Martedì 13 settembre 1994 - Minsk - Dinamo Minsk-Lazio 0-0

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13 settembre 1994 - 2611 - Coppa UEFA 1994/95 - Trentaduesimi di finale - gara d'andata

DINAMO MINSK: Varivonchik, Yaskovich, Ostrowsky, Baranovsky, Khatskevich, Putilo (87' Demenkovets), Zhuravel, Shirokyi, Mayorov, Kashentsev, Kachuro (56' Tcherniavski). All.: Schekin.

LAZIO: Marchegiani, Negro, Favalli, Venturin, Chamot, Di Matteo, Casiraghi, Fuser, Boksic, Winter, Signori (56' Rambaudi). A disp.: Orsi, Adani, De Sio, Di Vaio. All.: Zeman.

Arbitro: Sig. Sandra (Belgio).

Note: ammoniti Di Matteo e Casiraghi. Calci d'angolo: 3-12.

Spettatori: 10.000 circa.

Signori al cross
Casiraghi in azione
Fuser tenta di togliere la palla all'avversario
Il biglietto della partita


Lo sforzo degli operai di Minsk, impegnati a grattugiare un football prevedibile che non evoca certo l'antico laboratorio Lobanowski, lascia ai laziali, rientrati in Europa per la sesta volta, un po' di quel profumo da nuovi ricchi già diffuso sul campionato. E sopportato l'urto bielorusso d'andata, vengono pure trattenuti favorevoli presagi, come se, sotto Zeman, questi rampanti biancazzurri sapessero già conservare la memoria di loro stessi, senza indugi difensivi, afflosciamenti, scompensi caratteriali. Quando mai era capitata altrettanta determinazione, quando identica abbondanza produttiva, nei saltuari vagabondaggi Uefa ? Qui, durante la prima mezz'ora, affiora persino la sensazione dell'escursione vincente, dispersa in un paio d'occasioni dagli errori di mira di Boksic e soprattutto dell'apripista Casiraghi, che, saltando a vuoto fra sentinelle piantate a terra, omette di piazzare dentro porta quel corner di Fuser, tratteggiato proprio per festeggiarlo. Zona contro zona. Però intrecci introduttivi evidenziano le rapide intese laziali: i terzini Negro e Favalli, propulsori esterni d'un 4-3-3 avvolgente, ritoccato là davanti con la variante di Signori scattista di destra, mentre Boksic semina tanto Juravel quanto Shirkyi preposto ai raddoppi, quando le verticalizzazioni di Winter gli consentono di sfrecciare inarrestabile. Tanta superiorità dimostrativa non diventa assedio, perché i componenti del tridente laziale devono via via arretrare a turno, a sostegno di un centrocampo dove lo stonato Fuser pasticcia, complicando il lavoro di Winter e Venturin. Nessun timore: allontanato grazie a un Winter ovunque l'unico malinteso prima dell'intervallo (i cursori della Dinamo sfondano a sinistra e s'inceppa il fuorigioco cui sovrintendono i centrali Di Matteo-Chamot), la Lazio riporta Beppe gol nella posizione preferita a sciabolare, però fuori, l'assist trasversale di Casiraghi. A questo punto evapora la propulsione offensiva degli zemaniani, messi a dura prova dal nerbo atletico dei bielorussi, che prendono coraggio, e troveranno addirittura una decina di minuti di sopravvento, dopo un'ora di battaglia su ritmi elevati, costringendo Marchegiani a superarsi per salvare almeno il pareggio su tuffo ravvicinato con incornata di Baranowski. Comunque il progressivo affievolimento laziale appare scusabile specie quando Signori, tartassato da Ostrowosky, deve chiedere ammaccato la sostituzione, riportando una contrattura all'adduttore della coscia sinistra, che ne mette in dubbio la presenza domenica contro il Milan (ma oggi tutto sarà più chiaro). Lo rimpiazza, tonico, Rambaudi, ma addio tridente delle nostre brame, considerando la prevalente vocazione di questo tornante al contenimento. Prima, non ancora rimodellato lo schieramento d'avvio, proprio un guizzo lancio di Signori aveva attivato contemporaneamente Casiraghi e Boksic. Via libera, stavolta, al centravanti di Sacchi per un pallonetto che, scavalcato il portiere, veniva arraffato da Yaskovich, con la punta della scarpa, sulla linea. Applaudiva la scarsa rappresentanza biancazzurra, prefigurando il ripristino dell'intensità di manovra sino alla vittoria ineluttabile. Invece, garantiti dalle chiusure di Baranowski, guastatore capace pure di proporsi, la Dinamo cresceva, osava, manteneva raccorciate le distanze fra i reparti. E meno male che Kachuro pasticciava i rifornimenti, lasciandosi acciuffare da Negro, mentre Favalli, sull'altro versante, consentiva troppo a Kachentsev, che a ogni modo spropositava puntualmente, entrando nel regno stregato degli ultimi sedici metri. Insomma, pur stremata e rimescolata, la Lazio recuperava energie per un finale d'arrembaggio. Suggeriva Rambaudi e sprecava Boksic. Quindi, quasi per farsi perdonare, il croato determinava lo spazio per la botta imparabile di Casiraghi. Imparabile ? Varivoncic s'inarcava prodigioso, rimandando la definizione del contenzioso al 27 settembre. Intanto Zeman si contenta.

Fonte: Corriere della Sera