non rappresentassero scene di sangue, miserie e morte.**






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