Domenica 9 febbraio 2003 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Torino 1-1

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9 febbraio 2003 - 3031 - Campionato di Serie A 2002/03 - XX giornata

LAZIO: Peruzzi, Oddo, Fernando Couto, Stam, Favalli, Fiore, Simeone, Stankovic, Cesar (81' Liverani), Corradi, Chiesa (61' C.Lopez). A disposizione: Marchegiani, Colonnese, Pancaro, Giannichedda, Lazetic. Allenatore: Mancini.

TORINO: Manninger, Delli Carri, Fattori, Mezzano, De Ascentis, Vergassola, Donati, Castellini, Sommese (53' Marinelli), Magallanes (53' Lucarelli), Ferrante (81' Conticchio). A disposizione: Sorrentino, Mantovani, G.Lopez, Statuto. Allenatore: Ulivieri.

Arbitro: Sig. Messina (Bergamo).

Marcatori: 35' Simeone, 71' Ferrante.

Note: espulso Ulivieri (80') per proteste, Couto (92') per doppia ammonizione, entrambe per gioco scorretto. Ammonito Lucarelli per gioco scorretto. Calci d'angolo: 11 - 1. Recuperi: 1' p.t., 3' s.t.

Spettatori: paganti 5.102 per un incasso di euro 111.703,00, abbonati 28.433 per una quota di euro 514.278,17.

Il biglietto della gara
Stefano Fiore contrastato da Ferrante
Simeone esulta dopo aver sbloccato l'incontro
La partita ai raggi X per il Messaggero

La Gazzetta dello Sport titola: "Lazio, maledizione Olimpico. Solo 3 vittorie interne testimoniano il disagio della squadra di Mancini. Col Toro tanti gol sbagliati e pari beffardo. Ulivieri indovina i cambi, meno convincenti quelli della Lazio. Le traverse di Chiesa e Lopez condizionano i padroni di casa".

Continua la "rosea": Cuore Toro, legni Lazio. Il prodotto è un 1-1 che non avvicina i granata alla salvezza ma allontana pesantemente i biancocelesti dalla zona scudetto. Ora sono sette i punti di distacco dalla vetta. Milan-Lazio, domenica prossima, è già un match da sentenze definitive. Il mal d'Olimpico della squadra di Mancini, una sindrome incancellabile: quando su undici partite giocate in casa ne vinci solo tre, vuol dire che c'è di mezzo un qualche difetto strutturale. Che pare tuttavia di difficile identificazione: in gennaio sembrava potersi trattare di calo di condizione, ma la corsa espressa col Chievo, con la Roma in Coppa Italia e anche ieri, dice che quel tipo di crisetta sembra superato. Forse, ma non è poi questa gran diagnosi, nelle vele di Mancini non soffia più il vento della buona sorte. La faccia superiore della traversa centrata da Chiesa dopo appena un minuto e mezzo di gioco con un formidabile tiro al volo, l'altra traversa scheggiata nella ripresa da Lopez, subentrato a Chiesa dopo un'ora quando la Lazio era ancora in vantaggio grazie al gol di Simeone (colpo di testa su corner di Chiesa): fosse entrato uno di quei due palloni staremmo probabilmente qui a parlare di una rotonda vittoria. Il limite della Lazio è stato quello, legni a parte, di non riuscire a chiudere un match dominato in maniera imbarazzante dal primo minuto fin quasi alla metà del secondo tempo.

Ulivieri è stato bravo nei cambi e nel pescare dalla panchina una new entry, il ventenne argentino Marinelli, che si è mostrato giocatore di qualità: capace su calcio piazzato di trovare la testa di Ferrante per l'1-1, e, al secondo tiro nello specchio della porta della Lazio, in pieno recupero, fermato solo da una prodezza di Peruzzi. A Mancini stavolta è difficile imputare qualcosa, se non un improvviso scarso feeling con l'intuizione vincente. Per la seconda volta in campionato ha rinunciato a partire con Lopez titolare. Lo aveva fatto a Empoli (3 novembre), allora sbagliando formazione, ma correggendosi nella ripresa, passando così, con Lopez in campo, dall'1-1 al 2-1 conclusivo. Stavolta la mossa di farlo rifiatare pareva giustificata da due motivi: i progressi mostrati da Chiesa nel derby e tutto sommato ribaditi anche ieri, e soprattutto la possibilità di tornare a disporre di Cesar, la cui ultima apparizione risaliva al 15 dicembre. I cross del brasiliano quale succedaneo di quelli di Lopez. In teoria, tra l'altro Cesar non ha demeritato, tutto giusto, in pratica, la Lazio ha impiegato una buona mezz'ora per chiudere il Torino nella propria area (primo corner al 32', gol al terzo tentativo 3' dopo), e nella ripresa con Lopez le palle buttate in mezzo (e sprecate da Corradi e Simeone che una volta si sono anche presi a capocciate e mandati vicendevolmente a quel paese) si sono moltiplicate. Talchè viene da credere che forse partendo con l'argentino le cose sarebbero andate diversamente. Mancini, incassato l'incredibile 1-1 a metà della ripresa, la punizione era dalla tre quarti ed è sbalorditivo come Couto e Oddo siano rimasti a guardare il piccolo Ferrante svettare in piena libertà, poteva tuttavia pescare meglio dalla panchina.

Liverani per Cesar, con Stankovic spostato a sinistra, ha finito col rallentare la manovra di una Lazio che punta sul vivo dall'1-1 stava reagendo piuttosto bene e aveva davanti il tempo per rimpadronirsi del match. Forse Lazetic sarebbe a quel punto tornato più utile, ma sono dettagli. Mancini reclama, secondo noi a sproposito, per un rigore non concesso a Cesar che all'atto di un cross è sembrato in realtà colpire il polpaccio di De Ascentis piuttosto che esserne colpito, e per l'espulsione di Couto (molto severo Messina) avvenuta per doppia ammonizione in pieno recupero, e dunque non tale da orientare l'andamento del match. Che si è concluso anzitempo (35' s.t.) anche per l'allenatore Ulivieri, reo di avere troppo "sconfinato" dalla sua zona di competenza e dunque espulso. Il suo 3-4-2-1, molto spesso trasformato in difesa a cinque con i passi del gambero degli esterni De Ascentis e Castellini, ha funzionato poco nel primo tempo, per lo scarso apporto qualitativo e quantitativo offerto dai trequartisti Sommese e Magallanes. Ma con l'ariete Lucarelli e il dotato Marinelli al posto dei due, il Torino dopo una manciata di minuti della ripresa ha di fatto cambiato faccia ed è entrato in partita. A non farcelo uscire, ha contribuito anche l'altro esordiente, il portiere Manninger. Decisivo in almeno tre circostanze e soprattutto fortunato, cosa che non si può dire del suo predecessore Bucci. Che questo possa tuttavia essere sufficiente per coltivare speranze di salvezza, beh, appare francamente molto difficile.