Articolo del Guerin Sportivo sulla vicenda Chinaglia ai Mondiali 1974

Da LazioWiki.

Torna alla stagione

Vai ai Mondiali 1974

La polemica fra Chinaglia e Valcareggi durante i mondiali di Germania

La pagina dell'articolo
La pagina dell'articolo
La pagina dell'articolo

Dal Guerin Sportivo Maggio 1978 di Alfeo Biagi

Con Franco Carraro al posto di Walter Mandelli, Ferruccio Valcareggi tenta l'avventura tedesca con una Nazionale che innesta sul solito telaio gli "uomini nuovi" provenienti dalla Lazio, vincitrice a sorpresa del titolo di campione d'Italia 1974. Le polemiche, però, restano immutate: prima Juliano, poi Re Cecconi ed infine quella clamorosa di « Long John » che manda a quel paese « zio Uccio » e compagni. Sul campo, tutto regolare: vinciamo con Haiti, pareggiamo con l'Argentina e perdiamo con i polacchi. E si torna tristemente a casa, pronti a far proclami di rivincita per il Mundial '78.

Ricorderete tutti, penso, quello che accadde nella fatal Stoccarda, in fondo è storia di ieri. Vediamo, comunque di riepilogare le cose. Dopo Messico, poco era cambiato nell'ambiente azzurro. Valcareggi era rimasto al suo posto, nonostante la ammonitrice eliminazione dal campionato europeo delle Nazionali "Bruxelles, 1972". Artemio Franchi era più saldo che mai sullo scanno di Presidente federale. Ma le polemiche, ovviamente, infuriavano attorno ai giocatori. Si voleva, da parte della maggioranza della critica, la giubilazione in blocco dei "Messicani", che qualcuno era arrivato a definire beffardamente "monumenti" di una gloria passata. Valcareggi, conservatore per attitudine mentale e sentimentalmente molto legato agli uomini che tante soddisfazioni avevano procurato al calcio italiano e a lui stesso, teneva duro: ma il tempo, inesorabile, incalzava, la squadra era troppo anziana, il gioco avvizzito, le previsioni sul mondiale complessivamente fosche.

E furono previsioni puntualmente seguite dai fatti. Si arrivò in Germania nella prima decade di giugno, un giugno freddo, piovoso, tristissimo ambientalmente. Pioveva sempre, il sole si negava come una bella donna ritrosa, c'era poca allegria nel clan degli azzurri. La comitiva era capeggiata da Franco Carraro, il giovane ex presidente del Milan che aveva abbandonato la società rossonera per dare la scalata alle più alte cariche federali. Italo Allodi, ex general manager dell'Inter di tutti i successi e della Juve di due scudetti, aveva preso il posto di Walter Mandelli nel ruolo di "public-relations", il solito cuscinetto tra i giocatori e la sempre temutissima stampa.

Valcareggi, più taciturno ed accigliato che mai, cercava di barcamenarsi tra giovani e anziani, conservando alla Nazionale Facchetti, Burgnich (diventato però libero), Mazzola, Rivera (più che mai divisi da una astiosa rivalità), Riva, Gli uomini nuovi venivano dalla Lazio, sorprendente vincitrice del campionato giusto nel 1974 soprattutto per le prodezze di Giorgio Chinaglia, centravanti estroso, bizzarro, giocatore di innegabili qualità in fase di realizzazione. Ma impossibile da controllare negli sbalzi d'umore, per tutti all'infuori che per Tommaso Maestrelli, l'indimenticato allenatore laziale, vero padre spirituale di quel ragazzone cresciuto troppo in fretta.

Per la verità il primo ad accendere la miccia delle polemiche fu Totonno Juliano, il quale, già nel raduno preparatorio, un bel giorno se ne venne fuori con certe dichiarazioni da levare il pelo. «Sono stufo, disse il napoletano, di essere preso in giro. Mi convocano sempre, non gioco mai. Preferirei essere lasciato in pace a farmi gli affari miei. Tanto si sa benissimo che finiranno per giocare i soliti Mazzola e Rivera ». E qui i dirigenti azzurri commisero il primo, fatale errore. Avevano legato i giocatori ad una specie di patto d'onore, impegnandoli a risolvere internamente eventuali beghe, senza farne partecipe la stampa. Allodi era stato categorico: Chi sgarra, torna a casa. Juliano avrebbe dovuto essere...accontentato immediatamente nel suo desiderio di riguadagnare il dolce clima napoletano, invece (purtroppo) prevalse la linea morbida. Si rappattumò la cosa dando, al solito, la colpa ai giornalisti che prima lo avevano stuzzicato, poi avevano travisato le sue dichiarazioni, eccetera eccetera.

