Di Canio Paolo

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Paolo Di Canio

Biografia[modifica | modifica sorgente]

Attaccante, nato a Roma il 9 luglio 1968. Soprannominato dai laziali "Paoletto".

I primi passi e l'esordio in Serie A[modifica | modifica sorgente]

Originario della borgata romana di Quarticciolo, entra nelle giovanili della Lazio molto giovane. La mattina gioca la partita, una doccia e subito di corsa allo stadio per seguire la prima squadra dagli spalti. Ogni tanto non disdegna di seguire i biancazzurri in trasferta, violando le disposizioni della Società e rischiando perciò di esserne allontanato. Si mette presto in evidenza scalando tutte le categorie delle giovanili biancazzurre, dopodiché viene mandato, per fare esperienza, una stagione in prestito in C2 alla Ternana dell'allenatore Facco. Un grave infortunio rischia però di troncargli la carriera. Dopo una difficile convalescenza e aver addirittura rischiato di perdere un piede, ritorna a giocare in maglia biancoceleste ed esordisce in Serie A il 9 ottobre 1988 in Cesena-Lazio 0-0. A lanciarlo è Giuseppe Materazzi, colpito fortemente dal modo di giocare del ragazzo. A dicembre esordisce nella Under 21 segnando una doppietta. Giocherà poi altre 8 partite nella rappresentativa nazionale (più una convocazione).

Un derby da protagonista[modifica | modifica sorgente]

Il 15 gennaio 1989 è in programma il derby con la Roma. Lo stadio è un cantiere a cielo aperto con la Curva Sud in costruzione e i tifosi giallorossi costretti ad assistere tra i Distinti e la Tribuna Tevere. Per Di Canio è la prima stracittadina. La Lazio non parte con i favori del pronostico ma sul campo i biancocelesti dominano sin dall'inizio. A metà del primo tempo, un cross sulla sinistra vede arrivare la palla al giovane numero 7 che senza pensarci tira ed insacca. I laziali esplodono di gioia ed il giocatore, emulando Giorgio Chinaglia, alza il dito e va a festeggiare sotto i supporter romanisti, creando un putiferio, ma entrando definitivamente nei cuori dei tifosi laziali. Grazie a "Paoletto" i biancocelesti tornano a vincere il derby a quasi dieci anni di distanza. Il ragazzo gioca ottime gare ed è sempre tra i migliori in campo attirando le attenzioni delle grandi squadre del Nord. L'anno seguente è quello della definitiva consacrazione: gioca molto e bene, anche se la Lazio arranca sempre nei bassifondi della classifica.

Un amaro addio e la carriera lontano da Roma[modifica | modifica sorgente]

Nel maggio 1990 il presidente biancazzurro Gian Marco Calleri lo cede alla Juventus. Il giovanotto non vorrebbe saperne di lasciare la Lazio ma, messo alle strette, accetta a malincuore. I tifosi, probabilmente ingannati da false notizie più o meno veritiere, prendono questa cessione come un tradimento. Si crede che sia stato lui a voler essere ceduto, mentre la verità era esattamente il contrario. In ritiro con la Juventus, Di Canio sta vedendo una partita della Lazio trasmessa in televisione. Ad un certo punto sente dei cori ostili nei suoi confronti da parte dei tifosi laziali e scoppia a piangere. Nelle tre stagioni in bianconero il giocatore è spesso in difficoltà e mai riesce a tornare ai livelli espressi a Roma. Ciò è spiegabile anche con i pessimi rapporti che intercorrono tra il calciatore e il tecnico Trapattoni. Infine chiede di esser ceduto almeno in prestito per un anno per cercare di riacquistare la serenità perduta. Dopo tre stagioni in bianconero si trasferisce al Napoli, allenato da Marcello Lippi, dove disputa una buona stagione segnando anche una rete al Milan.

Nel novembre 1994 Di Canio viene ceduto proprio ai rossoneri e vince il suo primo Scudetto nel 1995/96. Durante una tournée in Asia ha un pesante litigio con l'allenatore rossonero Capello e ciò lo porta alla decisione di giocare all'estero. Si trasferisce così in Scozia e veste la maglia del Celtic dove disputa una stagione strepitosa, venendo eletto giocatore dell'anno. Dopo un anno in Scozia si trasferisce in Premier League per militare per un anno e mezzo nello Sheffield Wednesday, dove segna subito 12 reti. Nella seconda stagione, però, si vede comminare ben undici giornate di squalifica a causa di una spinta data all'arbitro Paul Allcock. Nel dicembre 1998 Paolo Di Canio si trasferisce al West Ham United. A Londra, in quattro anni e mezzo, segna 48 gol, colleziona 118 presenze disputando molte grandi gare e diviene un idolo dei tifosi locali. Il 26 marzo 2000, contro il Wimbledon, segna una rete premiata come una delle dieci più belle segnate negli ultimi dieci anni in Premier League. Nel corso della stagione 1999/00 vince col West Ham la Coppa Intertoto contro il Metz. Il 18 dicembre 2000, durante la partita Everton-West Ham, accade uno degli episodi più importanti della carriera agonistica del giocatore. L'estremo difensore dei padroni di casa, Paul Gerrard, esce al limite dell'area ma cade a terra vittima di un infortunio. La palla arriva a Trevor Sinclair che crossa al centro. Di Canio, che avrebbe potuto continuare l'azione, afferra volontariamente la palla con le mani per fermare il gioco e permettere ai sanitari di soccorrere il portiere dolorante a terra. Per questo gesto, Di Canio riceverà il premio Fair Play dell'anno unito ad una lettera ufficiale di encomio della FIFA, firmata da Joseph Blatter. Il giocatore romano viene lasciato libero al termine della stagione 2002/03 in seguito alla retrocessione del West Ham. Decide però di rimanere a Londra per giocare nel Charlton, con cui disputa 31 incontri e mette a segno 4 reti. Alla conclusione della stagione 2003-2004 Paolo lascia la Gran Bretagna dove, dal 1996 al 2004, tra campionato scozzese e Premier League, ha collezionato 227 presenze e realizzato 90 reti.

