Domenica 22 giugno 1952 - Roma, stadio Torino - Lazio-Triestina 4-1

Da LazioWiki.

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22 giugno 1952 - Campionato di Serie A 1951/52 - XXXVIII giornata

LAZIO: Sentimenti (IV), Montanari, Furiassi, Alzani, Sentimenti (V), Fuin, Puccinelli, Larsen, Antoniotti, Lofgren, Sukrü. All. Bigogno.

TRIESTINA: Nuciari, Belloni, Valenti, Petagna, Mariuzza, Giannini, Boscolo, Curti, Ispiro, Petrozzi, De Vito. All. Perazzolo.

Arbitro: sig. Agnolin di Bassano del Grappa.

Marcatori: 11' Puccinelli, 13' Lofgren, 39' Curti, 59' Sukrü, 79' Sukrü.

Note: giornata calda, terreno in ottime condizioni. Calci d'angolo 5 a 2 per la Triestina. In tribuna d'onore il sindaco di Roma ing. Rebecchini.

Spettatori: 12.000.

Il titolo del Corriere dello Sport esalta il quarto posto finale
Alcuni giocatori al centro del campo prima del fischio d'inizio
Sukrü segna il terzo goal della Lazio
I biancocelesti escono dal campo salutando i tifosi
da Il Messaggero

► Il Corriere dello Sport titola: “Sconfitta la Triestina per 4-1 Lazio ancora al quarto posto”.

Quando gli undici giocatori in maglia rossa hanno fatto la loro comparsa sul verde rettangolo è echeggiato un solo applauso; più volte abbiamo udito invocare il nome caro di “Trieste” in un clima di sentita e commossa simpatia per una squadra che è il simbolo calcistico di una Città che tutti gli italiani hanno imparato ad amare in questi ultimi anni.

In quel momento lo sport ha ceduto il passo al sentimento; un po’ tutti avevano dimenticato le ansie della Lucchese, del Bologna, il telegramma ultimatum della Lega Nazionale, la delicatezza della situazione di una Lazio pressoché arbitra del destino di tre squadre. Ed in molti abbiamo creduto (forze anche augurandocelo) ad un successo della Triestina, un successo agevolato, in parte, dalla condotta compiacente e indulgente degli avversari.

Quanto diverso l’epilogo! Mentre i giocatori giuliani abbandonavano, stremati e amareggiati, il terreno di gioco, mentre i loro sostenitori sfollavano rattristati e sconfortati, la Lazio poteva celebrare il trionfo, raccogliendo ovazioni fitte e prolungate, compiendo un giro d’onore tra gli entusiasmi e le acclamazioni. Si festeggiava, evidentemente, non soltanto la vistosa vittoria del congedo, ma anche un quarto posto riconquistato, sia pure con la partecipazione della Fiorentina, a suggellare un campionato più che onorevole ed in tutto e per tutto conforme alle possibilità e ai piani della società.

E quali le ragioni di un così netto e sconvolgente mutamento di umore? Quali i motivi di una tanto sconcertante metamorfosi? Non crediamo di sbagliare se vi parleremo di “ritorno alla realtà”, se localizzeremo nella scadente prestazione della Triestina e in quella dignitosa, se non brillantissima, della Lazio le cause del sorprendente sovvertimento affettivo.

Il pubblico, insomma, ha voluto e saputo superare i confini del patriottismo e del nazionalismo, privando l’incontro delle sue apparenze… romantiche, liberandosi da ogni influenza nostalgica, valutando complessi e singoli con un metro prettamente calcistico, uniformandolo ad una serena valutazione tecnica, tattica e agonistica.

Tanto male ha giocato, dunque, la Triestina? Tanto male da far naufragare persino la navicella di un’istintiva predilezione popolare? Proprio così, amici lettori. La squadra alabardata nulla ha fatto per rammentarci che il calcio è un gioco collettivo; fragile e ingenua nella retroguardia, arruffona e terribilmente prodiga nella manovra offensiva, la Triestina di ieri non ha mostrato altro pregio, al di fuori di un provincialeggiante spirito combattivo, sebbene mai paragonabile a quella “furia alabardata” che ha reso famose alcune sue imprese compiute a Valmaura.