Ma, ormai, il male era fatto: nessun altro avrebbe potuto essere punito, dopo che si era perdonato Juliano. E i guai non tardarono troppo. Gli azzurri erano acquartierati al "Mon Repos", un albergo molto vasto, molto malinconico, molto "fin-de-siecle", a Ludwigsburg, una quieta, semideserta località a qualche decina di chilometri da Stoccarda, dove la stampa era ammessa (more solito) ad ore fisse, sotto gli sguardi vigili ed apprensivi di Carraro e di Allodi, mentre Valcareggi si aggirava fra i gruppetti degli azzurri con l'aria di un vecchio zio taciturno e un po' inquieto. Bene, una brutta mattina succede che il mite Luciano Re Cecconi(anche lui fra i convocati della Lazio, con Wilson e Chinaglia) se ne esce improvvisamente con queste incandescenti dichiarazioni: «Io sono l'ultimo a dover parlare, perché non mi fanno mai entrare in squadra, ma voglio dire che quei due (evidentemente Mazzola e Rivera n.d.r.) se in Messico furono digeriti uno alla volta, perché, Domenghini e Bertini si sacrificavano per loro, qui in Germania sopportarli tutti e due è proprio impossibile. Ma non ci si può mettere contro gente come quella, è troppo potente »,

Apriti Cielo! Già Chinaglia, un paio di giorni avanti, aveva lamentato che le punte non avevano la necessaria assistenza da parte degli interni (e la cosa era stata fatta passare, con una certa fatica. per la ... "disinvolta esuberanza di un simpatico burlone") , adesso ci si metteva anche Re Cecconi, un tipo del quale pochi di noi conoscevano il timbro di voce perché non parlava mai. E, subito, il piccante commento di Chinaglia: "Qui finisce che faremo a botte ". Carraro, Valcareggi, Allodi, ormai nell'impossibilità di adottare la maniera forte, abbozzarono ancora una volta. E Re Cecconi fu segretamente invitato a tornare ai suoi lunghi, meditati silenzi. Rendendosi conto che, lui, la Nazionale l'avrebbe vista soltanto dalla tribuna.

In più c'erano le condizioni fisiche di Gigi Riva che preoccupavano un po' tutti. Il bomber appariva nervoso, estremamente teso per via di un doloretto all'inguine che ne limitava la potenza nello scatto. C'erano molte perplessità circa il suo impiego nell'incontro dell'esordio contro i "negretti" di Haiti, primo avversario dell' Italia in quel di Monaco. Insomma, il solito calderone ribollente in profondità mentre in superficie Italo Allodi, Carraro, Franchi cercavano di gettare dell'acqua per nascondere la verità. Accadde poi che proprio alla vigilia della partita con Haiti arrivassero al "Mon Repos" un giornalista inglese che aveva calunniato pesantemente Allodi per via di un preteso atto di corruzione in Coppa dei Campioni, a favore della Juventus e il direttore generale delle squadre azzurre era stato colto da una crisi di nervi, quando un giornalista aveva scritto, falsando la verità che l'Italia aveva cercato di evitarlo in ogni modo, per non dover parlare con lui. Mai visto, in tanti anni di profonda conoscenza, Allodi talmente sconvolto. Lui, disse: Quel tipo lo aveva cercato "per sputargli in faccia" » (dichiarazione testuale) ma era stato l'altro che aveva fatto in modo di evitarlo... Alle corte: i nervi di tutti erano saltati, come sempre del resto.

Bene, finalmente si arriva al 15 giugno, l'Italia scende in campo contro Haiti all'Olympiastadion di Monaco, in una "formazione-mosaico" che vede schierati: Zoff; Spinosi, Facchetti; Benetti, Morini, Burgnich; Mazzola, Capello, Chinaglia, Rivera, Riva. Un ibrido, qualcosa a metà strada fra la Nazionale messicana e la Nazionale ,"nouvelle vogue" che era nata da una mini-tournée, nei Balcani voluta da Franchi dopo l'eliminazione dal campionato d'Europa per far tacere le polemlche... Si vinse per 3 a 1, ma con grandi stenti. Segnarono per primi loro i "negretti haitiani", con Sanon, che prese d'infilata uno Spinosi stordito e imbambolato, e fece secco Dino Zoff, imbattuto in Nazionale non ricordo più da quante centinaia di minuti... Poi rimediarono Rivera, un'autorete di Auguste e...Anastasi, subentrato a Chinaglia al 10' minuto della ripresa. E qui scoppiò il caso più clamoroso di tutta la storia più recente del nostro calcio. Chinaglia, infatti, nell'uscire dal campo, si avventò letteralmente verso la panchina dove sedeva Valcareggi, fece il gesto dell'ombrello e gli urlò in faccia un stentoreo "vaffan ..." che, le TV in Mondovisione, con un maligno primo piano, portò nelle case di centinaia di milioni di allibiti telespettatori. Restammo tutti di sasso. Immaginate i commenti, la confusione, lo stato di smarrimento. Anche perché, il gol di Sanon, per via della differenza-reti, non ci lasciava affatto tranquilli.

