Domenica 18 febbraio 1990 - Roma, stadio Flaminio - Lazio-Cesena 4-0

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18 febbraio 1990 - 2444 - Campionato di Serie A 1989/90 - XXV giornata

LAZIO: Orsi, Bergodi, Sergio, Pin G., Gregucci, Soldà (83' Piscedda), Di Canio, Icardi, Amarildo, Sclosa (73' Troglio), Sosa. A disp. Sassanelli, Beruatto, A.Bertoni. All. Materazzi.

CESENA: S.Rossi, Gelain, Nobile, V. Esposito, Calcaterra, Jozic, Pierleoni (62' Cuttone), Piraccini, Djukic, Domini, Turchetta (62' Zagati). A disp. Fontana, Ansaldi, Cucchi. All. Lippi.

Arbitro: Beschin (Legnago).

Marcatori: 36' Pin, 46' Pin, 49' Amarildo, 53' Sosa.

Note: ammoniti all'11' Nobile, 29' Icardi, 66' Domini, 90' S.Rossi.

Spettatori: paganti 8784, incasso 185.765.000 lire; abbonati 8716, quota-partita 293.020.000 lire.

Di Canio in azione
La prima rete di Pin
Una parata di Sebastiano Rossi su Gregucci
La gioia dei laziali

I tifosi sciamano soddisfatti: un 7 a 1 non capita tutti i giorni. Nella fantasia degli innamorati, spesso delusi, della banda Materazzi, da tempo abituati a vivere il calcio entro il limitato orizzonte di un perenne derby, le quattro reti scaricate dai loro prediletti nella porta cesenate si confondono con i tre gol del Napoli alla Roma e la doppietta di Pin esalta quanto quella di Maradona. Con ben altro spirito il popolo biancoazzurro si era recato allo stadio. L'orsetto laziale, dopo aver fatto caccia grossa proprio a spese dei partenopei alla vigilia dell'ultimo dell'anno, era ripiombato in uno sconsolante letargo, senza più vincere neppure una partita. Qualche statistico, di sicura fede romanista, già si sbizzarriva in inquietanti paralleli con il Pescara dello scorso campionato, arci-salvo a metà stagione e poi precipitato in B. La testa di Materazzi, chiesta più volte al presidente Calleri, era stata da questi fieramente negata. L'incontro di ieri con il Cesena era diventato un passaggio decisivo della marcia verso una salvezza da conquistare con largo anticipo e non più - come l'anno passato - all'ultima giornata.

La Lazio ha coronato l'impresa avvalendosi della totale collaborazione dei romagnoli, scesi al «Flaminio» con l'atteggiamento della vittima designata. Particolarmente spaventosa la prestazione della difesa, uccellata due volte di testa da Pin, che con il suo metro e settanta non costituisce di solito un incubo sui traversoni. Contro avversari lenti e sfilacciati, la Lazio ha potuto attuare l'unico schema che Materazzi abbia saputo (o sia riuscito a) insegnarle: cross dal fondo affidati ai piedi di Sergio e di Di Canio, assist aerei delle «torri» Amarildo, Gregucci e Bergodi, rifiniti per il compagno meglio piazzato. E' nato così il primo gol, quello che al 35' ha sbloccato uno 0-0 cui i padroni di casa avevano già attentato due volte: prima con un tiro di Sclosa respinto dalla traversa, poi, al 34', con una botta di Pin neutralizzata alla grande da Rossi.

Ma al 35' una punizione di Sergio dall'out sinistro, convenientemente smistata nell'area piccola dalla testa di Bergodi, trovava ancora Pin in agguato per la deviazione vincente. La Lazio sembrava chiudersi a difesa del vantaggio, secondo le peggiori abitudini materazziane, ma l'inconsistenza dell'avversario quasi la obbligava a rituffare il capino oltre la metà campo. L'inizio della ripresa si trasformava in un massacro: al 2' ne approfittava di nuovo Pin, che si faceva largo fra tre o quattro statue di cera romagnola per scheggiare in gol.

Era quindi il turno di Amarildo, sempre di testa e sempre liberissimo. La vendemmiata si chiudeva al 9' con una sventola di Bergodi che Rossi deviava verso la zona presidiata da Sosa: Ruben, fino a quel momento sonnecchiante, estraeva dal cilindro un colpo da campione, e da posizione non facile ribatteva il pallone in gol: 4 a 0. La partita scadeva a ritmi d'amichevole e al pubblico non restava che accendere le radioline e godersi in tranquillità la rimonta del Napoli ai danni della Roma, mentre i cori della curva imploravano Azeglio Vicini di togliere Giannini dalla nazionale per sostituirlo con Di Canio.

«Sono felice, perché ho capito che la squadra è con me». Il 4 a 0 contro il Cesena restituisce il sorriso al tormentato viso di Pippo Materazzi, allenatore a termine della Lazio. Temeva che il suo ormai certo licenziamento a fine stagione potesse condizionare i giocatori, spingendoli a non impegnarsi fino in fondo: «E invece ho visto in tutti un grande attaccamento. Questo successo è importante per me, ma anche per la squadra: ci rida un po' di convinzione nei nostri mezzi. «Adesso - continua - devo però rivolgere una preghiera: gradirei che da qui a fine campionato non si parlasse più del futuro allenatore della Lazio. Abbiamo recuperato la fiducia in noi stessi, non vogliamo perdere la tranquillità, che sarebbe pregiudicata dal continuo rincorrersi di troppe voci». Di mercato parla il direttore sportivo Regalia, ma il nome che esce dalla sua bocca non è quello di un tecnico: «Abbiamo acquistato il centravanti uruguaiano Ruben Da Silva: contiamo di darlo in prestito al Logroñés. Andrò subito in Spagna a definire la questione».

Sul fronte cesenate, Lippi non fa drammi: «Una giornataccia. Me ne sono accorto fin dall'inizio. Poi, nella ripresa ci siamo lasciati andare». «D'altronde noi non abbiamo mezze misure - osserva il laziale Gregucci - o soffriamo o diamo spettacolo. Quelli del Cesena sono stati sfortunati perché ci hanno trovati in una delle nostre domeniche sì».

Fonte: La Stampa