Anche individualmente non v’è davvero da stare allegri. Erano presenti in tribuna parecchi osservatori, desiderosi di pescare tra le file del gia prosperoso vivaio triestino; il loro responso non potrà che essere negativo. Forse tre sole eccezioni: Petagna, Ispiro e Curti, tre “anziani” che hanno profuso nella contesa tutte le più riposte energie, ispirando e impostando le poche azioni di un certo risalto realizzate nella fucina rossoalabardata. Tutti gli altri (ivi compresi Nuciari, Belloni, Boscolo e De Vito che hanno sfoggiato qualche raro sprazzo di fulgore) sono caduti nella più smaccata ed evidente mediocrità.

La Lazio, di contro, pur senza mai accanirsi ed impegnandosi soltanto a tratti, può ben dire di aver concluso degnamente la sua annata. Una prova, la sua, priva di voli, non certo paragonabile alle sue migliori esibizioni, ma, in compenso, genuina, corretta, irreprensibile dal punto di vista sportivo.

Il sestetto difensivo ha tenuto il campo con la consueta autorità, favorita, naturalmente, dalla povertà costruttiva e dalla imprecisione di tiro degli avanti triestini. Nessun appunto è lecito muovere a Sentimenti IV; non ha commesso un errore, facendosi, per di più, ammirare in un paio d’interventi mirabili per tempestività e intuizione. Sulla stessa linea di bravura Furiassi, che ha controllato, con acume e decisione, prima Boscolo, e, poi, Petrozzi. Efficaci, anche se non sempre impeccabili, Sentimenti V e Alzani, mentre Montanari e Fuin soltanto nella ripresa hanno raggiunto il loro rendimento normale, dopo aver infiorato di incertezze il loro inizio di partita. In vena favorevole, infine, il quintetto d’attacco, pur se, talvolta, incline alla generosità e al risparmio.

Puccinelli e Sukru, con le loro sgroppate, hanno tenuto perennemente in apprensione gli opposti difensori, con particolare menzione per il primo tempo del numero sette laziale e per la ripresa tutta fuoco del turco. Antoniotti ha distribuito palloni con intelligenza e genialità, dando il “la” alle più nitide e filtranti azioni biancoazzure. Larsen e Lofgren, quantunque con scarsa continuità, hanno lavorato con acutezza e profitto.

Cronaca? La sintetizziamo nelle cinque reti, dopo aver rilevato che per due volte il legno della traversa si è sostituito a Nuciari nel respingere due calci di punizione dal limite sferrati da Sukru e dopo aver definito “imparziale ma non incensurabile” l’arbitraggio di Agnolin.

11’ del primo tempo: sfruttando un indugio di Valenti, Puccinelli può puntare a rete, sorprendendo sul posto Mariuzza; un tiro in corsa secco quanto angolato è la premessa del primo gol. 14’ del primo tempo: Antoniotti fugge sulla sinistra rimettendo, poi, a Sukru indietro; cross del turco raccolto da Puccinelli sulla destra; il capitano laziale centra ancora, imbeccando rasoterra Lofgren che a volo spedisce in rete da pochi passi. 39’ del primo tempo: incursione e centro di Boscolo dalla destra; Curti si fa largo in area e da cinque-sei metri insacca con una violentissima staffilata. 13’ della ripresa: Lofgren ha la meglio a metà campo su Petagna e serve Antoniotti, il quale, repentinamente, sventaglia sulla sinistra: Sukru parte come un razzo e, giunto  ad una decina di metri dalla porta triestina, fulmina imparabilmente. 33’ della ripresa: sul lancio di Antoniotti, Sukru si proietta ancora poderosamente oltre i difensori avversari: pervenuto a contatto con Nuciari, il turco finge di smistare al centro per, poi, segnare nuovamente con un “rasoterra” improvviso e scagliato da difficile posizione.


Il Tempo titola: “Contro una Triestina sfiduciata la Lazio ha vinto senza infierire (4-1) – Tradizione maligna per gli alabardati – In svantaggio di due gol gli ospiti riducono il distacco prima del riposo e sfiorano il pareggio all’inizio della ripresa – Poi subita una terza rete si rassegnano”.