La mattina,successiva,comunque, si va tutti al "Mon Repos" per sentire cosa avevano deciso nei confronti di Chinaglia, i responsabili della Nazionale. Io incontro casualmente Chinaglia e, ovviamente, gli chiedo se abbia realmente fatto quel gesto, e detto quella frase, e Chinaglia mi risponde testualmente: "Perché, dalle tribune non ve ne siete accorti?.Gli rispondo di si e Chinaglia, sorridente: "Ho fatto il gesto, ho detto la frase. E rifarò tutto quello che ho fatto a Monaco se mi rifaranno giocare e poi mi manderanno fuori. Le preciso inoltre una cosa: non ho chiesto scusa a nessuno e non ho la minima intenzione di farlo, Poi Chinaglia si va a cacciare nel bel mezzo di un foltissimo plotone di giornalisti e dice: Penso che non giocherò più in Nazionale, ma non sono pentito di quello che ho fatto. Io sono rientrato in campo nel secondo tempo sapendo già che dopo dieci minuti avrei dovuto lasciare il posto ad Anastasi. Me lo aveva comunicato Valcareggi durante l'intervallo. Ero furioso. Ed ho strappato una palla a Riva per cercare la conclusione personale: tentavo di guadagnarmi il diritto di restare in squadra. In quelle condizioni di spirito si può fare di tutto.

Piena bagarre. come si vede, intanto, i responsabili della Nazionale prendevano tempo, annunciando comunicati, conferenze stampe, colloqui con la stampa che ritardavano di ora in ora. Una gran confusione, con la sensazione che Giorgio Chinaglia fosse sul punto di essere rispedito in fretta e furia in Italia in attesa di sanzioni disciplinari severissime ,che sarebbero state prese dal Consiglio Federale a mondiali conclusi. Invece ... Invece accadde l'incredibile. Improvvisamente, fummo convocati ad ora insolita (nel primo pomeriggio) al "Mon Repos" per una comunicazione ufficiale importantissima da parte di Franco Carraro, capo comitiva azzurra. Arriviamo e vediamo lo stesso Carraro e Giorgio Chinaglia seduti ad un tavolo, mentre Italo Allodi se ne stava in disparte, nero,in volto come un cielo in tempesta. Carraro prende la parola e dice che Chinaglia deve fare importanti dichiarazioni. E il centravanti laziale dice pressapoco: Ho chiesto e chiedo scusa a Valcareggi per il mio comportamento a Monaco. Ero confuso, non sapevo quello che facevo, sono molto addolorato. Sono riconoscente al signor Valcareggi che ha accettato le mie scuse e ai dirigenti che mi hanno consentito di restare con gli azzurri. Prometto che non lo farò più. .

Poi prende la parola Carraro e dice: "Cercate di comprendere lo stato d'animo di Chinaglia. E' un impulsivo, ingovernabile, un emotivo disambientato, un ingenuo che parla senza sapere quello che dice. A Monaco ha agito in stato confusionale. Ha chiesto scusa a Valcareggi, abbiamo deciso di accettare il suo pentimento, vi prego di considerare definitivamente chiuso lo spiacevole incidente. Per il bene della Nazionale"

Incredibile, ma esatto fino nei minimi dettagli. Ma cosa era veramente accaduto in quelle ore tumultuose al "Mom Repos"? Sono in grado di riferirlo esattamente per una scrupolosa inchiesta che ebbi modo di svolgere in Germania. Dunque: Carraro aveva telefonato a Franchi (che si trovava a Firenze per certi affari personali e Franchi, gli aveva detto che; "o Chinaglia chiedeva scusa a Valcareggi, o bisognava rispedirlo in Italia". Chinaglia disse subito di no e Allodi, Carraro e il segretario generale della F.I.G.C., Dario Borgogno, avevano stilato un comunicato in cui si annunciava il severo provvedimento preso nei confronti del turbolento laziale. Ma qualcuno,(Wilson?) si prese la briga di telefonare a Roma a Maestrelli, il quale non perse tempo. Partì immediatamente per Milano, pare che a Linate noleggiasse addirittura un aereo privato, e piombò a Ludwinsburg, per appartarsi, lungamente con Chinaglia. Dapprima,Giorgione non volle accettare i consigli di Maestrelli (che temeva le conseguenze che una lunga squalifica di Chinaglia avrebbe avuto anche nei confronti della Lazio). Poi, come sempre il buon Tommeso riuscì a convincerlo. Appena avuto il consenso di Chinaglia, Maestrelli si affrettò ad avvertire Carraro e Allodi i quali telefonarono a Franchi, che intanto era arrivato a Francoforte per assistere all'incontro Brasile-Scozia. Franchi assentì: "Se Chinaglia si scusa, può restare". Carraro si precipitò a indire la conferenza stampa di cui vi ho detto, mentre Allodi, giustamente furioso, prese la decisione di abbandonare l'incarico di direttore generale della Nazionale in segno di protesta. Ma, da uomo responsabile e accorto qual è sempre stato, si impose anche il silenzio almeno fino ailla conclusione del mondiale (ed, infatti,appena rientrato in Italia, si dimise).

