Domenica 23 settembre 2001 - Milano, stadio Giuseppe Meazza - Milan-Lazio 2-0

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23 settembre 2001 - 2962 - Campionato di Serie A 2001/02 - IV giornata

MILAN: Abbiati, Contra, Laursen, Maldini, Kaladze, Gattuso (92' Donati), Albertini, Rui Costa (77' Pirlo), Serginho, F.Inzaghi, Shevchenko (87' Javi Moreno). A disposizione: Rossi, Helveg, Roque Junior, Brocchi. Allenatore: Terim.

LAZIO: Peruzzi, Colonnese, Nesta (56' Simeone), Fernando Couto, Pancaro, Mendieta, D.Baggio, Favalli (29' Castroman), C.Lopez, Crespo (46' Kovacevic), Fiore. A disposizione: Marchegiani, Cesar, Stankovic, S.Inzaghi. Allenatore: Zaccheroni.

Arbitro: Sig. Racalbuto (Gallarate).

Marcatori: 42' F.Inzaghi, 50' Laursen.

Note: ammoniti Kovacevic, Simeone, Fiore. Recuperi: 2' p.t., 3' s.t.

Spettatori: 65.000 circa.


La rete di Filippo Inzaghi
La rete di Laursen
Un'azione della gara

Il Milan c'è, la Lazio c'era. Ci sarebbe potuta essere ancora, almeno per altri 45 minuti, se all'intervallo non avesse perso Hernan Crespo; se all'11' della ripresa non si fosse arreso Alessandro Nesta; se per 27 minuti, più quattro di recupero, non fosse rimasta in dieci per l'abbandono di Dino Baggio. Considerato che il primo cambio (Castroman per Favalli) era avvenuto al 28' del primpo tempo, c'è da chiedersi prima di tutto in quali condizioni fisiche Alberto Zaccheroni abbia ereditato la squadra che è stata di Dino Zoff. Tre infortuni muscolari più quello di Favalli, di dubbia natura, spiegano in modo lampante quale fosse il grado di preparazione complessivo. Zaccheroni deve lavorare subito controvento e scoprire che cosa possa fare in questa Lazio uno come Mendieta (difficile che possa essere riproposto da centrale di centrocampo) e anche uno come Fiore (meglio da centrocampista offensivo che da esterno di sinistra, a metà strada tra la mediana e l'attacco). Indispensabili Giannichedda, altro infortunato senza aver mai giocato con Zoff e, in difesa, Negro. Per come la Lazio era conciata, gli appunti da muovere al neo-tecnico sono la rinuncia a Diego Simeone e l'impiego di Dino Baggio. Eppure, fino al vantaggio di Filippo Inzaghi, la Lazio aveva giocato meglio. L'Inzaghi rossonero, tra l'altro, era stato l'unico a provarci subito (4', diagonale fuori di poco), oltre che il più rapido a trasformare in gol la prima iniziativa seria del Milan in area avversaria (merito di Contra, demerito di Couto e Pancaro che non riescono a raddoppiare felicemente su di lui). Perché la Lazio aveva giocato meglio? Perché aveva occupato gli spazi con oculatezza, fatto girare più rapidamente la palla, cercato la profondità con maggiore costanza. Non solo. Aveva esercitato anche il pressing. E se non il pressing, almeno una pressione individuale che aveva finito per togliere il fiato a quei milanisti meno dotati sul piano tecnico individuale.

È il caso di Kaladze, ieri incomprensibilmente superficiale nei disimpegni. Sono stati due suoi errori a regalare ai biancazzurri altrettante opportunità che avrebbero potuto cambiare il corso della partita. Nel primo caso (era il 17': palla intercettata da Lopez, servita a Crespo, calciata verso la porta con Abbiati in provvidenziale uscita) solo la traversa, e lo stesso Kaladze sulla ribattuta, hanno negato l'1-0 pro Lazio. Nel secondo (36') Crespo ha intercettato la palla con il sinistro: poi, quando avrebbe potuto esplodere il tiro, ha perso il passo, la coordinazione e l'equilibrio. Dopo il blitz di Inzaghi, la partita non c'è stata più. Al secondo gol (6' della ripresa), realizzato da Laursen di testa su assist di Rui Costa, il Milan avrebbe potuto trasformare la Lazio in un tiro al bersaglio. Se non l'ha fatto, è stato per quel tanto di rispetto che, in genere, esiste anche in uno sport ormai esasperato come il calcio e perché Peruzzi, per il resto assai poco convincente, ha evitato il 3-0 con un intervento di piede su conclusione di Shevchenko (assist di Inzaghi). L'affezionato rossonero, ebbro del primato in classifica, non ha tempo e non ha interesse a chiedersi se il Milan sia una grande squadra e possa competere per il titolo. È certo che così sia e che altrimenti non potrebbe essere. Noi, lungi dal voler guastare il momento felice del popolo milanista, ci permettiamo di attendere la squadra di Terim a verifiche più probanti (la Lazio attuale è in crisi sia sul fronte interno che internazionale). Certo, con Albertini a centrocampo, il Milan è collettivo che può permettere a Rui Costa di distillare il suo calcio prezioso anche se discontinuo. Ma il cuore della questione è Serginho: ieri, come contro la Fiorentina e a Minsk, un uragano. Non altrettanto, per esempio, a Udine. Dipende, crediamo, più dalle contromisure dell'avversario che dall'affidabilità del sistema di gioco. E questo, alla lunga, può rivelarsi un limite, se non un autentico difetto.

Fonte: Corriere della Sera