E così, il campionato, finendo, ha lasciato uno strascico: non quello previsto dal “lodo Barassi” (qualificazione fra la quart’ultima di Serie A e la seconda di Serie B), ma quello determinato dalle vicende del brutto finale alla frusta inscenato dalle squadre in pericolo e dalle altre che, palesando fiele e fobie, hanno influito sui risultati delle ultime partite. Ma non è questo il momento dell’analisi e della critica minuta. La cronaca reclama la precedenza. C’è, prima di tutto il freschissimo consuntivo dell’ultima giornata (secondo il calendario), divenuta penultima per due squadre: la Triestina e la Lucchese.

Quest’ultima, vincitrice della Spal come voleva il pronostico., ha provato la prima gioia nell’apprendere che la Lazio e la tradizione romana, maligna per la Triestina, hanno scritto quel risultato che si sarebbe registrato ugualmente anche senza il balordo e oltraggioso telegramma della Lega alla società capitolina.

Quanto alla Triestina, ha perduto una delle due possibilità che le restavano qualora non avesse raggiunto la salvezza con la vittoria sulla Lazio: ha perduto cioè la possibilità (legata al suo pareggio allo Stadio) di far dipendere la sua permanenza in Serie A dall’esito di due qualificazioni: la prima col Bologna per la designazione della squadra quart’ultima qualificata, e, in caso di sconfitta, la seconda col Brescia in obbedienza al “lodo Barassi”.

Battuta, e nettamente, dalla Lazio (dopo aver avuto, come diremo poi, la possibilità di pareggiare), la Triestina corre ora il rischio di essere “fatta fuori” alla prima qualificazione. Insomma, mentre in caso di pareggio allo Stadio avrebbe potuto perdere contro il Bologna senza compromettere definitivamente le proprie possibilità di salvezza, in quanto la qualificazione col Brescia le avrebbe lasciato ancora una porta aperta; adesso, con la ennesima sconfitta patita allo Stadio, di fronte alla Lazio, una sconfitta contro la Lucchese equivarrebbe a una condanna.

È giunto il momento di parlare dell’occasione che la Triestina ha ieri perduto di rompere finalmente l’incantesimo che, dalla lontana stagione ’35-36, la vuole sempre battuta allo Stadio quando un avversaria sia la Lazio. Si era al 4’ minuto della ripresa e gli alabardati, chiuso il primo tempo in svantaggio di una sola rete (dopo essersi trovati distaccati di 2 gol ancor prima del quarto d’ora di gioco), apparivano avviati al raggiungimento del pareggio.

Su punizione dei seconda in area della Lazio, Curti faceva spiovere la palla in direzione di Ispiro che nel frattempo aveva superato Sentimenti V: sarebbe bastato toccarla per segnare, da non più di tre metri, il più facile dei gol: invece, Ispiro indugiava quel tanto che consentiva il recupero di Furiassi e la sua falciante respinta. Cadeva il centravanti della Triestina e su lui finiva per gravare il corpo di Furiassi. A parte il gol mancato dall’ex laziale, un arbitro che avesse ravvisato nell’intervento del terzino sinistro biancoceleste gli estremi del rigore non avrebbe commesso un arbitrio, ma applicato il regolamento alla stessa stregua di quanto altri hanno fatto nel corso di questo campionato. Invece, Agnolin lasciò correre (se avesse agito diversamente, sarebbe magari venuto fuori qualcuno a ricordare la sua origine veneta per concludere che Bassano del Grappa è troppo vicina a Trieste e che quindi…).

Agnolin, dunque, lasciò correre e da quel momento la squadra giuliana parve rassegnarsi al suo destino. Quando poi, il turco Sukrù (indemoniato e travolgente come il 25 maggio scorso a Bologna) concluse una bruciante volata, iniziata poco dopo la metà campo, battendo sul terreno l’uscente Nuciari con un gol magistrale, la Triestina piegò nettamente le ginocchia, scontando così anche l’errore di aver sacrificato il generoso Ciccarelli al più tecnico ma glaciale Petrozzi, dimostratosi inadatto per una partita che si sarebbe potuta non perdere (e forse vincere) a patto di combattere all’arma bianca.

La Lazio non può avere rimorsi. Ha giocato onestamente, ha segnato i gol che una difesa troppo debole e un portiere malingambe non sono stati capaci di impedirle (e avrebbero potuto benissimo evitarne tre su quattro), e così s’è trovata con due punti di più in classifica, quei punti che le consentono di dividere il quarto posto con la Fiorentina, nelle due ultime stagioni finita quinta a due punti dai biancocelesti.