Comunque, nulla era ancora perduto: bene o male, contro Haiti gli azzurri avevano vinto, si trattava di battersi con l'Argentina, a Stoccarda, quattro giorni più tardi. E furono i soliti giorni agri, con i giocatori, in subbuglio, i tecnici che non sapevano a quale Santo votarsi la stampa in perenne agitazione. Era pacifico che avrebbe giocato Anastasi al posto di Chinaglia, tutto il resto sarebbe rimasto immutato, nonostante le precarie condizioni fisiche di Rivera e di Riva (più degli altri). E il 19 giugno, in pratica, si decisero i destini dell'Italia.

Valcareggi aveva alcuni osservatori che mandava sugli, altri campi a studiare gli avversari (Piola, Bonizzoni, Vicini). Chi andò ad osservare l'Argentina (Vicini} prese un colossale abbaglio: descrisse l'interno Houseman come centrocampista arretrato e Valcareggi decise di affidarlo a Capello per una blanda marcatura a tutto campo. Quando si cominciò a giocare, al Neckarstadion gremito di tumultuosi, entusiasti, vocianti emigranti italiani, si vide subito che questo semisconosciuto Houseman era, invece punta autentica: ed infatti andò irresistibilmente in gol al 20' minuto, prima che Valcareggi decidesse di affidarlo alle rudi carezze di Romeo Benetti, che lo mise rapidamente a tacere. Un'autorete di Perfumo permise agli azzurri di salvare faccia e risultato, ma il mondiale era ormai compromesso. Per passare il turno, l'Italia avrebbe dovuto almeno pareggiare con la Polonia, una delle più folgoranti rivelazioni dei mondiali, il 23 giugno a Stoccarda. E l'impresa apparve subito come umanamente impossibile.

Valcareggi, pressato in ogni modo e maniera dalla critica, prese una decisione in un certo senso coraggiosa: fuori Rivera e Riva, decisamente i peggiori in campo contro l' Argentina. Interno sinistro fu Mazzola, Anastasi diventò ala sinistra e, centravanti fu ripescato niente meno che Giorgio Chinaglia fra lo sbalordimento generale! Fu subito chiaro che si trattava di una formazione rabberciata, senza morale, senza coesione (figuratevi come vedevano Chinaglia i suoi compagni di squadra ... ). Eppure, al primo minuto, su passaggio di Causio inserito all'ala destra, Anastasi guizzò davanti al gigantesco portiere Tomaszewski e avrebbe segnato se il libero Gorqon (una montagna di muscoli, non lo avesse letteralmente spazzato via con un fallo colossale. L'arbitro, il tedesco orientale Weyland, lasciò correre ... I polacchi segnarono con Szarmach e Deyna, Capello mise a bersaglio l'inutile gol azzurro. Per l'Italia il mondiale era finito. Tra i fischi, le imprecazioni, le minacce, le urla degli emigranti italiani, che tentarono di aggredire il pullman dei giocatori. Presero d'assedio il "Mon Repos", tenuti a bada dai giganteschi poliziotti tedeschi, coprirono di insulti sanguinosi anche i giornalisti al seguito, con qualcuno dei quali vennero addirittura alle mani. La solita conclusione delle avventure azzurre ai mondiali che si ripeteva da troppi anni.

Al ritorno in Italia, Valcareggi chiude il suo lungo, e complessivamente glorioso pontificato azzurro. La patata bollente passò nelle mani di Fulvio Bernardini, che diede inizio alla ricostruzione della Nazionale, quella Nazlonale che, in seguito, passò a Bearzot. E che con Bearzot si accinge a risolvere l'incognlia argentina. Perché quello che potranno fare gli azzurri nel paese dei gauchos e delle Pampas neppure un mago sarebbe in grado di poterlo prevedere. Speriamo, comunque.....