Il ritorno dopo 14 anni[modifica | modifica sorgente]

Nell'estate del 2004 riceve una telefonata dal neo Presidente della Lazio Claudio Lotito che gli chiede la disponibilità a tornare in biancoceleste. Malgrado avesse giurato di non mettere più piede nel calcio italiano, il richiamo della Lazio è troppo forte ed accetta rinunciando a tre quarti del suo stipendio. Viene accolto dai tifosi con un entusiasmo mai visto. Lo ripaga, segnando reti importanti e prendendo in mano una Lazio in piena ricostruzione. Con l'allenatore Mimmo Caso non c'è però feeling e i due - si dice - sarebbero venuti persino alle mani. Il tecnico è esonerato per i pessimi risultati della squadra, che arranca in zona retrocessione, e sostituito da Giuseppe Papadopulo. Anche grazie al cambio in panchina, la Lazio batte la Roma 3 a 1 nel derby il 6 gennaio 2005. E' proprio Di Canio a realizzare la rete del momentaneo 1-0 e, come 15 anni prima, va nuovamente ad esultare sotto la Curva Sud creando polemiche infinite. Anche grazie al ragazzo del Quarticciolo, la Lazio ritrova la vittoria in un derby dopo quasi cinque anni di digiuno. Termina il campionato con 6 reti in 23 presenze. Nella stagione 2005/06, nonostante gli anni comincino a pesare, "Paoletto" gioca spesso titolare nella nuova Lazio di Delio Rossi, che alla fine raggiunge la zona Uefa. Di Canio lascia però la società biancoceleste per disaccordi con il Presidente Lotito, che rifiuta di rinnovargli il contratto. Ne nascerà una durissima polemica personale, destinata a infiammare la piazza per anni, specie nei momenti più duri della contestazione dei tifosi al presidente. Tra la prima e la seconda esperienza laziale di Paolo, sono dunque cinque le stagioni in biancoceleste collezionando 104 presenze e 15 reti in Campionato. Nel luglio 2006 Di Canio passa alla Cisco Roma, militante in C2, a cui "presta" anche la propria immagine per la Campagna Abbonamenti 2006/07. L'attaccante ci gioca fino a marzo 2008 quando, a fronte di una lunga serie d'infortuni, annuncia il proprio ritiro dall'attività agonistica. Nel luglio 2008 frequenta il Corso per allenatori di Coverciano. Dopo un periodo come opinionista televisivo, dalla stagione 2011/12 diviene allenatore dello Swindon Town (Football League Two) in Inghilterra, ottenendo la promozione in League One. Il 18 febbraio 2013, a causa di continui contrasti con la dirigenza del club, si dimette. Il 31 marzo dello stesso anno viene chiamato sulla panchina del Sunderland con un contratto di due anni e mezzo. Dopo aver salvato la squadra, Di Canio viene esonerato alla quinta giornata, con un solo punto conquistato. Messe da parte le velleità da allenatore, l'ex fantasista torna in televisione e si afferma come apprezzato opinionista sportivo.

Paolo Di Canio è stato uno dei migliori prodotti del vivaio biancoceleste. Attaccante non potente (m 1,79 per kg 71) ma solido e molto tecnico, ha saputo interpretare il ruolo offensivo in senso moderno e pragmatico. Se non era nelle condizioni di finalizzare a rete personalmente, sapeva comunque offrire ai suoi compagni di reparto preziosi assist da tramutare in goal. Dotato di un dribbling secco ma elegante, di buona velocità di esecuzione, di un controllo di palla perfetto, di un tiro non forte ma preciso, ha sempre posseduto un’intelligenza tattica notevole, capacità tecniche altissime però mai fini a sé stesse. Di Canio ha avuto uno stile personalissimo che lo identificava come giocatore atipico ma concreto. Dotato di grande personalità e non facile ai compromessi, ha avuto discussioni, anche brutali, con quasi tutti i suoi allenatori. Questo ne ha limitato la carriera e le ambizioni e in definitiva Paolo ha forse ottenuto meno di quanto i suoi notevoli mezzi gli avrebbero potuto consentire. Molto legato ai colori biancocelesti, ha causato una profonda lacerazione all'interno del tifo laziale. Una parte ne ha condiviso i comportamenti e si è identificata con il suo modo di intendere la Lazio mentre l’altra, pur apprezzandolo come calciatore, ha vissuto con malessere e perfino con sdegno, alcune sue esibizioni di appartenenza politica manifestamente connesse a posizioni di estrema destra, che poco avevano a che fare con il gioco del calcio e che hanno portato a pesanti punizioni inflitte dagli organi della giustizia sportiva alla Lazio per responsabilità oggettiva, nonostante la ferma dissociazione dal suo calciatore da parte della società romana.





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