Alla fine della partita il pubblico (non più di 10.000 spettatori, fra i quali 500 triestini scesi espressamente dalla città di San Giusto) si è congedato con grandi applausi di compiacimento per la Lazio che ha vinto senza infierire: applausi di simpatia e di incoraggiamento per la Triestina, la quale potrebbe ancora trovare la strada della salvezza.

E adesso, in attesa della ripresa del grande duello Roma-Lazio (doppia partita di cui i calciofili quiriti hanno lamentato la mancanza), completiamo con la cronaca le considerazioni sulla vittoriosa partita di congedo dei biancocelesti.

10’: azione personale di Puccinelli, che, evitati tre avversari con finte e giravolte in area, batte nettamente Nuciari con un tiro non forte, ma tagliato e angolatissimo. 13’: Sukru lancia Puccinelli con un lungo traversone; il “capitano” tira e sulla traiettoria irrompe Lofgren che segna a porta vuota per l’uscita di Nuciari sul tiro di Puccinelli. La Triestina che, a metà tempo si era notevolmente ripresa (specie all’attacco), diminuisce il distacco al 39’: bella azione Ispiro-Boscolo e bel tiro al volo di Curti, sul centro dell’ala destra alabardata. Niente da fare per Sentimenti IV, il quale poco prima (30’) aveva effettuato una grande parata girando in angolo una fucilata di De Vito. Al 42’ una punizione dal limita di Sukru – a parabola – è respinta dalla traversa.

E passiamo alla ripresa: 4’: fallo di seconda in area laziale per gioco pericoloso di Sentimenti V su Petagna. Batte Curti che pesca Ispiro solo davanti al portiere: ma il centravanti alabardato indugia, permettendo a Furiassi di fermargli il tiro col piede. 14’: Antoniotti al centro del campo lancia Sukru con una palla tagliata. Il turco sullo scatto si avvantaggia di un paio di metri su Mariuzza che tenta, invano, di trattenerlo per la maglia. Pertanto, Sukru si avvicina a Nuciari e lo batte con un forte tiro a mezz’altezza: 3-1. Crollano le ultime speranze triestine e la partita si spegne. 34’: Sukru (che al 31’ aveva visto un’altra sua punizione respinta dalla traversa) lanciato da un rinvio di Alzani, si porta fin sulla linea di fondo e segna da posizione impossibile, sorprendendo Nuciari con un tiro ad effetto.


Paese Sera titola: “Lazio onesta”

Una chiara risposta alle insinuazioni della Lega la Lazio l’ha fornita ieri. La Triestina e stata liquidata con il secco punteggio da 4 a 1. La partita poi non ha avuto storia o, meglio, ne ha avuta una sola: quella della Lazio che, senza forzare, segnava gol. Puccinelli e Lofgren nel primo tempo, due volte Sukrù nella ripresa bucarono la porta di Nuciari e condannavano la squadra alabardata allo spareggio con la Lucchese.

Una partila da fine stagione; con il caldo che opprime e con le gradinate semi vuote. Il mare e i monti sono da preferirsi alla calura della città, anche se si tratta della partita del saluto, dell’arrivederci. E la Lazio giuocò anche in sordina, senza impegnarsi. Con quattro passaggi arriva davanti a Nuciari e Puccinelli fa gol. Poi lo stesso Puccinelli dà a Lofgren, che fa gol ancora. La Triestina non cammina; si mangia un paio di occasioni d'oro poi segna anche lei: Curti al volo da pochi metri.

Due a uno alla fine del primo tempo; la ripresa segna a crollo della Triestina. Ispiro si mangia ancora un gol; poi Sukrù pianta in asso Belloni e segna. Tre a uno. La Triestina agonizza e Sukrù gli dà il colpo di grazia. Un’altra discesa, un tiro potentissimo e anche questa volta gol. Quattro a uno. La dignità sportiva della Lazio è integra. La Lazio doveva vincere ed ha vinto. La Triestina può anche retrocedere in Serie B: è lo stesso un campionato italiano; e Catania, Genoa, Messina, Verona sono città altrettanto italiane come Torino, Milano, Roma, Palermo



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